6° Giorno

Sabato 3 Maggio 2003

LUGO

Anche se non fa parte del Cammino attuale perché è a 30 chilometri circa, ho voluto visitare anche questa città. Fa ugualmente parte di uno dei Cammini e cioè di quello Primitivo che passava e passa di qui e la città attuale deve il suo sviluppo in gran parte a questo; e poi è una città storica in molti sensi.

Riservo l’albergo per il giorno dopo, perché temo che alla sera sia troppo tardi e mi avvio alla stazione, lì vicina. Prendo un caffè ed il treno delle 8.14; però non ce ne sono molti che si fermano qui. In meno di mezz’ora sono a Lugo. Il treno, per i pendolari, ha un solo vagone, e va lentamente. Non vedo panorami perché la bruma si trasforma in fitta nebbia e meno male che non sono in Cammino. Fa molto freddo ed io ho dimenticato lo spolverino che avevo preparato.

Quando scendo, Lugo mi attende con uno squallore ed una tristezza incredibili. Vorrei già tornare indietro. Ho tanto freddo. Visto che son qui, però, mi decido, e salgo su per la collina; ma da queste parti non esiste il piano?

Arrivo subito alla grande muraglia e dimentico tutto. È imponente, scura ed incute timore, con grandi torri semicircolari o quadrate per sostenerla e difenderla. È d’epoca romana, ha dieci porte e un perimetro quadrato di Km. 2,6. Le mura sono alte da 11 a 14 metri e sono difese da 85 torrioni Sopra sono praticabili e con una visuale magnifica della città. Poiché intorno è tutto chiuso e nessuno gira per la città, entro in un bar per riscaldarmi.

Quando esco il freddo è ancora insostenibile ed il primo negozio aperto è “mio”. Qui acquisto l’ennesima felpa che, a casa, userò raramente ed ad un costo abbastanza sostenuto, ma non posso rischiare di ammalarmi. Vista così, nel tepore del nuovo acquisto, Lugo è tutta un’altra cosa.

Cerco subito il Museo che, nonostante gli ammodernamenti, ha molto materiale quasi accatastato e senza ordine ben preciso. Probabilmente espongono tutto, non tengono nei depositi e lo spazio per tutto è poco; peccato! In questo grande contenitore che è il Chiostro gotico della Chiesa di San Francisco ed annessi vi è spazio per tutto: reperti preistorici, romani, pitture e sculture medievali, ma anche moderne ed anche una parte etnica, con la riproduzione in miniatura di pallozas e case rurali in pietra, una vera delizia per gli occhi. Mi colpisce anche una vecchia cucina nobiliare trasportata qui integralmente da un palazzo patrizio. Chiedo un catalogo od un libro al riguardo, ma non ne hanno e mi regalano alcune cartoline. Non so che dire, sono sommersa dalle gentilezze di questo popolo gagliego.

Esco e mi dirigo verso le guglie della Cattedrale. È romanica di notevoli proporzioni, iniziata nel 1129 ma con una facciata neoclassica del 1769. L’interno a tre navate, con matroneo, ha transetto ed abside quattrocenteschi. Il coro, stupendo, è del 1621; l’altar maggiore, rococò, è del 1762; altri altari platereschi sono del 1534. Ci sono anche influenze arabe e si è sommersi nell’arte. Pur non essendo paragonabile ad altre cattedrali è comunque importante e notevole. Nonostante le mie insistenze e le mie richieste, di visitare il museo diocesano ed il chiostro, neanche parlarne.

Bisogna aspettare l’addetto che non si sa quando arrivi. Desisto. Faccio il giro sulle mura e vedo una Lugo che mi piace molto. Scendo nel “casco antico” ed è tutto un altro mondo, elegante e ben tenuto; torno sui miei passi e m’imbatto nella Taverna di Daniel. Ha qualcosa di familiare, sono le 13,30 e decido che potrei anche pranzare. Dentro è carino ed un ragazzetto giovane giovane come il mio Daniele, con uno sguardo di bimbo ed un sorriso gentile, mi viene incontro e mi consiglia sul menù. Mangio bene: carciofi e prosciutto in salsa di pomodoro, salmone alla plancha (griglia) e, per finire, mousse di mele cotogne, oltre a vino e, se lo voglio caffè; ma non lo prendo mai; costo € 7.

Dopo tanto girovagare, i miei chilometri li ho fatti anche oggi e nel frattempo il caldo è insopportabile, per cui mi dirigo alla stazione degli autobus. Aspetto, però, fino alle 17.

Ritorno a Sarria, all’albergo e, nonostante i sandali, mi accorgo di avere 2 ampollas. Colpa delle calze, colpa dei sandali o non so; sono comunque contenta, almeno non sentirò più il dolore della carne greve che mi ha tormentato anche oggi. Procedo come di consuetudine alla medicazione e poi vado alla Chiesa di Santa Marina per la Messa. Un paio di signore e poi un vecchio prete m’intrattengono in attesa dell’apertura della chiesa.

In chiesa c’è poca gente e appena una decina di Pellegrini, per lo più francesi, nonostante il Rifugio sia lì vicino. Ricordo con tanta emozione le chiese gremite di Roncisvalle e di Puente de la Reina, ma è anche vero che quest’anno di Pellegrini ce ne sono pochi. Forse nell’incertezza del partire avrà influito anche la recente guerra in Iraq. Qui, ma anche a Lugo, la lingua gagliega è difficile da comprendere perché tutti parlano velocissimi e stringono le parole e le vocali, esaltando la z, s, g che mettono dappertutto. Ma sono così gentili che ripetono volentieri in castigliano e lentamente. Però la Messa è meno comprensibile del solito. Pazienza.

Rientro e vado a dormire presto, ma alle 22 sono già sveglia. Urla, canti, risa e percussioni di piedi e mani provenienti dal Ristorante - taverna dell’albergo durano fino alle due senza smettere un secondo. Ma quando hanno mangiato? Probabilmente è una festa di Laurea o meglio un addio al Celibato perché non sento voci di donne. Il rimettere ordine prosegue per oltre 1 ora, per cui “la piccola festa” come mi dirà l’albergatore l’indomani, mi ha consentito solo poche ore di sonno. Però è sabato, accidenti!