1° Giorno

Martedì 25 Aprile 2006

Da VERONA a La Coruna

Anche se molto preoccupata, considerata la distanza, ho preferito recarmi in Spagna con il solito aereo mignon per Barcellona e poi per La Coruna (non senza difficoltà nelle decisioni d’orari e luoghi).

Vi risparmio ansie e patemi del viaggio, anche perché vicino a me trovo Elisa, una giovanissima e piccolissima principessina di Valdonega. Ha 24 anni, è senza mamma ed ha appena lasciato il suo ragazzo. Va a trascorrere una settimana a Barcellona, ospite di una sua amica. Le nostre fitte chiacchiere (tormento anche lei) non ci fanno pensare al volo e ci fanno arrivare a Barcellona con tutta tranquillità. E’ vero, il viaggio quest’anno è meno traumatico e solo vicino all’arrivo siamo sottoposti a qualche “ballonzolio” estremo, ma siamo sul mare e l’aereo deve virare per l’atterraggio. Poi, altro volo per La Coruna accanto ad una coppia di sposi attempati che da Barcellona, in gruppo, vanno a visitare la Galizia.

Dall’aereo osservo bei panorami di paesini immersi nel verde, di boschi sparsi fra colline che digradano al mare.

L’aeroporto è piccolissimo, nuovo e situato in una posizione più elevata rispetto alla città. La cosa appare strana, come se dovessimo precipitare dalla montagna, ma suscita anche una certa meraviglia per il paesaggio che si può ammirare.

All’uscita, poiché non trovo pullman che, a breve, vadano in città, contratto il prezzo con un taxista che, per € 15, mi porta al mio hotel Maycar in via S. Andres (Euro 30 per notte). L’autista è un giovane simpaticissimo e velocissimo e, (cosa che mi lascia allibita) ha subito individuato il mio hotel, ancora prima che gli dicessi il nome e la via. Forse, ha dedotto il luogo, vedendomi pellegrina; ma quanti hotel od hostal per Pellegrini ci sono a La Coruna? Mi racconta di tutto e di più ed in breve arriviamo.

L’hotel, da me scelto sulla carta, perché centrale, è molto modesto, ma “reformado” recentemente e molto pulito. L’entrata funge anche da bar e da edicola (non si sa mai, penso io). La padrona e la figlia sono gentilissime e, pur avendomi assegnata un’altra stanza, acconsentono, su mia richiesta, a cambiarmela per darmene una interna, ampia, luminosa e silenziosa, ma con una vista orrenda su case cadenti con tetti di eternit anneriti dal fumo, teli di plastica sporca (per coprire la biancheria ad asciugare) e quant’altro. Ed ha anche un orribile odore di fumo stantio, dovuto alla scarsa aerazione di “secoli” perché, probabilmente, le finestre vengono aperte poco, a causa delle continue piogge. La cosa mi crea molto disagio, ma ormai son qui e non so come porvi rimedio se non spalancando la finestra, che terrò socchiusa anche la notte. Lascio subito i bagagli e vado a scoprire un po’ di città. Sono le 18,30 e fuori è tutto un animato passeggio.

La città, fine ottocento, linda ed ordinata mi affascina. Ci sono ancora vecchie case e vecchi negozi da rimettere in ordine, ma per lo più si ha sentore di ricchezza e di benessere. Ricca di verande che danno luce e proteggono dal freddo, come quasi tutte le città del nord, La Coruna, “città di cristallo”, deve il suo nome proprio a questo.

Vado su e giù per la Calle Mayor, mangio una fetta di torta di patate con un goccio di “Ribeiro” (ricordate?) e rientro. Non so perché, ma il viaggio (aereo forse?) mi ha stancata allo sfinimento, per cui velocemente vado a letto, rimandando il tutto a domani.