14° Giorno

Mercoledì 6 maggio 2009

Puebla de Sanabria

In un recondito angolo di me era rimasta la speranza di poter riprendere a camminare oggi, ma svegliatami e constatato il gonfiore del piede abbandono definitivamente l’idea.

Sono giunta alla fine (spero solo per quest’anno).

Il dolore è diminuito e riesco anche a camminare lentamente, ma non posso certo farlo per chilometri, sebbene ci siano molti paesi lungo il tragitto. Non oso, come ieri, imporre problemi agli altri.

Eppoi penso che per tutto ci sia una ragione.

Dopo Sanabria iniziano le montagne, le salite e le discese, quindi le difficoltà. Pertanto ripartendo il prossimo anno da dove sono arrivata avrò un paio di tappe facili di adattamento prima di scalare i monti. Ed allora mi rassegno. Faccio colazione con Hanns che con il taxi lascio a Mombuey da dove lui oggi riprenderà per raggiungere Puebla de Sanabria mentre io invece proseguirò fino all’Hotel Carlo V (E. 30).

La scelta di questo Hotel è dovuta ad Hanns perché io l’avevo scartato dato il prezzo che risultava dalle guide. Invece non solo il Padrone è attento ai Pellegrini ed ha prezzi di riguardo per loro ma ha anche calore e simpatia. Un po’ tutta la sua famiglia è ciarliera, esuberante e simpatica. E’ orgoglioso delle sue due figlie laureate e molto carine ma soprattutto generose. Una, telefona per tutti gli ospiti agli hotel seguenti per trovare la stanza per l’indomani, mentre l’altra, dovendo andare in quella direzione, smista e porta gratuitamente i bagagli negli alberghi successivi.

Le camere dell’Hotel Carlos V, grandi e luminose ed una diversa dall’altra, sono ben arredate soprattutto con gusto e piccoli dettagli, come fossero stanze di un’abitazione in luogo delle anonime camere d’albergo. Quando arrivo però la mia stanza non è ancora pronta ed il Sig. Carlos con un buon caffè mi prega di attendere. Per un po’ in effetti aspetto, ma non riesco a resistere e a restare lì al bar un po’ fumoso per tutta la mattina. Inoltre sono troppo incuriosita per il bel paese che ho visto arrivando qui. Ed allora, anche se non dovrei, esco all’avventura.

Non dovrei parlarvene perché ormai fa parte del Cammino del prossimo anno, ma sono così incantata che non resisto, avrete meno da leggere il prossimo.

Puebla de Sanabria ha 2.000 abitanti. E’ un paesino stupendo a circa 1.000 metri di altezza tutto arroccato su un colossale sperone alla confluenza fra il rio Castro ed il Tera.

Le sue origini sono antichissime ma abbiamo documentazione certa a partire dal 569. La sua importanza accrebbe con il conferimento dei Fueros o Cartas Pueblas (da cui le derivò il nome). La sua posizione strategica, come via culturale (Santiago – romanico), commerciale e militare quale centro fra Castiglia, Galizia e Portogallo, ne ha determinato la sua importanza ed il suo carattere monumentale.

Sulla cima sovrasta un poderoso Castello e la Chiesa, anzi le 2 chiese. Le case per lo più in pietra grigia, ma anche in mattoni e graticcio, hanno tutte il tetto di ardesia lucida e nera; con il sole sembrano d’argento. Molte di queste presentano sulle facciate grandi scudi nobiliari e gigantesche grondaie. Vicino, e si vede più in basso, c’è anche il Lago di Sanabria, il più grande lago spagnolo di origine glaciale. E’ circondato dalle montagne della Sierra de la Cabrera e dal 1978 la zona è diventata parco naturale.

Mi avventuro su per la calle principale che porta alla Chiesa ed al Castello, ma il luogo è tutto disastrato perché stanno rifacendo il manto stradale in ciottoli; proprio quello che serve alla mia caviglia.

Ma per ora non provo un grande dolore, distratta come sono dalle case intorno; sono tutte incantevoli e restaurate. E’ un paese evidentemente turistico.

Adagio, e non senza difficoltà, guadagno la cima. Mi accoglie la Chiesa di Nuestra Senora de Azogue con uno splendido portale romanico del XI sec., sebbene la chiesa abbia subito molte modificazioni in epoche successive. Però è chiusa e non posso ammirare e pregare la sua patrona. Vicino, in sottotono; vi è anche l’Ermita di San Cayetano neoclassica del XVIII secolo. Fu costruita dalla famiglia Ossorio il cui scudo nobiliare si osserva sulla facciata.

Il Castello-fortezza di San Carlo, del XV sec., fu costruito da Don Rodrigo Alonso de Pimentel. Poiché è aperto ed il costo è irrisorio mi addentro per una visita che si limita al solo piano terra; quando salgo o scendo il piede “urla”.

Quindi di visita ai sotterranei con relative mostre e di salita alla torre con relativo panorama, neppure immaginarlo. Però vengo a conoscenza di una cosa che mi allarma un pochino: le montagne intorno sono riserva privilegiata per: i lupi (si avete letto bene).

Lentamente ridiscendo la ripida via e mi fermo ad un meraviglioso bar ricavato in una casa antica. L’arredamento è moderno però il bancone del bar è fatto con due slitte per il grano e la cameriera, ahimè, neppure sa della loro importanza. Volendo, si esce sul giro di ronda delle alte mura a strapiombo dove mi fermo a riposare su alcune panche messe allo scopo. Il panorama è indicibile e commovente, tanto più oggi che per l’accaduto mi sento così vulnerabile.

Un mattino sfuggente

col sapore di tante vite vissute,

col profumo intenso di primavera,

di sensazioni tramutate

in fragilità quotidiana.

Che incredibile gioia,

che incredibile emozione

queste mura possenti

e questi tetti di platino

che riflettono la mia anima

appassita e stanca.

Rassegnazione e melanconica incertezza

pervadono il mio destino

nella speranza di un incerto ritorno.Più sotto in una piazza che stanno ripristinando vi è anche il Municipio, una sobria costruzione risalente all’epoca dei Re Cattolici con archi e due eleganti torrioni laterali.

Vicino all’Hotel inoltre vi è anche un’altra piccola ermita, indecifrabile perché coperta da grandi teloni. È in restauro. Vi è anche una bella casa di graticcio su colonne dove vi è un simpatico negozio con mille “cose turistiche”, ma qui acquisto solo alcune cartoline ed un paio di CD di musica popolare. Rientro, la mia stanza è pronta. Sono le 12, ridiscendo solo alla sera per la cena che faccio per l’ultima volta insieme ad Hanns. Ma la caviglia è il doppio del normale. Ho esagerato, ma Puebla de Sanabria valeva questo sacrificio.