10° Giorno

Sabato 19 aprile 2008

Villafranca de los Barros – (Torremejia) MERIDA

La colazione all’Hotel Diana costa € 3 e nonostante l’albergatore mi dica che l’autobus ci sarà solo alle 11,15 (ma non sanno mai niente di preciso, né di autobus, né di taxi, né di Messe o quant’altro) mi dirigo alla stazione già verso le 8. Eureka! ce ne sarà uno alle 9 anche se è sabato (quando tutto si ferma).

Trovo i due francesi che hanno avuto la mia stessa idea e che aspettano già da mezz’ora; però loro vogliono fermarsi a Torremejia. Mi vergogno un po’per essere lì, ma alla spicciolata arrivano tutti i Pellegrini della cena ed altri ancora. Saremo una ventina. Manca il belga che rientrerà perché non sta bene.

Certo alcuni prenderanno l’autobus successivo ed altri, coraggiosi, hanno proseguito ma molti, come me, si sono spaventati per la nuova avventura.

L’autobus, puntualissimo, arriva alle 9 ma l’autista, forse al vedere tutta questa gente è nervoso ed indisponente e ci invita a fare il ticket alla biglietteria che prima era chiusa. Lui insiste, non ha voglia di lavorare oltre il dovuto.

Il pullman ha l’aria pesante della gente che mangia le migas a colazione (pezzi di pane passati con aglio e poi fritti). Si mangiano anche al nord, ma qui è tipico della loro tradizione. La mia vicina, una ragazza in carne, ha un alito insopportabile per cui mi proietto avanti e di fianco. Certo appaio alquanto maleducata, ma come resistere? Fuori diluvia, fa freddo e c’è un vento incredibile (velocità di Km.130 all’ora, diranno alla sera; come ieri del resto). L’autobus passa per Almendralejo, cittadina anch’essa di origine romana, a 4 km. dal Cammino; alcune chiese, l’arena de Toros e molte cantine che ne dimostrano l’importanza come il maggior centro vinicolo della regione dei Barros.

A Torremejia, di origini medievali, lasciamo scendere i francesi che vogliono visitare il Palazzo dei Mexia, ora Rifugio dei Pellegrini. Ha uno splendido portale rinascimentale che, come decoro, nell’arco superiore ha scolpite molte conchiglie. Inoltre, incassate nei muri, ci sono alcune lastre tombali romane ed un importante scudo nobiliare.

Dopo circa mezz’ora arriviamo alla Stazione di Merida, alquanto distante dalla città, ma vicina al mio Hotel Torero E. 26. Quando entro nel bar dell’Hotel, in una bolgia infernale di fumo ed avventori, il proprietario quasi mi ignora, ma immediatamente mi porge una chiave e mi indica dove andare. La stanza è in un edificio interno, in un bel parco, d’estate però; ma oggi per il livore della giornata mi appare così triste, buia, fredda e neanche troppo pulita. La finestra poi dà su un ballatoio che non garantisce certo sicurezza e siccome provo ad aprirla per arieggiare, mi accorgo che neppure chiude. Non vedo l’ora di lasciarla ed, appoggiato il mio zaino, esco veloce alla conquista della città.

Per entrare in Merida bisogna attraversare il lungo ponte romano (fine del I sec.) di granito. Ha 60 archi, è largo 5 mt. e alto 11. La sua lunghezza è 792 mt., il che vuol dire oltre 3 chilometri facendolo due volte, come farò oggi – alla faccia del Cammino. E’ stupendo, tanto più che attraversa il fiume Guadiana con molti isolotti verdi ed il panorama, da qui è bellissimo: la città le sue mura arabe, su precedenti romane, l’Alcazaba (cittadella araba) della città, uno dei più antichi edifici arabi di Spagna (835 d.C.) e le montagne intorno.

Merida, (ab. 45.000) l’Emerita Augusta, fondata da Augusto nel 25 a.C per accogliere i veterani delle Legio V Alaudae e della X Gemina, fu capitale della provincia romana di Lusitania. La città più importante della Spagna romana ebbe prestigio anche sotto i Visigoti, ma perse il suo splendore sotto il dominio arabo. Conquistata dalle truppe cristiane di Alfonso IX nel 1230 diventò sede del Priorato di San Marcos di Leon dell’Ordine di Santiago.

Oggi capitale dell’Extremadura è sede del Governo della Regione. Dichiarata dall’Unesco nel 1993 Patrimonio dell’Umanità, conserva uno dei migliori Complessi archeologici del mondo romano: teatro, anfiteatro, ponti, templi, fori, archi, ippodromo, calzade, acquedotti, dighe e un’infinità di edifici civili e religiosi sono il Patrimonio di Merida.

Attraverso, naturalmente salendo, la città per andare al Museo Nazionale di Arte Romana e scopro che, come “pensionista”, il mio ingresso è gratuito. Il Museo è imponente, e nel disegnarlo l’arch. Rafael Moneo, nel 1983, ha tenuto conto dell’altezza delle arcate dell’acquedotto romano che vedrò domani uscendo dalla città. E’ ricco del materiale reperito nella zona. Stupende statue ed ancor più meravigliosi mosaici, monete, ceramiche e vetri, il tutto sistemato in modo organico e soprattutto in grandi spazi, inimmaginabili nei nostri musei. Nelle fondamenta si vede il Solar de las Torres, casa romana con mosaici e perfino l’antica strada romana.

Poco più avanti, recintato, ma stavolta devo pagare l’ingresso, l’Anfiteatro romano (8 d.C.) uno dei più grandi del mondo (poteva contenere fino a 15.000 persone) ed il magnifico Teatro (il più importante di Spagna), uno dei meglio conservati. Fu eretto da Agrippa, genero di Augusto, nel 16 a.C. e poteva contenere fino a 6.000 spettatori. Ad Adriano, nel 135 d.C., si devono invece le gradinate, l’orchestra e la scena lunga 58 metri a doppio ordine di colonne così come la vediamo oggi. E’ davvero meraviglioso con i maestosi colonnati che stanno di fronte alle gradinate semicircolari. E’ tutt’ora utilizzato per il festival teatrale estivo. Lo fotografo in mille modi per quanto è bello e poiché vedo alcuni signori che si fotografano con lo sfondo del teatro, oso chiedere la cortesia anche per me. Dal mio “perfetto spagnolo” capiscono che sono italiana ed allora è una felicità per tutti. E’ un gruppo di italiani di Norba (Latina) accompagnati qua da alcuni spagnoli di Caceres dei quali sono ospiti. Sono venuti a Caceres per fare un gemellaggio con la città perché il fondatore, romano, era originario di Norba. Mi chiedono notizie del Camino e scopro che uno degli accompagnatori è un “Amico del Cammino” e tutte le domeniche costringe la moglie ad andare con lui, a dipingere frecce qua e là. Non vi dico la mia gratitudine e la mia gioia per averli incontrati e conosciuti.

Nel recinto c’è anche una “casa dell’Anfiteatro” con gallerie sotterranee, splendidi mosaici e, fuori, poco più avanti, anche il Circo Massimo del I sec. che non visito.

Il Tempio di Diana del I sec. d.C, con alte colonne scanalate, dà su una via della città e l’Arco di Traiano, alto 15 metri, è inserito nelle mura. Non lo trovo così eclatante come gli altri monumenti però (cosa importante per me) è chiamato anche Arco di Santiago perché da lì passano i Pellegrini che vanno al nord.

Ci sono altri monumenti romani sparsi nella città e mi meraviglia che alcuni fabbricati su alte colonne di cemento (forse uffici di sovrintendenze) siano costruiti proprio sopra la zona archeologica di Morerìas, in modo da poterla vedere passando ed eventualmente potervi accedere. Ma, per oggi, mi basta.

Vista l’ora, le 15, decido di concedermi un lauto pranzo ed entrata in un discreto ristorantino, pranzo con il menu del dia a € 10; ma per aver chiesto insalata verde, anziché mista, il conto arriva a € 18; discuto un po’ ma poi lascio perdere, i furbi o gli sciocchi nel mio caso, ci sono dappertutto, ed esco.

Ritorno al mio Hotel per riposare un po’ (sono più stanca oggi delle giornate in cui cammino) e quando alle 18 vado al Museo d’arte visigota è chiuso, troppo tardi! Gironzolo per la città, la piazza Mayor, la piazza di Spagna e la Cattedrale che non è eccezionale e molto manomessa ha però un bell’altare ed un lacerto di affreschi romani.

Trovo anche il Parador, ricavato in un antico convento, ma non è granché. Anche la cameriera non è granché perché mi fa attendere infinitamente ed inoltre mi lamento perché il mio tavolino è sucio, ma sporchi lo sono anche gli altri. Me lo pulisce svogliatamente e svogliatamente mi serve una spremuta d’arancia ed una fetta di torta di mandorle un po’ stantìa, per Euro 8. Poiché ho pranzato tardi, come cena è più che bastante.

Visitando la Chiesa del Carmen trovo anche la S. Messa delle 19 che ascolto lateralmente perché la Chiesa è affollata.

Poiché non ho ancora provveduto al sello, lo chiedo lì, ma il sacerdote, in mancanza di timbro mi fa una bella firma. Non male come idea!

Rientro in Hotel, ma di pagare il conto o di chiedere il favore della telefonata per la riserva di domani neppure oso; il bar è un vero caos, quasi da star male. Risalgo in camera e non funziona nemmeno la TV, l’aria condizionata è spenta e quando provo ad accenderla, per riscaldarmi un po’, vengo sommersa da una nuvola nera che mi costringe ad aprire la porta per arieggiare. Piove ancora e c’è vento e la tristezza dell’ambiente aumentano la mia stanchezza e la mia malinconia. Ho voglia di casa ma cerco di scacciarla leggendo un po’. Dormo vestita, come al solito, ma il dormire è un modo di dire perché vi risparmio la lunga nottata, anche di paura.