Back in Red (Sparkle) 

Back in Red (Sparkle)

Neil Peart e la genesi del drum kit di "Test of Echo"

a cura di Max Mirri

Il Re della Batteria

Ciclicamente escono classifiche che decretano il batterista migliore con gli altri nomi olimpionici dietro. Alla fine sono più o meno gli stessi nomi che magari si scambiano solo di posto. Ma poi esisterà questo fantomatico re dei batteristi? E’ chiaro, ognuno avrà in cuor suo i propri beniamini ci mancherebbe, però nella mia mente accesa come un'insegna nel buio della notte c'è un nome fisso.

Un nome che credo fermamente e che con buona pace mette d'accordo tutti. Un batterista che indiscutibilmente può fregiarsi della corona d'oro. E costui può corrispondere solo al nome di Buddy Rich, lui e solo lui è il re dei batteristi. Giovanissimo a muovere i primi passi dietro le pelli, poi partecipa e vince il concorso per batteristi "Slingerland Contest" organizzato dal mitico re della swing era Gene Krupa che lo aiuta ad introdursi definitivamente nell’ambiente musicale. Buddy Rich si dimostra ben presto un batterista dalla tecnica strepitosa, fulmicotonico nell’esecuzione, riesce sempre ad ottenere un connubio tra tecnica e musicalità. Considerato tra i padri del Be Bop, Buddy Rich ci lascia il 2 aprile 1987. 


I memorial concert per Buddy Rich e la presenza di Neil Peart

A due anni dalla scomparsa del Re, la figlia Cathy decide di organizzare un memorial concert in cui viene invitato il gotha dei batteristi statunitensi a suonare assieme alla Buddy Rich Big Band. Memorabile il solo a tre con Dave Weckl, Vinnie Colaiuta e Steve Gadd. Questo succede il 14 ottobre del 1989. Nel 1991 viene organizzato un nuovo memorial: Cathy Rich invita a partecipare Neil Peart. La sua performance si concentra su tre brani: One O'clock Jump, Mexicali Nose e Cotton Tail in cui è incastonato un drum solo dove Peart sfodera alcuni dei suoi migliori colpi, come la melodia sui campanacci che strappa applausi. Benché fosse amante del jazz e dello swing, a sua detta la performance assieme alla potente big band non lo soddisfa, prove brevi e un arrangiamento diverso da quello provato lo hanno messo in difficoltà. Spiazzato, Peart sente che il suo approccio allo swing è incompleto. Alla soirée tra gli assi presenti, c'è anche Steve Smith, il batterista che si divideva tra i Journey e gli Steps Ahead. Neil ne nota la tecnica e la scioltezza molto migliorata, chiedendogli dove avesse imparato. Steve Smith gli risponde che ha preso lezioni dal batterista jazz Freddie Gruber. Come San Paolo folgorato sulla via di Damasco, Neil Peart uno dei più affermati batteristi rock progressive decide di rivedere il suo approccio al jazz intraprendendo un nuovo cammino di studi.

Lo studio con Freddie Gruber e Burning for Buddy

E' il 1994 in cui Peart inizia con assiduità a prendere lezioni da Gruber. Questo suo approccio sentito e profondo lo porta ad incidere sempre nel 1994 “Burning for Buddy: A Tribute to the Music of Buddy Rich”, una selezione di brani presi dal repertorio di Buddy Rich suonati la sua big band, in pratica un memorial su disco. Invitati da Neil Peart in persona saranno presenti i migliori batteristi in circolazione. Tra i nomi abbiamo: Steve Smith, Joe Morello, Billy Cobham, Simon Phillips, Steve Gadd e molti altri. Nel 1997 Neil produce ed incide anche un seguito “Burning for Buddy: A Tribute to the Music of Buddy Rich, Vol. 2” in cui suoneranno molti dei batteristi presenti nel primo disco.

Back in Red (sparkle)

Nell'ottobre del 1995 i Rush iniziano la stesura di un nuovo album che uscirà nel settembre del 1996 con il nome di "Test for Echo” in cui il tema conduttore è la comunicazione. In questa occasione Peart registra il suo “primo” album reduce dai primi insegnamenti avuti con Fred Gruber. Gli elementi fondamentali sono tre: un cambio stilistico nel drumming, il passaggio dall'impugnatura matched (quella in cui si prendono le bacchette quasi come dei manici) e quella traditional o classica tipica dei jazzisti. In questo caso l'impugnatura delle bacchette è asimmetrica ed è uguale a quella dei tamburini da banda o militari. Diciamo per i meno ferrati del tema batteristico che si sono scritti fiumi di parole su quale sia l'impugnatura migliore. La risposta è molto più semplice, sono stati incisi dischi memorabili indipendentemente dall'impugnatura usata dal batterista. Diciamo che nel jazz viene usata moltissimo ma appunti non è legge. Ad ogni modo basta riascoltare "Test for Echo" per non trovare differenze. Peart sente la necessità di rinnovare il suo drumset e come sua abitudine prova set di batteria di diversi marchi. Dopo un'accurata selezione, la scelta ricade su Drum Workshop, marchio che poi manterrà per il resto della carriera. Così il blu notte della batteria di Counterparts, lascia spazio ad un affezionato ritorno: il colore rosso.

Ma il colore red sparkle è solo uno dei cambiamenti in atto, Peart influenzato dagli studi con Gruber, modifica in maniera significativa la disposizione dei tamburi. Per capire meglio cosa è cambiato bisogna immaginare i set di batteria iconici del jazz e dello swing. Molto semplicemente basta vedere i set utilizzati da Gene Krupa o da Buddy Rich: essenziali che poi sono quelli derivati dal jazz, in cui vi è un solo tom sopra la cassa, lo spazio libero viene occupato dal piatto ride di accompagnamento. Rispetto a questo "centro" si espandono esternamente i tom alti e timpani a terra. Da questo momento in poi la configurazione del drumset acustico sarà più o meno la stessa

Quello che è importante notare è che Peart rinnova la posizione dei tamburi considerando un kit jazz. In realtà molti batteristi utilizzano un drumset tipo quello jazz come base vedi John Bonham o Chad Smith. Oppure batteristi jazz come Steve Gadd che hanno un altro tipo di set.

Il mio pensiero è che Peart si sia voluto immergere anima e corpo in questo cambiamento. Già le prime note di "Test for Echo" hanno un qualcosa di magnetico e solenne con quell'arpeggio in minore. Sentiamo il suono della batteria che stacca con il passato, il suono è più naturale e caldo. Si sente un Neil Peart diverso, le invenzioni ritmiche, i fills sui tamburi sono cambiati, in più l'uso massivo del rullante. Insomma non ci sarà un ritorno al passato, ma uno stile rinnovato e molto influenzato dagli studi con Gruber. 

Neil Peart è un curioso ricercatore, ha sempre cercato ritmiche diverse, riportandole nei brani, a volte con tempi dispari con figurazioni molto naturali. Ogni album prima o dopo l’incontro con Fred Gruber ha comunque insita la ricerca ritmica, quello che stavolta è cambiato è il modo di suonare, più fluido, più concentrato. Diversi ancora gli album successivi ma rimane l'impressione che "Test for Echo" segni la svolta del suo stile.