Vapor Trails

Vapor Trails (2002, Atlantic/Wea)

recensione a cura di Davide Dal Fra

I Rush, nel 2002 pubblicano l'album VAPOR TRAILS.

Dopo una lunga pausa dovuta alle drammatiche sventure familiari di Neil Peart, i Rush riprendono l'attività con questo nuovo lavoro. VAPOR TRAILS inaugura il V periodo della band, che ancor prima che stilisticamente, si distingue per esser collocato dopo le vicende private di Peart, e rappresenta quindi una sorta di rinascita del trio. La capacità compositiva è ancora intatta, anche se si scorgono, qua e la, dei déjà-vu, dei richiami, verso cose già realizzate in passato. Dal punto di vista musicale questa quinta fase è comunque caratterizzata sia da un ulteriore indurimento dei pezzi che da una speciale attenzione all'aspetto melodico, con la chitarra, ora elettrica, ora acustica, protagonista assoluta -ma Lifeson si concentra anche sulla liuteria- cori particolarmente sviluppati (di fatto arrivano a sostituire le tastiere, praticamente scomparse, così come le percussioni elettroniche).

VAPOR TRAILS è un album difficile, duro, coraggioso e bello. Stupisce lo straordinario lavoro di Alex e, nel contempo, la quasi assoluta assenza di assoli di chitarra; grande anche il cantato di Lee, maturo e vario con non mai. I 13 brani (tutti composti da Lee-Lifeson/Peart) sono legati tra loro dalle figure dei tarocchi; come sempre, illustrazioni e grafica sono curati da Hugh Syme. Per realizzare questo album il lavoro in studio è particolarmente lungo (da gennaio 2001 a febbraio 2002), probabilmente anche per permettere al gruppo di ritrovare l'amalgama necessaria, dopo cinque lunghi anni di pausa. Considerata quindi la eccezionale mole di lavoro, i contestabili suoni dell'album, particolarmente opachi, pastosi, gravi, non sono dovuti ad una leggerezza della produzione (dei Rush con Paul Northfield), ma piuttosto ad una attenta e meditata scelta stilistica: sembra infatti che la rabbia di Neil, e di tutta la band, sia scaricata, piuttosto che nei testi, nella musica, così potente ed oscura. Un album sicuramente impegnativo, ma affascinante e vivo. Offerto dalla lettera “3”.

One little victory. Simbolicamente, l'onore di aprire il nuovo album spetta a Neil, che, con il micidiale martello pneumatico d'apertura, sembra dire: “Eccomi, sono tornato!”. Il pezzo è formidabile, pieno di energia e molto coinvolgente. Davvero “una piccola vittoria” sentire di nuovo i Rush, e così determinati, per giunta! (voto: 8)

Ceiling unlimited è un pezzo ben realizzato, dalla melodia abbastanza semplice, con parti veramente dure e ottimi intrecci di basso e chitarra. La parola “risata” del testo viene sostituita con “sorriso” nel cantato. (voto: 7,5)

Ghost rider è probabilmente il capolavoro dell'album. Il testo prende spunto dai viaggi in motocicletta di Neil. L'atmosfera del brano è veramente intensa, ed il ritornello è splendido. Notevoli anche le parti di chitarra. (voto: 8)

Peaceable kingdom richiama il riff di Half the world, ma, considerata la potenza del brano, la sua linea melodica e l'ottimo ritornello, il risultato non è neppure confrontabile. Anche il testo, che richiama le figure degli arcani maggiori, è molto interessante e suggestivo. (voto: 7,5)

The stars look down: il pezzo sembra uscito dalle session di ROLL THE BONES, ma, filtrato dalla grinta del nuovo album, porta a risultati straordinari. Un brano davvero godibile. Forse il più immediato dell'album. (voto: 7,5)

Una irresistibile base funky, una tonalità di voce assai anomala, un giro di basso straordinario: ecco i punti forti di How is it. Il melodico ritornello è invece un po' più debole, ma comunque valido. (voto: 7)

Vapor trail è in stile Rush, come da manuale. L'arpeggio iniziale, le parti di batteria, la linea melodica: solo il trio di Toronto poteva realizzare un pezzo del genere. A caratterizzare il tutto i bei cori del ritornello. Perfetta. (voto: 8)

Secret touch è una canzone dura, lunga, veloce, azzeccata; che vanta un'ottima struttura, particolarmente elaborata e trascinante. Si notano parti strumentali eccelse, in particolare nel lungo finale. (voto: 8)

Earthshine alterna una robusta e ritmata strofa ad un ritornello melodico, introdotto da una parte strumentale, ricca di cori quasi angelici, che, a parer mio, si lega male al contesto della canzone. Da evidenziare la presenza di uno dei rari e brevi assoli di chitarra, oltretutto piuttosto modesto. (voto: 6)

Sweet miracle è la traccia meno interessante dell'album. La linea melodica richiama Everyday glory. (voto: 5,5)

Nocturne offre invece alcuni spunti interessanti, ma nulla di straordinario. Il ritornello è il punto meno convincente della canzone, è ben rifinita invece l'orecchiabile strofa e il duro intro strumentale del ritornello stesso. (voto: 6)

A sorpresa un nuovo capitolo, il IV, del ciclo “Fear”, e Freeze ne è senz'altro all'altezza. Strofa elaborata, difficile ed affascinante e poi il perfetto ritornello melodico, arricchito dalla mandola di Alex. Capolavoro assoluto. (voto: 8)

Out of the cradle è più che altro un simpatico riempitivo. La canzone è fin troppo lunga e sarebbe più intrigante se sfumasse dolcemente appena finito il secondo ritornello. (voto: 6)