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Geddy Lee "In Conversation Tour" Report

18 dicembre 2023, Barbican Centre, Londra


a cura di Stefania Sarre 


Ultima data del tour My Effin' Life In Conversation per promuovere l'uscita della biografia di Geddy Lee, My Effin' Life, (pubblicata in inglese da Harper and Collins il 14 novembre) che ha coinvolto Stati Uniti, Canada e che volge alla propria conclusione in Gran Bretagna.

L'emozione è grande e le aspettative alte, soprattutto considerando che la sera prima a Portsmouth, Alex Lifeson ha sorpreso i presenti salendo sul palco (come già successo a Toronto) quindi ci auguriamo di avere la loro stessa fortuna. Prendiamo posto e attendiamo l’arrivo di Lee mentre la Concert Hall del Barbican Centre inizia a riempirsi.

Sul grande schermo scorrono le fotografie dal repertorio di Geddy Lee: scatti della sua giovinezza, istantanee dai tour coi Rush, foto del matrimonio... Alcune già viste, altre utilizzate per la prima volta in questa biografia, per donare un supporto visivo capitolo dopo capitolo. Sul palco i divani, tavolini con abat-jour, fotografie incorniciate, diverse copie di My Effin’ Life, delle Barbie e un polletto giallo, di quelli sonori per i cani, come a voler dare una sensazione di essere accolti a casa di Geddy Lee, nel suo salotto, felice di regalarci qualche aneddoto della sua vita.

Gone, una delle due demo pubblicate in concomitanza con l’uscita dell’audiolibro dalle session di My Favorite Headache, viene trasmessa dagli altoparlanti, poco dopo si spengono le luci, parte un video con un medley delle canzoni dei Rush, un video montaggio simile a quelli creati per R40 che ci accompagna alla presentazione dei due intervistatori della serata: David Baddiel scrittore, sceneggiatore e stand-up comedian di origini ebraiche e il fratello Ivor, anch'egli scrittore e sceneggiatore per la tv britannica e appassionato di Rush.

L'ovazione all'arrivo di Lee sul palco è calorosa e dopo essersi goduto l'abbraccio del pubblico, si accomoda con i suoi ospiti e inizia il viaggio nella sua vita.

Viene subito chiesto il perché della scelta del titolo del libroi, lui aveva in mente My Life in Comedy ma la casa editrice lo credeva fuorviante così, ritenendosi un lanciatore olimpionico di imprecazioni, fuck è una parola che dice spesso, (e noi che pensavamo che i canadesi fossero tutti “sorry” e compostezza!) ritenendo che fosse la presentazione ideale per la sua memoir. Un racconto nato dall’esigenza di non dimenticare, per paura che la memoria potesse venirgli meno come accaduto a sua madre o a Peart.

Così Gershon Eliezer Weinrib comincia a narrare le origini del proprio nome (ereditato dal nonno materno) e della propria famiglia, ebrei polacchi vittime delle leggi razziali che subirono l’inferno dei campi di concentramento nazisti. Un inferno che vide sbocciare l’amore tra gli adolescenti Manya e Moishe i quali, nonostante gli importantissimi lutti e gli spostamenti in diversi campi, riuscirono a ritrovarsi e a trovare una ragione per continuare a vivere e a ricostruirsi in un futuro in Canada. Sentendosi traditi dalla Polonia decisero, una volta trasferitisi, di parlare solamente in yiddish e in inglese con i figli e utilizzare il polacco per imprecazioni o per parlare tra di loro senza che i figli capissero. Così, adesso che sapete che la prima lingua di Geddy è stato l’yiddish non vi sembrerà strano scoprire che, sotto richiesta di Baddiel, Geddy abbia tradotto sul palco una parte del testo di 2112 proprio in yiddish! Non saprei dire quanto fosse accurata la traduzione, però sembrava decisamente convincente.

Dall’intervista, così come dal libro, emerge il grande legame di Lee con sua madre: una donna forte che dopo gli orrori subiti in guerra, ricerca il proprio riscatto con il marito in Canada, ma si ritrova a quarant’anni a dover crescere i figli da sola a causa della morte dell’uomo a quarantacinque anni. Un rapporto che in certi passaggi sembra essere una catena per entrambi, ma che l’amore e il rispetto reciproco rendono indissolubile e fortissimo. La scomparsa improvvisa del papà segna inesorabilmente la vita del Geddy dodicenne che viene travolto dalle responsabilità di essere “l’uomo di casa” e dai doveri religiosi che impongono un lutto di 11 mesi e 1 giorno senza possibilità di ascoltare musica, in un momento di passaggio per un adolescente così importante.

Sollecitato da Baddiel, i cui tempi comici a volte risultano essere leggermente fuori luogo, sul cominciare a parlare dei Rush, Geddy ripercorre la fine del lutto che coincide con il ritorno alla musica, l’acquisto della prima chitarra, al suo avvicinamento forzato al basso “perché nessuno sceglie di essere il bassista” e dei bassisti che hanno influenzato il suo modo di suonare Jack Cassidy, Jack Bruce, Phil Lesh, John Entwistle; alle prime formazioni dei Rush e al fatto che fossero stati scritturati come i nuovi Bad Company e, con l’arrivo di Neil, fossero finiti a scrivere “di cani che lottano nello spazio”.

Poco prima che Geddy si appresti a leggere un estratto del libro riguardante la sua voce e alle critiche mossegli negli anni sulle riviste musicali lanciando un vero e proprio “vaffa” ai suoi detrattori, viene fatta una piccola disamina sulla situazione attuale musicale ed egli si dice non coinvolto nella attuale scena prog e di non comprendere e non seguire i nuovi modelli dell’industria musicale, ritenendosi fortunato di essere stato musicista ai suoi tempi e non adesso, ma che se posto davanti alla scelta di dover citare una band di cui ha apprezzato la carriera negli ultimi anni, i primi che gli vengono in mente sono i Queens of the Stone Age.

L’intervallo ci dà il tempo di ritirare il nostro libro di fianco a un sempre più affollato banchetto del merchandise, proviamo a prendere qualcosa da bere ma è già ora di ritornare a sedersi per la seconda parte dello spettacolo accompagnate dalle note di I am, You are, la seconda demo tratta da My Favorite Headache.

Tre sgabelli a centro palco. Tre. Un numero che fa ben sperare in una sorpresa (anche se ormai possiamo considerarla una “sorpresa telefonata”); Lee di fronte al leggio comincia a leggere degli estratti sul “periodo” britannico dei Rush”, (per chi ha piacere di leggerli, li trova da pagina 252 fino alla 260) e su quanto creda che Alex sia un chitarrista sottovalutato dalla critica musicale. La sorpresa diventa realtà quando, terminata la lettura, Geddy invita sul palco il suo attore preferito: Lerxst Lifeson. Tutto il Barbican balza in piedi ad applaudire il chitarrista che abbraccia l’amico di una vita e si gode l’ovazione del pubblico in estasi.

A condurre nell’ora successiva il Question & Answer, come nelle serate precedenti, lo scrittore Philip Wilding. La chimica tra Lee e Lifeson è travolgente, quando sono insieme è come se tornassero di colpo quindicenni e indubbiamente questo affiatamento ha giovato alla seconda parte dello spettacolo nella quale hanno risposto alle domande inviate dai fan in maniera coinvolgente, divertente e in certi frangenti molto emozionante.

Gli argomenti trattati sono stati vari e interessanti: a livello musicale Geddy ha citato Mission come sua parte preferita di basso mentre Alex l’inizio di Marathon; concordano che il pezzo più sottovalutato sia Alien Shore, inoltre Geddy ha ammesso di amare molto il lavoro di Peart sul testo di Dreamline. Sono state poste un paio di domande interessanti a livello tecnico riguardanti il Big Beautiful Book of Basses e il periodo del basso Steinberg, citato per la comodità di essere senza paletta e non rischiare di sbattere contro le tastiere, ma il cui suono non lo convinceva molto.

Si è parlato degli artisti con i quali hanno avuto il piacere di condividere il palco come Rory Gallagher, Primus, UFO e Kiss su tutti. Sentir raccontare gli aneddoti scherzosi accaduti sopra e fuori dal palco, anche se già conosciuti, con Geddy dal vivo che imita l’accento di Pete Way o di Gene Simmons è stato esilarante. Per non parlare di quando Alex, su invito di Lee, ripercorre l’ultima serata con gli Hawkwind. Avendo necessità di “smaltire” gli ultimi grammi di marijuana rimasta prima del ritorno in Canada, Lifeson assembla delle canne a forma di aeroplani per dimostrare loro gratitudine per il trattamento offertogli durante le date insieme generando l’ilarità del pubblico. Se Alex non avesse fatto il musicista avrebbe sicuramente avuto successo come attore comico.

Si è parlato del concerto tributo a Taylor Hawkins, dell’emozione di aver calcato nuovamente il palco assieme e di come Paul McCartney li abbia incoraggiati a riprendere a suonare dal vivo, “anche se ho 80 anni, questo è quello che faccio, questo è quello che facciamo noi!”. Sempre riguardo alla musica live, è stato chiesto come mai avessero partecipato a pochi festival durante gli anni di attività e Geddy ha risposto principalmente per il bisogno in estate di ritrovarsi con la famiglia, specialmente per Neil. Ad aggiungersi anche esigenze di scaletta, perché il loro set non si prestava molto ai festival (sebbene avessero partecipato in passato al PinkPop e più tardi allo Sweden Rock Festival e si fossero trovati bene). Ad ogni modo non ha escluso la possibilità di partecipazione a degli eventi in futuro, se si presentasse l’occasione, affermazione che ha generato un fragoroso applauso in sala. Non è stato detto se con il nome Rush, Lee/Lifeson o altro monicker, però non disdegnerebbero l’idea.

Sembra chiaro che sia a Geddy che ad Alex manchi il contatto con il proprio pubblico, fatto reso anche chiaro dal non escludere il ritorno dell’evento benefico “Grapes Under Pressure”, che aveva portato Geddy, Alex e alcuni fan in tour fra le vigne del Niagara vicino a Toronto, nel quale Alex si è detto molto felice di aver conosciuto i propri fan e aver potuto parlare con loro di musica e di vino sorseggiando le bottiglie costose acquistate da Geddy!

Hanno ribadito il loro dispiacere per non essere riusciti a portare l’R40 tour in Europa, ma purtroppo le condizioni di salute di Peart non hanno permesso loro di provare a convincerlo a ritrattare sul pensionamento. Prendendo spunto da una domanda sulle camminate al Vallo di Adriano di Lee e la moglie dopo la morte di Neil, Geddy e Alex raccontano della scoperta della sua malattia e della difficile scelta tra onestà e lealtà. Lealtà nei confronti dell’amico, scelta al posto dell’onestà con le persone vicine decidendo di mentire riguardo alla sua salute per tre anni e mezzo. Andarlo a trovare insieme fingendo che fosse tutto a posto con gli amici e conoscenti, vederlo pian piano cedere alla malattia, non sapere quando sarebbe stata l’ultima volta in cui lo avrebbero abbracciato. Palpabile la commozione in entrambi, tradita dal protrarsi dei silenzi tra una parola e l’altra che rafforzano, come se ce ne fosse bisogno, la sensazione autentica dell’amicizia che c’è stata e sempre ci sarà tra loro tre.

La seconda ora di spettacolo scorre veloce e incalzante e arriva il momento dei ringraziamenti e la fotografia con il pubblico chiude una serata intensa e ricca di emozioni.

In conclusione, si può parlare di una serata magica. Un tipo di spettacolo al quale un fan musicale probabilmente non è abituato ma che regala un valore aggiunto al rapporto tra Geddy e gli amanti dei Rush. Un Geddy Lee messo “a nudo”, che si apre al proprio pubblico coinvolgendolo in una chiacchierata piena di aneddoti interessanti, anche per chi ha preso il suo posto avendo già letto la biografia. La presenza di Alex Lifeson è stata la ciliegina sulla torta che ci ha fatto pensare di aver assistito ad un evento unico e forse irripetibile.

P.S

(Effin' è un modo più educato di dire fucking che in italiano potrebbe suonare qualcosa del tipo la mia cacchio/cavolo di vita)

foto di Ross Halfin