Rush

Rush (1974, Mercury)

recensioni a cura di Dionigi Calabretta (The Waves) e Dal Frà Davide

D.C. : Nel lontano 1968, a Willowdale, nell'Ontario si formò il primo nucleo di una band che poi divennero i sontuosi Rush, una delle più grandi formazioni di hardrock, progressive, pop/rock elettronico che il Canada abbia mai sfornato. Il loro debutto discografico avviene solamente nel marzo del 1974, con l'album omonimo dalla copertina esplosiva. Rush! Si tratta di un particolare mix di influenze di rock duro, ma senza dubbio vi ritroviamo principalmente i Led Zeppelin. Non a caso la voce di Geddy Lee (leader, cantante e bassista della band) ricorda molto quella di Robert Plant. Al fianco di Geddy Lee troviamo il mostro sacro Alex Lifeson e…John Rutsey alla batteria. In Rush troviamo sostanzialmente tracce di buon Hardrock/Blues.

Finding My Way è una traccia trascinante, Need Some Love ha un bel ritornello ed è carica di speed. Take A Friend ha un buon intro, un riff ben costruito e il solito cantabile ritornello. 7 minuti per una composizione più articolata in Here Again, dove basso e chitarra fanno presagire già qualche buon duetto, nel complesso una canzone blueseggiante. Il riff What You're Doing strizza l'occhio Heartbreaker dei Led Zeppelin… non può non scapparci qualche sorriso nell'ascoltarla. Ma gli stacchi in mezzo non son per niente male. In The Mood è uno dei pezzi più belli dell'album, difatti ancor oggi fa capolino nei set dal vivo della band. Before And After comincia come una bella ballata arpeggiata, per poi riportarci in atmosfere da Page & Plant. Alex Lifeson compie già i primi prodigi con la chitarra elettrica. La canzone conclusiva, Working Man, ci riporta sui livelli non indifferenti già toccati con In The Mood. Riffettone d'inizio, buon cantato, chitarra che fa un lavoro notevole per tutto il pezzo, soprattutto nel finale, per non parlare del basso di Geddy Lee.

L'album fu registrato durante il 1973. Si narra che i Rush furono costretti ad usare la sala di registrazione principalmente durante le ore serali, poiché il budget della band era piuttosto limitato e le tariffe notturne erano più a portata dei loro portafogli. Il loro primo singolo era una cover di Buddy Holly, Not Fate Away, con una canzone invece scritta dai Rush (You Can't Fight It) sul lato B. Poi John Rutsey decide di uscire dalla band per problemi di salute, come egli sosterrà. Poco dopo smetterà definitivamente di suonare per darsi al…bodybuilding! Pazzie della musica e dei musicisti rock…

Preso individualmente questo lavoro non risulta essere affatto male, ma dato che siamo abituati a livelli ineccepibili, almeno nei 6 o 7 album successivi, Rush soffre un po' la prova del tempo. Le composizioni sono ancora piuttosto semplici, a parte un paio di brani, e tecnicamente la band deve fare ancora un salto in avanti. Ciò avverrà indubbiamente con l'arrivo del fenomenale Neil Peart: alla batteria ci abitueremo a ben altro. John Rutsey è un batterista nella norma per quei tempi, e sono convinto che Peart abbia saputo dare quello stimolo in più che serviva ai Rush per decollare a tutti gli effetti. Pur non essendo glorioso, Rush è un disco che vale comunque la pena di essere ascoltato. È un ascolto piacevole ed è caratteristico di quel particolare momento che segnò la genesi di un mito.

D.F.D. : I Rush, nel 1974 pubblicano l'album RUSH.

I primi movimenti della band si registrano già dal 68. Dopo svariati cambi di nome e di formazione, si forma il trio (composto da Alex Lifeson: chitarre – Geddy Lee: voce e basso – John Rutsey: percussioni) che, con il nome Rush, suona in molti locali sparsi per l'Ontario. Nel 1973 finalmente i tre riescono a pubblicare un primo singolo. Sempre nello stesso anno i Rush, con circa 9000 $ di spesa e in due giorni di registrazioni, riescono a realizzare l'omonimo album autoprodotto. La pubblicazione, in territorio canadese risale al gennaio 74, su etichetta Moon records, di proprietà della band. La direttrice di una emittente statunitense, Donna Halper della WMMS, riceve una copia del disco e la trasmette, permettendo così al gruppo di rimediare un contratto discografico internazionale con la Mercury nel giugno del 1974.

Tutti i brani sono arrangiati dai Rush, scritti da Lee e Lifeson, tranne In the mood, firmata solo da Lee. I tre sono pieni di grinta, e lo stile si rifà principalmente al sound dei Led Zeppelin; un rock duro, e per la verità un po' ingenuo, dove la chitarra è protagonista assoluta. Da segnalare che sia Alex che John partecipano ai cori. Il gruppo non ha ancora una identità propria e l'amore per i Led Zeppelin ha il sopravvento su tutto, e probabilmente condiziona anche la creatività stessa. Diventa impossibile non paragonare Rutsey con il talentuoso Peart che lo rimpiazzerà a breve alla batteria: John svolge il proprio compito con impegno, ma non ha la mano del collega, è piuttosto grezzo e scontato. Inoltre non fornisce l'apporto neppure nella scrittura dei pezzi: nessuno lo rimpiangerà, e se non fosse stato sostituito da Neil, la band, con ogni probabilità, non sarebbe andata da nessuna parte... La copertina è di Paul Weldon e la bella scritta “rush” nella prima edizione canadese era dipinta di rosso; con la pubblicazione internazionale il colore è stato sostituito con il fucsia. Divertente ed ironica la nota “per migliori risultati far suonare a massimo volume”. RUSH raggiunse il 105° posto nella classifica americana.

Finding my way nell'album prese il posto del brano Not fade away già pubblicato come singolo nel 1973. La CHUM FM fu la prima radio che la mandò in onda in gennaio ed Alex, pochi giorni dopo, telefonò al direttore dell'emittente per ringraziare! Il brano è un classico della band, un rock divertente e sicuro, che rimanda decisamente allo Zeppelin-style. (voto: 7)

Need some love parte decisa e dura, sono molto gradevoli i potenti riff di chitarra. L'ombra dei Led Zeppelin si scorge sempre...(voto: 6,5)

Take a friend è un brano meglio strutturato e più convincente dei precedenti. Chitarre abbondantissime e un bel finale degno di nota. (voto: 7)

Here again è un lento che dimostra un notevole impegno nella prestazione del gruppo. Nuovamente si leggono rinvii ai Led Zeppelin, ed il brano è comunque un po' prolisso. Si apprezza un bel assolo di Lifeson. (voto: 6)

What you're doing è un pezzo non molto originale, di buon rock. Pesa il confronto con la versione live del 76, con Peart dietro alle pelli... (voto: 6)

In the mood è una pacata ed innocua canzoncina, che la band ha proposto dal vivo in moltissime tournee, che non ha particolarità, salvo il ritornello cantato in un inconsueto coro. Ne' pregi ne' difetti. (voto: 6)

In Before and after merita di esser evidenziata la interessante introduzione strumentale. Per il resto il brano resta dentro ai parametri comuni a tutto l'album. (voto: 6)

Working man è sicuramente la canzone meglio strutturata dell'album, grazie alla varietà di intermezzi strumentali, alcuni davvero interessanti. Lo stile dei Led Zeppelin regna incontrastato, tanto che, quando Working man fu trasmessa alla radio, gli ascoltatori (per la verità un po' distratti), scambiarono la canzone per un nuovo pezzo del famoso gruppo.

(voto: 7)