2112

2112 (1976, Mercury)

recensioni a cura di Valeria Andreoli e Davide Dal Fra

V.A. : 2112 è il quarto album dei Rush, il primo a segnare una svolta nella carriera della band canadese. Esce due anni dopo l’omonimo esordio, e un anno dopo i due discreti lavori Fly By Night e Caress Of Steel. Come sonorità e come approccio musicale segue sicuramente il discorso intrapreso dai predecessori; tuttavia, questo è un vero capolavoro, e sarà seguito per lunghi anni da lavori magari diversissimi tra loro, ma tutti straordinari e sicuramente all’altezza di questo pilastro della musica hard rock mondiale.

L’album si apre con una suite di 20 minuti. Ad un primo ascolto può apparire strana e bizzarra, ma basta leggere il testo per comprendere come la musica ne rispecchi fedelmente l’andamento.

Si tratta di un racconto di fantascienza, scritto da Neil Peart, con evidente influenza della famosa scrittrice Ayn Rand: si svolge nel futuro, appunto nell’anno 2112, su un pianeta lontano, che si trova sotto l’egemonia degli spietati sacerdoti dei templi di Syrinx. Essi fanno vivere la popolazione in maniera decorosa, senza sacrifici o privazioni, ma impediscono alle persone di svolgere qualunque attività che possa portarle a sviluppare una propria personalità, e un libero arbitrio.

Overture e The Temples Of Syrinx, i due primi movimenti di 2112, sono un’auto-esaltazione dei sacerdoti, che appunto inneggiano alla propria forma di governo sottolineandone i vantaggi e i pregi. Succede però che, ben presto, un suddito scopre la musica… trova per caso un vecchio strumento a corde, e inizia a suonarlo; quelle note diventano per lui la massima forma di espressione del proprio io, dei propri sentimenti, e capisce che non può più farne a meno… così decide che anche gli altri lo devono conoscere, e lo porta ai sacerdoti per renderli partecipi della sua scoperta (Discovery). I sacerdoti però cercano di sminuire l’importanza di quel “giocattolo”, e invitano il suddito a disfarsene… lui incredulo li prega di ascoltare la sua musica, ma loro gli intimano di separarsene per sempre. Ecco che allora, l’individuo perde la cosa per lui più importante, e capisce che, senza quello strumento, la sua vita non ha più senso… si sofferma dunque ad esternare la propria disperazione (Soliloqui). Il brano si chiude quindi con Grand Finale, di nuovo auto-compiacimento ed esaltazione dei sacerdoti, che ancora una volta sono riusciti ad imporre la propria volontà con la forza.

A mio avviso, questo racconto è a dir poco commovente, e mi pare che Geddy e Alex siano riusciti magistralmente a mettere in note le sensazioni del protagonista, con movimenti musicali che rispecchiano fedelissimamente l’andamento della vicenda, e aiutano l’ascoltatore ad immedesimarsi col chitarrista incompreso. Ma attenzione, perché questo album ha anche un secondo lato… e fermarsi solo sulla suite contenuta nel primo, sarebbe un errore non da poco.

Difatti, tutte le altre songs contenute nell’album sono degne di nota, e contribuiscono a renderlo se possibile ancora più importante.

A Passage To Bangkok è il racconto di un viaggio, e alterna sonorità cupe, a tratti orientaleggianti, ad un ritornello decisamente più soft.The Twilight Zone è forse la mia preferita dopo la suite: brano di rara forza espressiva, con un testo surreale e con un controcanto sottovoce a mio avviso molto accattivante.

Lessons è l’unico brano un po’ più leggero e sdrammatizzante dell’album, che prosegue poi con la struggente ballad Tears, dove la voce di Geddy a tratti pare davvero commuoversi.

In Chiusura, la potente Something For Notghing, pezzo dall’impronta decisamente hard rock, il cui testo molto cinico invita espressamente ad evitare nella vita gli sprechi di tempo e di energie.

Album davvero di raro impatto emotivo, e di grande significato dal punto di vista musicale: i Rush sono ormai una band dotata di una propria personalità ben definita, che si è del tutto liberata dai legami col passato, ben evidenti nei lavori precedenti e qui invece ormai rintracciabili solo come mere influenze.

Capolavoro senza tempo, che ogni appassionato del genere dovrebbe conoscere e apprezzare.

D.F.D. : I Rush, nel 1976 pubblicano l'album 2112.

CARESS OF STEEL, purtroppo, dal punto di vista commerciale (al di fuori dai confini canadesi) si rileva un mezzo fallimento. La produzione richiede al gruppo pertanto una formula più commerciale, più radiofonica. Nonostante ciò il trio è molto determinato nel seguire la propria strada e realizza 2112. I fatti danno ragione ai musicisti: l'album diventa il primo vero successo internazionale della band, diviene anzi una icona nell'ambito hard-rock, fonte di ispirazione per innumerevoli artisti. L'album è fondamentalmente suddiviso in due parti: La prima formata dalla opera rock 2112 e la seconda (che è quasi oscurata dalla maestosità della prima) formata da una tradizionale raccolta di brani. Il genere musicale è essenzialmente hard-rock contaminato da riferimenti di rock-progressive; su tutto spicca il marchio di fabbrica dei tre canadesi. Melodie affascinanti, testi suggestivi, tecnica esecutiva ottima: un capolavoro, insomma. Le musiche sono di Lee e Lifeson, i testi di Peart (uniche eccezioni in Tears di Lee e in Lessons di Lifeson).La produzione e gli arrangiamenti di Rush e Terry Brown; la grafica e l'illustrazione di copertina (con il logo in assoluto più conosciuto e rappresentativo della band) di Hugh Syme.

2112 è una opera della durata di oltre 20 minuti e suddivisa in 7 parti: I) overture II) the temple of Syrinx III) discovery IV) presentation V) oracle:the dream VI) soliloquy VII) grand finale. La trama è tratta da un romanzo fantascientifico di Ayn Rand; la vicenda è ambientata nel futuro (2112), dove una inflessibile dittatura controlla ogni forma di libertà. L'overture è un pezzo strumentale che riprende tutte le melodie presenti nei brani dell'opera. The temple of Syrinx è un brano molto orecchiabile, decisamente rock, caratterizzato principalmente dalla potente voce acuta di Lee. In coppia con overture è diventato il momento più celebre di tutta la composizione. Discovery è un delicato e toccante brano acustico dove ben viene rappresentato l'approccio del protagonista con la musica, per lui sconosciuta forma di comunicazione. Presentation alterna il momento dove il pacato ed ingenuo protagonista presenta lo strumento ai sacerdoti (strofa) al momento in cui i sacerdoti stessi disapprovano le idee del ragazzo (ritornello). Un bel intermezzo strumentale sulla melodia di the temple of Syrinx conduce ad oracle:the dream. Qui ben si distingue l'ingresso nel sogno, rappresentato da una melodia ritmata, semplice, potente e positiva. Opposta l'atmosfera di soliloquy dove si avverte inequivocabilmente la disperazione ed il dolore dell'impotente protagonista. Gran finale è un momento strumentale davvero duro, ai confini con heavy-metal, molto confuso e veloce. Al termine del brano l'annuncio (la voce è di Peart) delle forze conquistatrici dichiarano di aver assunto il controllo sulla Federazione Solare. A questo punto si rimane letteralmente senza fiato.....(voto: 8)

A passage to Bangkok è un ottimo brano rock caratterizzato da molte contaminazioni orientaleggianti. La versione live presente su EXIT...STAGE LEFT è decisamente superiore, resta comunque un classico nel repertorio dei primi Rush. (voto: 7)

The twiligth zone è a mio avviso il miglior brano breve dell'album: L'atmosfera ovattata, sognante del ritornello (dove si distinguono due voci, una quasi parlata e l'altra sussurrata), la strofa ritmata, simile ad una marcia, il breve e stupendo assolo finale. Un gioiello. (voto: 8)

Lessons è un brano di impianto più convenzionale, con abbondanti chitarre acustiche nella strofa e momento più aggressivo nel ritornello. (voto: 6,5)

In Tears per la prima volta vengono utilizzate le tastiere (suonate in questo caso da Hugh Syme). Si tratta di un buon pezzo lentissimo, delicato. (voto: 6,5)

Something for nothing è il momento meno interessante in 2112. Si tratta di un brano hard abbastanza orecchiabile e ripetitivo, senza particolarità, in formato piuttosto standard nell'ambito degli anni settanta. Senza infamia e senza gloria. (voto: 6)