Hold Your Fire

Hold your Fire (1987, Mercury)

recensioni a cura di Valeria Andreoli e Davide Dal Fra

V.D. : Nella sterminata discografia dei Rush si è soliti operare una delimitazione in “fasi”, periodi composti da quattro album da studio e con un live conclusivo.

A chiusura della terza fase, iniziata con lo splendido e innovativo Signals, e proseguita con il glaciale ma cristallino Grace Under Pressure e con un Power Windows duro e monolitico, i tre ci propongono un album accostabile forse al genere Aor, con sonorità decisamente più soft di quelle sinora esplorate.

Forse proprio per questo paradossalmente alcuni fans storici non l’hanno gradito: in effetti il discorso progressivo è stato in parte sacrificato sull’altare della melodicità e dell’eleganza, ma ad un attento ascolto lo si scorge far capolino spesso e volentieri in songs solo apparentemente semplici e dirette.

Al contrario, in realtà alcune accolgono al loro interno stacchi e intermezzi intricati (Mission), o sanciscono un ritorno a tempi dispari (Time Stand Still) e a linee di basso complesse (Turn The Page), e non disdegnano talora un sound malinconico (Open Secrets, Lock And Key).

Insomma, sono sempre i Rush, anche se alle prese con un hard rock sinuoso e raffinato, magari a loro non particolarmente avvezzo. Eppure vanno apprezzati, non solo per l’audacia mostrata nel percorrere strade tanto distanti da quelle battute in precedenza, ma anche e soprattutto perché a mio avviso il risultato è di altissimo spessore.

Esordio con Force Ten, canzone molto carica ma con un ritornello suggestivo; notevole l’assolo di chitarra scandito da un basso rabbioso, e inserti di tastiera che anticipano vagamente il sound dei lavori successivi, Presto e Roll The Bones. Testo che rappresenta la metafora di come si vedrebbe il mondo guardando dall’occhio di un ciclone.

Time Stand Still: brano molto solare, caratterizzato dalla presenza di una guest star, la voce femminile di Aime Mann, la quale pur professandosi non-fan dei Rush ha accettato con entusiasmo la loro richiesta di partecipazione. Testo incentrato sullo scorrere del tempo, e sul desiderio dell’uomo di poterlo fermare: “I bambini diventano grandi, i vecchi amici diventano più vecchi. Cerca di mantenere a lungo questa emozione, cristallizza questo momento… L’esperienza scivola via...”

Open Secrets: traccia intensa, incentrata su un riff di basso, ma con chitarra e tastiere ben presenti; molto bello l’intermezzo, molto introspettivo, anche a livello di liriche: “razionalmente non trovo assoluzione …forse alcune cose sono istintive, ma posso provare a comprenderti e tu puoi provare a comprendermi…”

Second Nature: di questo brano, rilassante ed etereo, non ho mai troppo apprezzato il ritornello; trovo tuttavia che sia molto toccante l’interpretazione di Lee. La sua voce ha ormai un’estensione molto più bassa rispetto al passato, ma è adattissima alle composizioni di questo album, e soprattutto a farne risaltare il coinvolgimento emotivo, reso difatti perfettamente da Geddy.

Prime Mover: una delle rarissime composizioni che, a mio personalissimo avviso, perde qualcosa nell’esecuzione dal vivo, risultando leggermente prolissa; sull’album al contrario è molto vivace. Caratterizzata da una forte presenza di tastiere, trovo particolarmente azzeccato lo stacco elettronico, anche qui grazie soprattutto al cantato di Lee, il quale si sofferma a ricordarci che può succedere qualsiasi cosa.

Lock And Key, brano struggente, tastiere e piano onnipresenti, testo che narra come spesso l’uomo tenga sotto chiave l’istinto, erroneamente pensando così di poter evitare che delle forti emozioni possano sconvolgere il suo fragile equilibrio.

Mission è una canzone di rara intensità, e ringrazio il cielo che mi sia stato concesso di ascoltarla live, in quando eseguita durante il recente concerto di Assago. A volte ci si trova davanti a cose per le quali non si hanno parole da spendere… ed è il caso di Mission, leggiadra e impalpabile, ma allo stesso tempo decisa e trascinante … vale la pena ascoltarla, mille volte più che leggerne una descrizione.

Turn The Page è un brano molto movimentato, caratterizzato come già detto da un complicato giro di basso; ci ammonisce che a volte restiamo ad aspettare che qualcosa accada, mentre al contrario dobbiamo rendere noi stessi artefici del nostro destino.

Chiudono due brani forse non indimenticabili, ma sicuramente suggestivi: Tai Shan ispirata ad un monte della Cina ricco di significato storico e allegorico, e High Water dedicata all’immensità delle acque e al loro scorrere.

Checché ne dicano i nostalgici del progressive-sound dei Rush, Hold Your Fire a conti fatti è forse l’album più lineare, più fruibile e quindi più universale della band di Toronto. Consigliato davvero a tutti… saprà accontentare anche il più esigente degli ascoltatori.

D.D.F. : I Rush, nel 1987 pubblicano l'album HOLD YOUR FIRE.

HOLD YOUR FIRE è il quarto album della terza fase dei Rush, ed anche in questo caso il lavoro segna la fine di un ciclo. Il così detto periodo tastieristico della band sfocia in un lavoro imponente, ricco di effetti elettronici, tastiere (anche in questo caso si ha un'integrazione di Andy Richards), cori (la William Faerey Engineering Brass Band arrangiata e diretta da Andrew Jackman), orchestrazioni (condotte ed arrangiate da Steven Margoshes). Stilisticamente in questo album si osserva una ampio avvicinamento a sonorità pop, mentre scompare definitivamente il reggae bianco. Questa sterzata verso territori più commerciali, più statunitensi, non pare sia stata molto gradita dal pubblico: HOLD YOUR FIRE registra un calo di vendite rispetto ai lavori precedenti.

In effetti l'album, pur contenendo pezzi davvero notevoli, nell'insieme risulta essere meno valido rispetto ai vecchi lavori. Come in POWER WINDOWS la produzione e gli arrangiamenti sono dei Rush e Peter Collins. Le registrazioni vengono effettuate tra il gennaio e l'aprile 1987 ed il missaggio a maggio. Copertina e grafica del solito Syme. Tutte le musiche portano la firma di Alex e Geddy. I testi sono di Neil, salvo Force ten, firmata da Peart e Dubois.

Force ten è stata composta in sole tre ore nell'ultimo giorno di pre-produzione. Forza 10 si riferisce alla scala di potenza data agli uragani. Il brano è deciso, con una bella parte di basso e ottime finiture chitarristiche. Subito divenuto (meritatamente) un nuovo classico. (voto: 8)

Time stand still è stata lanciata come singolo. A caratterizzare l'ottima canzone è soprattutto la parte cantata da Aimee Mann nel ritornello. Si evidenzia comunque una convincente melodia, un armonioso arpeggio, delle percussioni elaborate e una generale delicatezza di fondo. (voto: 7,5)

Una piccolo capolavoro nascosto: Open secrets non ha mai goduto della notorietà che merita. Un ottimo riff, un andamento deciso, ritornello indovinato, assolo stupendo con Alex maestro al braccio del tremolo, arrangiamento curatissimo e contributo della Mann ai cori. (voto: 8)

Second nature è un lento più tipico, strutturato in un bel crescendo arricchito dalla parte orchestrale. Bella la linea melodica. (voto: 7)

Prime mover, in se, ha una melodia da canzonetta, pertanto l'attenzione è stata trasferita nell'arrangiamento. Ed i risultati si vedono! Nel pezzo c'è veramente di tutto ed ogni strumento è in splendida evidenza. (voto: 7)

Lock and key ha una struttura simile a Mission e ne paga il confronto. L'apertura è fin troppo fastosa, e nell'insieme il brano non convince forse perché appunto eccessivamente pretenzioso. La parte strumentale centrale ci fa ricordare le origini hard-rock del gruppo. (voto: 5,5)

Mission è invece un grande classico. Questo brano (che si apprezza meglio in versione live) è molto bello e ricco di atmosfera. Da evidenziare, oltre che lo stupendo e struggente assolo finale di Lifeson, anche la parte centrale strumentale articolata e complessa, ma incredibilmente elegante. E' inutile, sono dei maestri.... (voto: 8)

Turn the page è un pezzo dove si evidenzia una linea di basso eccellente che gioca in alternanza con la tastiera protagonista nel ritornello. Questa versione è però un po' fredda e il brano dimostra il suo effettivo valore nella versione presente su A SHOW OF HANDS. (voto: 7)

Un brano decisamente anomalo, da inserire nella serie di esperimenti con sonorità atipiche che in quasi ogni album, da HOLD YOUR FIRE in poi, trovano spazio nei lavori dei tre. Con questa Tai Shan (il nome di una montagna sacra cinese) si va in oriente, in Cina. Il pezzo è veramente indovinato e, se in A passage to Bangkok l'oriente è solo accennato, qui sembra veramente di essere li, in cima alla montagna sacra.... Una piccola gemma. (voto: 7,5)

High water è costruita su una linea melodica piuttosto elementare cadenzata dalla base ritmica di Neil, ed è uno dei peggiori brani realizzati dai Rush. In alcuni momenti le pennate di chitarra ed il cantato sono piuttosto fastidiosi. (voto: 4,5)