Permanent Waves
Permanent Waves (1980, Mercury)
recensioni a cura di Massimiliano Mirri, Davide Dal Fra e Matteo Colli
M.M. : Il 1° gennaio del 1980 esce il 7° album dei Rush che è anche il 3° della II Fase. Data inusuale per l’uscita di un album. Permanet Waves ha la responsabilità e l’onore di dare un continuum di alto livello ai suoi illustri predecessori, che sono: 2112; A Farewell To King; Hemispheres. Un dato importante è che questi album sono caratterizzati dalla presenza di complesse e lunghe suite. Permanent Waves è un album importante perché è il caposaldo della svolta musicale del combo canadese. Quindi si potrebbe definire il 1° album di una nuova era compositiva. Gli elementi fondamentali di questa svolta sono principalmente due. Primo: i Rush già consacrati, vogliono farsi conoscere maggiormente dal pubblico, per farlo avevano bisogno di brani che potevano essere passati per radio e che fossero più abbordabili. Le suite precedentemente composte, pur essendo degli indiscutibili capolavori, sia per la loro durata che per la complessità strutturale non erano adatte a questo scopo. Anche se per essere precisi l’ultimo brano, Natural Science che poi è quello che ispira il nome definitivo del disco è definibile come una mini-suite composta da tre parti. Negli arrangiamenti quindi più brevi e con sonorità più immediate, viene anche introdotto un uso più corposo delle tastiere. L’effetto è di ammorbidire il loro graffiante hard-rock, ma anche seppur non negativamente di far apparire le canzoni più fredde. Canzoni come The Spirit Of Radio e Freewill sono i due esempi lampanti di questo nuovo corso, volto alla diffusione via etere. Attenzione però, la scelta che i Rush fanno non preclude la complessità tecnica dei brani, che spesso si cela dietro le originali e scorrevoli linee melodiche. Nel passaggio di decade tra gli stili musicali che influenzavano il periodo storico due in particolare hanno contaminato questo lavoro, si tratta del Reggae e della New Wave. Secondo: i testi. Anche qui una svolta radicale che segna il nuovo corso dei Rush. Se in passato le fonti delle liriche erano riferite ad esperienze personali e soprattutto a storie fantastiche, ora le tematiche svoltano verso temi attuali, concettuali e sui valori della vita, anche se originariamente un testo di Peart poi scartato (quello del cavaliere verde) era ancora con tematica fantastica. Breve analisi della copertina dell’album. Neil Peart spiega che la donna sulla copertura rappresenta la reale l’imperturbabilità dell’umanità di fronte al caos. Il giornale che è pubblicato sulla copertura dell'album è l'edizione quotidiana del Chicago Tribune da 1948 che andò in stampa preannunciando il risultato delle elezioni tra Truman di Dewey, per divenire presidente degli Stati Uniti . Questa copertina fu subito censurata negli US (anche la mia che sono italiano è censurata) perché il giornale Herald Tribune non ha dato il permesso di pubblicarla. Nelle case a destra della ragazza sui cartelli stradali sono presenti i nomi del trio canadese. Inoltre vi sono parecchie allusioni visive al titolo dell'album
- nei precedenti è un'onda di acqua di cui il movimento è congelato dall'immagine, cioè, un'onda permanente
- un uomo 'che fluttua 'alla ragazza nella priorità alta
- la ragazza ha un'onda permanente nei suoi capelli mentre il suo vestito sta fluttuando nel vento.
- allusione è l'immagine di Truman che fluttua il giornale famoso.
- allusione 'dell'onda 'può essere trovata la linea rossa che funziona con il nome della fascia rappresenta la linea di un battito cardiaco umano normale.
Ma veniamo alle sei canzoni che danno corpo a PW
The Spirit Of Radio – Titolo dello slogan di una radio locale Toronto radio station CFNY. Questa canzone è un inno contro la mercificazione commerciale e piatta delle emittenti radiofoniche. Con la speranza che il dono inestimabile rimanga sano, integro ed onesto, e che la musica sia libera. Inizia la chitarra con un riff lineare, energico e gioioso, poi l’entrata in contemporanea di basso e batteria danno vita ad un intro obbligato dove subito i tre ci ricordano che tecnicamente sanno il fatto loro. La canzone pur essendo articolata in diverse parti, di cui ha un valore aggiunto nella parte finale il cambio reggae con gli applausi in sottofondo, sarà bella vederla live con la partecipazione vera del pubblico. Una canzone scorrevolissima dove il tasso tecnico è ben presente, definibile come “gioiosa” ingenua forse, ma questo è il modo per trasmettere il messaggio che vuole dare.
Freewill – Libero arbitrio tradotto letteralmente. In sostanza sta ad ogni individuo fare le scelte per la propria vita. E non essere vittime del destino incombente. La canzone ha un tempo camminato nelle strofe che si dimezza poi nel ritornello e poi nel mezzo che è la parte più strumentalmente più interessante, un tempo terzinato accompagna l’assolo, per poi tornare con una effetto rallentato al tempo dimezzato del ritornello.
Jacob’s Ladder – La canzone si riferisce ad un fenomeno atmosferico dove grandi nubi scure minacciano dal cielo. Ma esse stesse si apriranno al centro, da dove i raggi del sole che ne usciranno saranno una scala verso il paradiso. Testo mistico. Dopo un giro di basso, il rullante di Neil definisce una marcia, ingraziosita da una chitarra eterea. La chitarra stessa cambia e dall’arpeggio passa a delle pennate chiuse, l’atmosfera cambia, c’è più tensione e il cantato si muove circospetto sulla base sonora. Poi una fase di scambio, il cantato termina e intanto il brano si apre prendendo la sua forma principale che è prettamente strumentale. Triade formata da accordi in minore, tempi dispari e tastiera che qui ha un ruolo cardine. Il solo di Lifeson si adagia sul tempo prediligendo la melodia ad un assolo velocistico che forse ci poteva stare in opzione. Poi il riff in disparo molto distorto e ripetuto da l’idea delle nubi nere e minacciose con le loro cariche elettriche. Rimane solo la tastiera che prepara all’apertura del cielo come se arrivassero i primi raggi confermato dalla strofa eterea che pronuncia Geddy. La canzone torna in maggiore, arpeggio di chitarra in disparo verso un crescendo quasi ipnotico, che ci fa immaginare la scala che sale al cielo. La strofa finale conclude e sentiamo profonda energia trapassare il nostro corpo.
Entre Nous – Tra di noi. I Rush sono canadesi, nazione ufficialmente bilingue e questa è la seconda canzone dove usano il francese anche solo nel titolo, l’altra è Circumstances. Canzone dedicata ai rapporti tra persone dove si cerca di mantenerlo sano e di preservarlo dalle crisi che possono capitare. L’intro che ha un aspetto solenne non ci fa percepire quale sarà la velocità della canzone perché l’arpeggio di chitarra riesce a mantenere una certa sospensione e supportata da un sintetizzatore che fa un tappeto tensionale in crescendo. Tutto si schiara all’attacco della strofa che ha lo stesso tempo dell’intro ma ben cadenzato. Chitarra e batteria il levare potrebbero dare una origine ad una familiarità sia con il reggae o lo ska ma anche con la discomusic, ma la velocità del tempo è mediana rispetto a quella dei duegeneri citati e mantiene una sua caratterialità comunque gioiosa. Il ritornello vale tutta la canzone, molto articolato con battute da 4/4 4/4 4/4 3/4 4/4 parte a tempo dimezzato ed alla metà torna come prima donandogli più intensità. La seconda strofa è tutta a tempo dimezzato e la melodia del cantato si adagia su essa, dopo il ritornello uno stacco con crescendo e poi spazio alla parte strumentale dove prima chitarra e poi tastiera si alternano in degli pseudo assoli, più parti melodiche, forse questa è la parte un po’ più debole della canzone.
Different Strings – Unica ballata presente sull’album, unica canzone in tempo completamente pari., questa canzone ci parla di un drago quindi del male, di un mistero da scoprire, e d i qualcosa che si è perso. Ma trovo un’attinenza con il legame affettivo di Entre Nous dove cita un momento in cui le cose per due persone vanno all’unisono. Musicalmente le ballate dei Rush sono sempre state particolari, comunque questa canzone insieme ad Entre Nous sono le prove musicali meno memorabili. Questa canzone riesce tranquillamente a far scivolare l’attenzione dell’ascoltatore verso altri pensieri, come è giusto che sia. Una particolarità, il piano è suonato da Huge Syme.
Natural Science - veniamo all’ultimo brano di questo album, altro capolavoro che è una mini-suite composta di tre parti che sono: I. Tide Pools, II. Hyperspace,III. Permanent Waves. Il Testo è guidato dai concetti della scienza naturale, esaminanti i temi di sviluppo, la genetica e la civilizzazione, così come la responsabilità dell'uomo alle arti ed alle scienze. Acqua limpida e gabbiani aprono questo brano e subito appare una chitarra suonata con delle lente pennate del buon Lifeson, che sembrano essere una zattera sola nell’oceano e su di esse un mistico Lee canta la prima parte di Tide Pools. La sensazione è di serietà ma anche di rilassatezza. Come finisce di cantare parte un arpeggio con la chitarra elettrica che ci desta dall’ascolto rilassato. La tensione sale, l’ascoltatore è obbligato a (pro)seguire l’ascolto. Quattro giri di rff e all’unisono partono voce, basso e batteria dando forte e morbida scarica di energia. Merito del tempo sostenuto ma terzinato (12/8). Troppo tardi per tornare indietro! Ormai la canzone è esplosa e ne siamo avvolti. E’ la volta di Hyperspace, cambio netto di atmosfera che fa salire la tensione con un claustrofobico riff di chitarra che sembra avvolgersi su se stesso senza fine in con tempo in 7/8. Su questa parte si adagia una volutamente algida voce di Lee accompagnata da misteriose ed echeggianti voci di sottofondo. L’attenzione è massima. Un magistrale fill di Peart suonato senza gli altri strumenti sotto, ci annuncia un cambiamento. Si apre il pezzo con accordi maggiori e tempo in 4/4 che suonano la melodia del tema, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Il tempo del tema sapientemente dimezzato ci accompagna di nuovo al riff ossessivo che viene enfatizzato da una batteria molto più incisiva della precedente con precisi accenti, segue la ripetizione del tema con questa volta una bell’assolo di Lifeson molto melodico. L’ultima parte riprende con un cantato su un bel tempo terzinato sincopato. Un breve stacco e ci ritroviamo nella terza ed ultima parte quella di Permanent Waves. Un tempo camminato e quadrato si alterna a tempi terzinati, segue un breve solo di Lifeson più veloce, ma meno ispirato. Segue l’ultima strofa cantata, Questa terza fase è quella più solare tra le tre anche sei giri di coda hanno un aspetto serio, come ricordarci di rispettare qualcosa. La suite finisce sfumando nei flutti oceanici.
Conclusioni: Molto semplice, questo è un album che nonostante i suoi 35 minuti, sforna pezzi memorabili, un amante della musica sarebbe un bugiardo a negare la sostanza di questo album. Essendo questa una recensione postuma, dico immancabile sul proprio scaffale, per l’importanza che ha nella storia dei Rush.
D.F.D. : I Rush, nel 1980 pubblicano l'album PERMANENT WAVES.
Il gruppo continua a realizzare capolavori dopo capolavori con una disarmante naturalezza.
PERMANENT WAVES vede la definitiva consacrazione del successo commerciale del trio: l'album raggiunge infatti il 4° posto negli USA e il 3° in Inghilterra. I tre ricevono i primi riconoscimenti nelle riviste specializzate. Da un punto di vista musicale il nuovo lavoro vede un ridimensionamento dell'influsso progressive nei brani (che è comunque sempre presente) e un ritorno ad un rock più classico. La qualità delle registrazioni (settembre-novembre 1979) raggiungono livelli molto elevati. Le musiche sono di Lifeson & Lee ed i testi di Peart, tranne in Different strings con testi di Geddy Lee. Tra le note di copertina bisogna segnalare l'inizio dei rapporti tra i Rush e la NASA. Come nei lavori precedenti produzione e arrangiamenti sono di Rush & Terry Brown. Nella copertina (H. Syme) è da notare che le tre insegne sullo sfondo a destra della ragazza recano le scritte Lee, Lifeson , Peart. Il titolo dell'album (oltre che riprendere, naturalmente, un capitolo di Natural science) fa riferimento alla allora dilagante new-wave: i Rush preferiscono la musica che più che una “Onda Nuova” è definibile come una “Onda Permanente”, ovvero il classico Rock!
The spirit of radio rimane uno dei principali classici nel repertorio del gruppo. Tecnicamente eccelsa, con melodia accattivante, ritmo trascinante, con momenti di finto effetto live, apertura da brivido, straordinario assolo con wah-wah, e, sul finire, una rivisitazione del testo di “The sound of silence”. Eccezionale apertura dell'LP. (voto: 8)
Freewill rappresenta un nuovo episodio in perfetto stile Rush. Una volta memorizzato, è difficile resistere senza canticchiarne il ritornello. Notevole la parte strumentale centrale, con un Geddy scatenato e Alex impegnato in un assolo confuso e veloce, con magistrale rientro nel tema principale della canzone e strofa cantata “di testa” dal solito incontenibile Lee. (voto: 7,5)
Jacob's ladder è un ambizioso brano di oltre sette minuti in larga parte strumentale contenente tre momenti cantati o parlati con voce effettizzata. Molto vario e forse per questo un po' difficile, racchiude momenti veramente intensi. (voto: 8)
Entre nous è senz'altro un pezzo minore, però ben fatto, ritmato ed orecchiabile. (voto: 7)
Different strings vede ancora una volta Hugh Syme al piano. Si tratta di un lento stupendo, intenso, sostanzialmente perfetto e concluso da un breve assolo di chitarra. (voto: 8)
Natural science è un pezzo di oltre nove minuti di durata, suddiviso in tre parti: l'iniziale ed acustica tide pools è molto suggestiva e si conclude con un irresistibile ritornello (uno dei più belli composti dai tre). Hyperspace è decisamente rock, nervosa. Contiene un assolo davvero notevole e sul finire riprende nuovamente il primo ritornello. La conclusiva permanent waves è ritmata alla maniera dei Rush e ripropone nel finale ancora il ritornello, questa volta in versione modificata. L'ennesima dimostrazione della gran classe dei canadesi. (voto: 8)
M.C. Permanent Waves, un album passato alla storia come il primo platter del trio a raggiungere posizioni di vertice nelle classifiche statunitensi grazie alla hit "The Spirit Of Radio", pezzo che si rivelò in realtà soltanto un preludio ad una manciata di brani di caratura notevole. Avere successo con un disco rock progressivo nel periodo dell’ascesa New Wave era davvero impresa ardua, ma i nostri canadesi già con i due album precedenti (A Farewell To Kings e Hemispheres) avevano dimostrato di saper abbattere questo tabù in maniera inedita ed originale. Infatti senz’altro questo Permanent Waves continua il discorso progressivo, ma ciò che realmente stupisce è il fatto il trio dimostra ancora una volta di sapere evolvere il proprio sound facendo a meno di qualche sfuriata hard, sempre presente e talvolta preponderante in precedenza, implementando l’aspetto melodico. Gli aspetti più eclatanti del rinnovo artistico in atto sono individuabili nel quasi abbandono della forma canzone “suite”, qua presente solo in Natural Science, l’utilizzo sempre più massiccio di sintetizzatori e l’assestamento della voce di Geddy in registri meno acuti a favore di una migliore espressività.
- "The Spirit Of Radio": ok, andando al di là del successo commerciale penso che questo pezzo sia l'icona del rush pensiero, ovvero l'abbinamento tra espressioni tipicamente progressive e melodie affascinanti ed in particolar modo accessibili. Questo brano moltiplica questi due fattori notevolmente ottenendo una hit di grande successo, ottimo inizio. Peart in questo brano riflette sulle contraddizioni tra l’ “integrità” artistica di chi fa musica ed il business generato dall’industria musicale. Brano dal devastante impatto live .
- "Freewill": vero e proprio anthem al libero arbitrio. Ora la componente prog prende il sopravvento, ma la formula non si discosta molto da quella del precedente brano. A questo punto è chiaro che i Rush stanno creando un qualcosa di nuovo, timidamente in linea con le nuove tendenze new wave dinizio '80. Di particolare rilievo il crescendo strumentale metà brano dove Neil e Geddy danno una delle loro più celebri prove di affiatamento ritmico, semplicemente clamoroso.
- "Jacob's Ladder": epico brano genuinamente progressive, la voce di Geddy si abbassa notevolmente di registro crescendo in calore ed interpetazione, la ritmica è un continuo evolversi verso differenti soluzioni ma rimaniamo sempre su tempi "lenti" fino agli ultimi due minuti più movimentati, le tastiere iniziano a duettare con la chitarra di Alex elevandosi rispetto al passato ruolo di "riempimento". Le sonorità del brano sono più che mai cupe e creano un evidente contrasto con la parte centrale tastieristica del brano davvero evocativa e sognante. I toni di questo pezzo accompagnano con grande efficacia le suggestioni visionarie di Peart riguardanti l’effetto dei fasci di luce attraverso i banchi di nuvole, la celebre scala di Gacobbe. Questo brano gode di un'omogeneità disarmante nonostante la variegatezza ritmica che armonica
- "Entre Nous": pezzo meno impegnativo del precedente e più breve, per questo da molti considerato il più debole del disco. Alex si diverte come non mai ad alternare parti arpeggiate di grande respiro con la sua 12-corde acustica con riff dalla ritmica brillante. La parte centrale melodica di synth sotto l’accompagnamento chitarristico di Alex è l'emblema di ciò che il futuro musicale prossimo dei Rush. I testi trattano in maniera poetica il tema delle relazioni sentimentali tra due persone facendo emergere l’importanza di mantenere inalterati i reciprochi spazi e differenze.
- "Different Strings": ed anche questa volta arriviamo alla "ballad" del disco. Atmosfere decisamente malinconiche, la voce di Geddy si mantiene su registri bassissimi rispetto al passato, interpretazione più che mai commovente. L'inserimento di un pianoforte crea i presupposti perché il brano colga il suo obbiettivo ma i Rush rimangono abili a creare questo patos anche in veste di terzetto nudo e crudo, il finale ne è la dimostrazione. In questo frangente di particolare rilievo l’assolo di Lifeson, prova di gran gusto alla quale il chitarrista ci ha ormai piacevolmente abituati.
- "Natural Science": finalmente arriva la suite conclusiva dell'album. Composta in tre movimenti la suite tratta il tema attualissimo del corretto utilizzo della scienza, quali sono i suoi limiti? Fino a che punto è davvero d’aiuto per l’uomo e non mezzo di alienazione? Una delle liriche più ispirate di sempre. Tornando all’aspetto musicale Natural Science per certi versi all’ascoltatore risulta quasi la naturale continuazione del discorso intrapreso con Jacob's Ladder: cambi di tempo a iosa, Geddy e Neil imbastiscono ritmiche vivaci, immediate ma allo stesso tempo decisamente complesse sulla quale base Alex regge, stavolta senza un ausilio tangibile delle tastiere, egregiamente il passo dei suoi compagni confermando le sue capacità ritmiche, un artista davvero completo. I due assoli rimangono qualcosa di immenso non solo per tecnica ma anche per gusto ed adeguatezza... davvero due perle.
In definitiva un album che fa da ponte verso la nuova visione del progressive secondo i Rush. Un ponte verso una nuova svolta stilistica quindi, dalle fondamenta evidentemente radicate nelle esperienze degli album passati ma che brilla tranquillamente di una luce propria ed inedita... Può essere senza ombra di dubbio considerato uno dei punti più alti della carriera del trio, il classico album che ognuno dovrebbe aver ascoltato almeno una volta.