Presto

Presto (1989, Atlantic)

recensione a cura di Luca Nappo e Davide Dal Fra

L.N. : Domanda: Presto è l'album più debole dei Rush o è un capolavoro sottovalutato?

Forse nessuna delle due affermazioni corrisponde alla realtà.

Certo è che quest’album, uscito nel 1989, ha diviso e continua a dividere le opinioni sia dei critici musicali sia i fans del trio canadese. La fase tecnologica iniziata con "signals" nel 1982 aveva raggiunto il suo apice con il tour a supporto di "hold your fire" immortalato poi nel disco-video di " a show of hands". Più in là dove erano arrivati i Rush era difficile immaginare che la band procedesse e quindi un ritorno, se pur progressivo, alle sonorità hard rock era inevitabile.

Ma poi nei fatti come si può giudicare il risultato finale?

Presto è una parola che in inglese ha un doppio significato, uno analogo a quello italiano e uno legato alla parola magica che si pronuncia per far riuscire un gioco di prestigio.

La magia quindi, ma anche il sogno e l'illusione sono i temi principali dei testi di Neil Peart (che usava nel Presto tour una batteria di color porpora, colore considerato magico) e ancora una volta sono riuscitissimi mettendo tutti d'accordo, almeno da questo punto di vista.

Musicalmente, invece, è innegabile che l'album sia controverso.

L’album inizia con "Show Don't Tell" ed è la sintesi dei nuovi Rush: sound della fase precedente mescolato ad umori hard rock ritornati, in realtà mai sopiti, ma evoluti nel suono sintetico della III fase. Il brano è bellissimo e sarà presente nei successivi tour del trio. Potente e riuscito anche il secondo brano "Chain Lightning"con alternarsi di tastiere e chitarra così come "The Pass", il brano preferito da Geddy Lee, tanto delicato nelle sonorità quanto impreziosito da un testo sublime incentrato sul suicidio adolescenziale. Con "War Paint" non mi ha mai esaltato molto: un brano un po’ anonimo con un ritornello finale non proprio usuale per la band mentre "Scars" è un pezzo da molti considerato addirittura il peggiore dei Rush ma secondo me da rivalutare caratterizzato dal lavoro ritmico di Peart influenzato dai suoi viaggi in Africa. "Presto", la title track, rappresenta una gemma del disco. E’ uno dei brani più belli del trio canadese negli ultimi album con quell'intreccio di chitarre acustiche ed elettriche ricorda il capolavoro "closer to the heart". "Superconductor" è, secondo me, non perfettamente riuscita: scelto come singolo in realtà non convince molto sopratutto per il ripetitivo ritornello banale che è ripetuto fino alla noia. Con "Anagram" sottotitolato "for Mongo", con riferimento alla scena nel film di Mel Brooks "Mezzogiorno e mezzo di fuoco" dove lo sceriffo negro dice "Dolcegramma for Mongo", si ritorna alle atmosfere di " the pass" anche se un gradino inferiore.

"Red Tide" sembra uscita dalle session di qualche album della III fase: è cioè un brano con un sound legato maggiormente al passato e nel complesso un ottimo pezzo che tratta del problema dell'inquinamento mondiale e su come Madre Natura può ribellarsi. "Hand Over Fist" è un buon pezzo che vede gran protagonista il lavoro chitarristico d’Alex Lifeson e allude al gioco di carta/sasso/forbici tradotto in conoscienza-creazione/distruzione-forza e ricalca nel sound le caratteristiche del resto del lavoro.

L'album si chiude con "Available Light", la seconda gemma assoluta del disco con un incedere malinconico e quasi blues che parla della vita vissuta in modo naturale senza essere coinvolti in fatti che portano illusioni o alterazioni della realtà.Un piccolo gioiello.

L'ascolto dell'album quindi ci offre un opera sicuramente controversa con due difetti principali: l'uso di ritornelli spesso banali in alcuni brani mai usati in precedenza dai Rush che alla fine li rende stucchevoli e la produzione forse troppo diretta ed essenziale con arrangiamenti che rendono il tutto un pò piatto. Dall'altro però abbiamo alcuni brani che sono bellissimi e gemme da rivalutare. Chi è legato al gruppo di Toronto sa che ogni album è fondamentale per capirne l'evoluzione e questo lavoro, tornando alla domanda iniziale, non è né un disco debole né un capolavoro assoluto come “moving pictures “ o “2112” per intenderci, e non è da consigliare a chi si avvicina per la prima volta a questa band ma si tratta di un album da scoprire e riscoprire nel tempo come un altro tassello importante nella storia di questo gruppo.

Si tratta semplicemente un album dei Rush quindi gran musica, grandi musicisti e sopratutte grandi emozioni, il resto non conta.

D.D.F. : I Rush, nel 1989 pubblicano l'album PRESTO.

L'ultimo lavoro degli anni ottanta, PRESTO, inaugura l'ennesima sterzata stilistica: i tre musicisti decidono di riapprodare in ambito più tipicamente rock, con molta chitarra e con un impiego più garbato di percussioni elettroniche e tastiere. Non si può certo parlare di hard-rock, dato che è sempre presente una matrice pop nei brani. A livello compositivo vengono anche sperimentate soluzioni inedite: in molti pezzi la struttura del ritornello risponde a un preciso, nuovo, modello; ma gli esiti, per la verità, non sono sempre convincenti. Inoltre bisogna evidenziare la continua ricerca di sonorità alternative che i tre propongono costantemente; e, se nel III periodo i più frequenti rinvii stilistici rimandavano al reggae, nel IV si orientano verso sonorità funky. PRESTO è comunque uno degli album meno apprezzati dai fans, per la produzione un po' piatta, e per la qualità dei brani non sempre considerata all'altezza in tutti gli episodi. In effetti si riscontrano luci ed ombre, ma, nel complesso, la prova è sicuramente positiva. L'album, che ha come tematica generale la magia, il sogno, l'illusione, è prodotto ed arrangiato dai Rush e da Rupert Hine. Le registrazioni ed il mixaggio avvengono tra il giugno ed il settembre dell'89. Tutte le composizioni portano la firma di Lee e Lifeson (musiche) e Peart (testi), e questo disco è il primo ad esser realizzato per la etichetta Atlantic, nonché l'ultimo ad uscire anche in vinile. Sia Rupert Hine che Jason Sniderman forniscono un contributo alla tastiera, e Hine partecipa anche ai cori. Come sempre, copertina e grafica sono curate da Hugh Syme. Offerto dalla lettera “D.”

Show don't tell è un energico brano che subito definisce le coordinate dei nuovi Rush. Bello ed elaborato il riff, linea melodica azzeccata, ritornello costruito con la succitata struttura, in questo caso con esiti favorevoli. Molto bella la parte centrale strumentale con le evoluzioni di basso ben in evidenza. (voto: 8)

L'ottima Chain lightning include un assolo meraviglioso di Alex, arricchito dalle percussioni di Neil. Ritornello melodico e pacato, ben miscelato con i momenti più potenti. Il “that's nice” finale è pronunciato da Alex. (voto: 7,5)

Uno dei pezzi preferiti di Lee, The pass, parla di suicidio adolescenziale. In effetti la canzone è molto bella e ricca di drammaticità, soprattutto nel ritornello. Geddy canta benissimo, ed i dettagli nell'arrangiamento sono particolarmente curati. Bella davvero. (voto: 8)

War paint ha una linea melodica simile a Prime mover. Il lungo finale in sfumare qui proposto, decisamente pop, è abbastanza anomalo per i Rush. Ancora un ottimo assolo di chitarra ed una buona prova nel suo insieme. (voto: 7)

Scars è da alcuni considerata la peggior composizione del trio.... ma come!? Le percussioni di Neil odorano di savana, ed il brano ha una atmosfera d'attesa, di stallo, tutta sua. La struttura del brano è semplice, ed il ritornello si alterna benissimo alla strofa. (voto: 8)

Presto è una parola magica, come “abracadabra”. La strofa con chitarra ritmica protagonista (come non si sentiva da anni!) è molto bella; meno riuscito invece il ritornello, soprattutto perché proposto sempre senza nessuna variante. Si inserisce perfettamente invece la parte “elettrica”, leggermente dura. (voto: 6,5)

Ancora una canzone costruita attorno al nuovo modo di concepire i ritornelli, Superconductor è un energico brano, con una ritmica piuttosto complessa. Una buona prova, che alla fine è, appunto, semplice “entertainment”... (voto: 7)

Anagram (for Mongo) è una canzoncina tranquilla tranquilla, che ha ragione di esistere in funzione delle varie assonanze, anagrammi, giochi di parole presenti nel testo. Il sottotitolo fa riferimento al film “Mezzogiorno e mezzo di fuoco” di Mel Brooks, dove si vede la scritta “Candygram for Mongo”. (voto: 6)

Red tide è un buon brano, e la parte finale del pezzo è particolarmente bella, con i suoi eleganti passaggi di batteria. Si inseriscono invece meno bene, in alcuni punti, le potenti tastiere. (voto: 7)

Ecco una incursione in territori funky. Hand over fist è un brano con momenti molto interessanti e suoni inediti, che lascia purtroppo un senso di incompletezza, di una canzone non sviluppata come potrebbe e dovrebbe, soprattutto nella parte finale un po' piatta e ripetitiva. Una occasione sprecata. (voto: 6,5)

Available light ha una grande carica emotiva, sottolineata dal piano elettrico della strofa, che sfocia nel bellissimo ritornello corale, un po' atipico (e che rinvia piuttosto a modelli di hard-rock epico), ricco di belle parti di batteria. Altra ottima prova vocale di Geddy. (voto: 8)