Clockwork Angels Tour

CLOCKWORK ANGELS TOUR

a cura di Davide Dal Frà

Nel 2013 i Rush pubblicano l'album CLOCKWORK ANGELS TOUR.

Ordinaria amministrazione: come sempre a complemento dello studio album più recente ecco arrivare l'ormai

scontatissimo live che propone lo show integrale, più qualche extra. Questa volta rispetto ai numerosi predecessori

forse un qualche motivo a sostegno di questa pubblicazione si può trovare: per la prima volta nella loro storia

infatti i tre di Toronto condividono il palco con altri strumentisti. Buona parte dei brani è infatti supportata da un

gruppo di 8 archi denominati “Clockwork Angels String Ensemble” che arricchiscono e rinnovano i pezzi. Le

registrazioni derivano dalla data del 28 novembre 2012 di Dallas, gli extra (The Pass, Manhattan Project,

Middletown Dreams ed il soundcheck di Limelight) in quella di Phoenix di tre giorni prima.

Come sempre la pubblicazione è stata realizzata, con maggior cura e risultati più apprezzabili, anche in versione

video. Lo show presenta alcune particolarità che lo rendono caratteristico rispetto gli standard del gruppo: in

primo luogo, come già accennato, la seconda metà dello spettacolo vede la presenza di musicisti aggiuntivi sul

palcoscenico (sei violini e due violoncelli); in secondo luogo, la scaletta è concentrata sull'ultimo studio album e sul

materiale anni ottanta; in fine l'assolo di batteria di Neil non è presentato come un singolo brano, ma viene

spezzato in tre momenti in vari punti dello show. I Rush si appoggiano ai soliti collaboratori per confezionare il

prodotto, in particolare la grafica è come sempre di Hugh Syme.

Lo show in quanto tale vede una band motivata e fresca, una scaletta davvero godibile ed impreziosita da pezzi

come Grand Design o The Body Electric, Middletown Dream o The Pass, Bravado o Territories, quindi di

primissima scelta ed in qualche modo “strani”. Va detto invece che la potenza vocale di Geddy comincia a dare

importanti segni di cedimento, e il bassista fatica non poco in vari pezzi, ma riesce a convincere ancora....

L'apporto fornito dalla “Clockwork Angels String Ensemble” mi lascia invece parzialmente soddisfatto e a tratti

perplesso: sono di base diffidente rispetto le operazioni di trasposizione orchestrale della musica rock, nel caso

specifico il gruppo ha il buon gusto di fare un’operazione equilibrata e non tronfia, goffa ed autocelebrativa come

si è visto in molti altri casi... in ogni modo sia l'apporto degli archi rivitalizza alcuni pezzi (Red Sector A, ma

soprattutto Dreamline) mentre mi sembra un orpello non necessario nella maggior parte dei casi. Come esperimento

può andare, ma non va più ripetuto! Eccelsi tutti i brani tratti dall'ultimo album, le meno convincenti sono The

Anarchist e Carnies. Gli assoli di batteria, collocati in un paio di casi all'interno di brani, ricordano in questo modo

quelli eseguiti fino alla metà degli anni ottanta, nel restante presentato come un brano autonomo (The Percussor,

suddiviso in Binary love theme e Steambanger's ball). Rimango stupito di fronte alla presenza dello strumentale

Where's My Thing? (che veicola appunto uno degli assoli di batteria), il peggior strumentale dei Rush, clone

infelice di YYZ, possibile non ci fosse un altro strumentale da proporre!? Come di consueto un piccolo strumentale

inedito di Lifeson fa da introduzione ad un pezzo: Peek's Repose per Halo Effect. Poco spazio invece ai classici

più classici: decisione saggia. Nel complesso un album buono, ma un album come i tanti live della quinta fase:

difficilmente finirà dentro il lettore dopo i primi ascolti.