A Farewell To Kings


A Farewell to Kings (1977, Mercury)

recensioni a cura di Andrea Bertana e Davide Dal Fra

A.B. : Farewell to Kings esce nel 1977.

Prodotto in collaborazione con Terry Brown viene considerato il primo album della fase prog del magico trio.

Messa parzialmente da parte la carica rock degli esordi, che traspariva ancora nel precedente live All the world's a Stage, i Rush si lasciano andare a trame musicali più intricate e iniziano ad utilizzare, per completare il loro sound,i sintetizzatori. L'arduo compito è lasciato nelle mani ( anzi spesso e volentieri ai piedi!) di Geddy Lee che sembra non porre limite alle sue capacità di indipendenza ,al pari di un batterista che tiene tempi diversi con i vari arti, destreggiandosi tra tastiere, pedaliere, basso e voce.

L'insieme funziona e la band riesce a potenziare le fasi più soft e spiccatamente prog che già facevano capolino nell'ultimo lavor in studio: 2112.

Il platter si apre con un intro di chitarra acustica che lancia la title track Farewell to Kings un pezzo complicato e di pregevole fattura con una parte centrale dedicata a un solo devastante. Dopo questo pezzo i Rush prendono distanza dalla loro precedente produzione con una mini suite: Xanadu.

I synth tessono trame sognanti sulla chitarra di Lifeson che "gioca" con il volume mentre le campane e le percussioni di Peart ci conducono per mano in quello che sarà un dei classici della band. Ritmiche intricate, scale che diresti eterne, una parte centrale dove Lifeson da il meglio di se e un finale potente alla mercè delle chitarre! tanto che, per rendere il pezzo il più fedele alla versione in studio, in sede live Lee suonerà uno strumento a due manici (con un basso e una chitarra..) per sottolineare questa parte squisitamente rock con la sei corde.

Si prende fiato con Closer to the Heart. I tre di Toronto cercano uno spiraglio per le classifiche confezionando questo gioiellino dalla musicalità e cantabilità senza eguali.. senza tralasciare di mettere in mostra le loro ormai consolidate capacità tecniche.

Segue Cinderella Man, track che non ha mai riscosso grandi favori in sede live ma che ha dalla sua un esecuzione incredibile. Nella parte dedicata all'assolo Geddy accompagna Lifeson con delle linee che lo avvicinano a Jaco Pastorius! fenomenale! da aggiungere anche che il testo è l'unico a non essere confezionato dalla magica penna di Peart ma da Lee.

Madrigal, il pezzo successivo, è una ballad di incredibile bellezza.. dolce.. con quei suoni di synth delicati. Forse l'episodio più debole del platter ma comunque una gran bella canzone.

La chiusura è destinata a Cygnus X1. Il professore pensa in grande e lascia su questa track le liriche della sola prima parte di un'opera in musica che si concluderà nella suite Hemispheres dell'album successivo.

Campane, rombi di motori e voci elettroniche ci trasportano tra gli echi dell'universo esplorato dalla navicella Roncinante.

Pezzo tecnicamente incredibile. Trascinante. La chiusura, che sottolinea la caduta della navicella nel buco nero, è incredibile.. sembra di venir risucchiati da un vortice! la voce di Lee sottolinea il tutto raggiungendo registri altissimi.

Un lavoro seminale. I Rush prendono le misure per i loro capolavori successivi.

D.F.D. : I Rush, nel 1977 pubblicano l'album A FAREWELL TO KINGS.

Oramai i Rush hanno preso il volo: Conclusa la prima fase con il live ALL THE WORLD'S A STAGE, i tre musicisti danno inizio al periodo che più ha lasciato il segno nell'immaginario del pubblico nel panorama rock, quando si pensa al complesso Rush. La seconda fase inizia proprio nel 77 con A FAREWELL TO KINGS; le musiche si fanno più complesse, gli arrangiamenti molto curati, le tastiere diventano una presenza costante nei pezzi, ma anche le ricchissime percussioni (xilofono, gong, crotali, campane....) ed il bass-pedal.

Il genere si allontana dal tradizionale hard-rock e si avvicina di molto al rock-progressivo (qui interpretato in chiave dura rispetto ai modelli inglesi), ma si distingue costantemente ed in maniera netta il caratteristico tocco della band. In assoluto questo album rappresenta uno degli episodi più felici di tutta la carriera dei tre.

Le registrazioni del disco (giugno 1977) si effettuano per la prima volta in Europa (da questo momento il trio si impegna alla conquista del mercato europeo, inglese soprattutto). A FAREWELL TO KINGS è prodotto da Rush e T. Brown, la bella copertina e la grafica sono di H. Syme.

I brani presenti nell'album sono perfettamente simmetrici: due brani rock, due lenti brevi, due pezzi lunghi ed intricati. L'album è dedicato alle mogli dei tre musicisti: Nancy (Lee), Charlene (Lifeson), Jacqueline (Peart). Nelle note di copertina merita una menzione il ringraziamento della band a Dirk, Lerxt & Pratt che sono in realtà i soprannomi che rispettivamente hanno Geddy, Alex e Neil.

A farewell to kings (musiche Lee, Lifeson, Peart – testi Peart) apre l'album con una deliziosa introduzione acustica, segue poi il brano molto ritmato e ben realizzato. L'assolo centrale è un disordinato ma affascinante stacco rispetto alla melodia del brano, che viene poi ripresa nella parte finale. (voto: 7,5)

Xanadu (musiche di Lee & Lifeson, testi di Peart) lo considero forse il più bel brano in assoluto dei Rush, e già questo potrebbe bastare. Il pezzo è tratto dalla poesia Kubla Khan di S. T. Coleridge del 1816. L'intro strumentale crea una intensa atmosfera di sogno, segue la potente ed elaborata parte rock che porta alla strofa vera e propria, seguita dal bellissimo ritornello. Di nuovo strofa e ritornello e grandioso finale strumentale. Con i suoi monumentali 11 minuti la canzone non ha pietà verso l'indifeso ascoltatore! (voto: 8)

Closer to the heart (musiche Lee e Lifeson, testi Peart e Talbot) è uno degli immortali classici del trio. Molto orecchiabile e semplice (ha il potere di rimaner impressa nella mente), è strutturata in un tradizionale crescendo. La versione da studio è un po' fredda e paga il confronto con le numerose versioni live. (voto: 7)

Cinderella man (musiche Lee, Lifeson – testi Lee) è un ottimo brano con strofa alternata tra momento acustico ed elettrico, ritornello estremamente orecchiabile, assolo che strizza l'occhio al jazz. Un classico mancato! (voto: 8)

Madrigal (musiche Lee e Lifeson, testi Peart) è l'episodio meno intenso dell'album. Il brano è semplice e piuttosto breve, senza particolarità. Lascia qualche perplessità l'acuta sonorità scelta per la tastiera. Non è comunque un lento da buttare. (voto: 6,5)

Cygnus X-1 (musiche Lee, Lifeson, Peart – testi Peart). Siamo di fronte ad un episodio estremamente intricato (a cominciare dal titolo, che nella forma completa è Cygnus X-1 Book one – The voyage) e non certo immediato, ma grandioso, di gran classe. Questo brano avrà un seguito nell'album HEMISPHERES. Il pezzo è suddiviso in quattro parti: Prologue, I, II e III. Come già fatto in precedenza, prologue, che si apre con una voce narrante molto effettizzata, offre una sintesi delle melodie presenti nei momenti successivi, con notevoli cambi di tempo ed eleganti soluzioni. I è una parte piuttosto breve, cantata, che si lega a II, più strutturata, che include un lungo finale ed una parte strumentale molto tecnica. Infine III inizia improvvisamente con suoni estremamente heavy, terminante con un morente battito cardiaco e delle inquietanti pennate di chitarra. (voto: 8)