Roll The Bones

Roll the Bones (1991, Atlantic)

recensione a cura di Davide Dal Fra

I Rush, nel 1991 pubblicano l'album ROLL THE BONES.

Chiunque, prima o poi, commette un passo falso, e neppure i Rush sono esenti da questa regola: ROLL THE BONES rappresenta a tutt'oggi l'unico risultato discutibile (assieme all'album di debutto) della lunga carriera dei tre canadesi. Il disco si muove sulle stesse coordinate del suo predecessore (anche se è leggermente più duro), senza però mantenerne il livello generale. Bisogna anche riconoscere che secondo molti ascoltatori l'album è invece migliore di PRESTO: probabilmente il problema non è quindi la qualità in senso assoluto, ma i gusti personali del singolo ascoltatore. E' comunque indiscutibile che siamo molto lontani dai fasti degli album del passato. In questo lavoro non si riesce a percepire il caratteristico tocco della band, anche se, naturalmente, qualche buon brano si fa notare. La tematica generale questa volta riguarda il fato, la fortuna, il destino. I dieci pezzi sono registrati tra febbraio e maggio 1991, prodotti e arrangiati dai Rush e Rupert Hine, che anche in questo caso realizza un prodotto con suoni piuttosto rigidi. Ancora una volta lo stesso Hine fornisce il proprio contributo alle tastiere ed ai cori, ai quali partecipa anche Lifeson. Tutti i testi sono di Neil e le musiche di Alex e Geddy. La copertina di Syme è bellissima, e fa presagire una cattiveria che non si riscontra nei brani... La nota “now it's dark” è una citazione del film di David Lynch “Velluto blu”. Offerto dalla lettera “B.”

Dreamline è un brano molto trascinante, divenuto, infatti, un classico da concerto. Il riff iniziale, che viene riproposto più volte durante il brano, non può lasciar indifferenti; più discutibile risulta essere il secondo ritornello, troppo melodico e un po' banale. (voto: 7)

Bravado è un piccolo brano, che riserva però grandi emozioni.... Una linearità esemplare e un bel assolo di chitarra. Il pezzo è ancora più coinvolgente in sede live, impreziosito da un lunghissimo finale strumentale. (voto: 7,5)

La tittle track, Roll the bones, ha un ritmo irresistibile ed un ritornello degno dei migliori Rush. Tuttavia a sorprendere l'ascoltatore è la parte centrale del brano, dove si assiste ad una brusca virata rap, con una rigida batteria elettronica e l'irriconoscibile cantato di Geddy con voce filtrata in studio. Nel finale si riprende il tema principale.... Grandi sperimentatori, ottimi risultati! (voto: 8)

Con Face up l'album cala decisamente di tono. Il brano ha qualche pretesa pseudo hard, ma dettagli quali le tastierine iniziali fanno intuire subito il bluff. La melodia è piuttosto piatta ed il ritornello (costruito secondo i nuovi schemi già visti in PRESTO) lascia molto a desiderare. (voto: 5)

Where's my thing? sembra una sorta di versione funky-rock della gloriosa Yyz.... Naturalmente qualche bel momento di musica è presente nel brano, ma è lecito aspettarsi molto di più da uno strumentale dei Rush! Il curioso sottotitolo “part IV of Gangster of Boats trilogy” riguarda uno scherzo segreto tra i tre musicisti. (voto: 5)

The big wheel è un mediocre pezzo pop-rock nel quale non sono mai riuscito a trovar nulla che mi faccia dire: “eccoli qua, sono loro...”; e questa è una (brutta) rarità nella produzione dei tre. Purtroppo la canzone scivola via senza lasciar emozioni particolari dietro di se. Così non ci siamo. (voto: 5)

Heresy ha invece qualche bel momento ed anche il ritornello è buono, ma certo non assistiamo ad un capolavoro. Non particolarmente originali, ma sempre d'effetto, le rullate marziali. (voto: 6)

Ghost of a chance inizia potente e decisa, ma presto, con l'inizio della parte cantata, si ritorna ad un pop piuttosto anonimo; la situazione migliora di un po' durante la terza strofa, grazie ai suoni più duri. Molto bello invece il lento ritornello carico di atmosfera e, soprattutto, il sublime assolo di Alex. Tutto ciò, purtroppo, non riesce a dare una marcia in più al pezzo. (voto: 5,5)

Neurotica è un pezzo minore, ma è uno tra gli episodi più convincenti dell'album. La melodia è piuttosto facile e si inserisce benissimo il ritornello arricchito dai cori, realizzati in una forma ancora non abituale, anticipando così, di fatto, una delle caratteristiche della successiva fase. Altro bel assolo di chitarra, anticipato da una interessante variazione sul tema. (voto: 7)

You bet your life è una brutta canzoncina facile e banale. Ma dove sono finiti i Rush!? Da dimenticare. (voto: 4)