Clockwork Angels
Clockwork Angels (2012, Roadrunner Records/Anthem)
Recensione di Luca Nappo
Clockwork Angels rappresenta il 20° album in studio per i Rush (per la precisione 19° + un ep di cover) e arrivare a questa meta è un’eredità importante per ogni gruppo storico del mondo del Rock.
Non sempre una band arriva a questi traguardi integra artisticamente o con una discografia sempre di livello. I Rush ci sono riusciti e hanno sorpreso i loro fan con il primo concept della loro storia.
Quasi tutti gli albums del trio canadese hanno un filo conduttore tematico o testuale che lega i vari brani o parte di questi ma questa volta la scelta è stata di raccontare una storia che diventerà anche un libro grazie all'opera di Kevin J.Anderson, scrittore sci-fi e fan dei Rush che aveva già scritto un opera ispirata a Grace under Pressure.
La storia parte dall'estetica steampunk, filone della cultura fantasy e sci-fi che descrive un mondo anacronistico dominato dalla forza motrice del vapore e in un contesto storico da epoca vittoria come decritto nei testi di Conan Doyle e H.G. Wells.
In questo contesto s’inserisce la storia di un ragazzo che inseguendo i propri sogni ha diverse vicissitudini tra anarchici, sabotatori, alchimisti, parchi di divertimento esotici sotto l'occhio vigile del "Watchmaker", l'orologiaio che gli scandisce inesorabilmente il tempo.
La ricchezza della storia è raccontata con semplicità, senza stancare chi ne fruisce e presenta i testi di Peart ancora una volta ricchi di riferimenti letterari e citazioni che ne fanno un’altra opera di spessore da ricercare e trovare anche in un libretto ricco graficamente, grazie all'opera del fidato Hugh Syme.
Rodati da due anni di Time Machine Tour in cui già Caravan e BU2B erano state proposte e testate live, l'album ha avuto una genesi lunga sotto la visione di Nick Raskulinecz già all'opera nel precedente Snakes & Arrows e rappresenta la sua naturale evoluzione con alcune novità e sorprese.
In Clockwork Angels , l'hard rock raffinato ed evoluto dalla IV fase del trio è ancora presente ma rispetto a Snakes & Arrows ci sono meno sovraincisioni di chitarre e prevalgono le parti ritmiche dei Tre Canadesi con costruzione dei pezzi più improvvisata e diretta nonchè la novità degli arrangiamenti orchestrali che arricchiscono molti brani : ciò ne fa una novità interessante anche per gli sviluppi e l’impatto live della band.
Il risultato è un album variegato e compatto allo stesso tempo con pezzi articolati e veloci come Headlong Flight (terzo singolo estratto), l'energica The Anarchist, la cupa Carnies che presenta alcuni passaggi che personalmente mi hanno ricordato l'opera di Iommi e soci oppure Seven Cities of Gold ,introdotta dal basso nervoso ma preciso di Lee , rappresenta una sintesi efficace del Rock che i Rush hanno evoluto negli anni.
Mancano strumentali in quest’album ma è presente un piccolo intermezzo come BU2B2 , appendice dell'omonimo brano presente quasi all'inizio della storia mentre la semi ballad Halo Effect taglia un pò in due il lavoro: affascinante ed introspettiva non avrebbe sfigurato nel contesto di Snakes & Arrows, permette all'ascoltatore di tirare un pò il fiato prima della seconda parte ricchissima del concept.
The Wreckers e Wish them Well contribuisco alla varietà dell'album contraddistinti da ritornelli che rimangono in testa facilmente e un'attitudine quasi AOR ma con gusto Rush (Presto era per intenderci) da non trascurare in quanto brani meno banali di quanto sembra.
Ma i due capolavori dell'album sono a mio avviso la Title Track e The Garden.
La prima è una canzone variegata, ricca di cambi d'atmosfera che mi ha riportato ai Rush della II fase più prettamente progressiva: forse la composizione che richiede
maggior attenzione per essere apprezzata nella sua bellezza e creatività. The Garden, invece, è il pezzo che chiude l'album e la fine del viaggio non solo del protagonista ma anche dell'ascoltatore e lo fa emozionando e sorprendendoci con l'uso delle orchestrazioni e di uno degli assoli più belli di Lifeson. Un brano commovente che può essere già considerato un classico della band canadese.
Non so se quest’album sia la fine del viaggio chiamato Rush che dal 1974 ha sfornato lavori di classe ed eleganza evolvendosi al di là delle etichette e delle mode e non so se sia importante o meno parlare di disco capolavoro o se sia meglio o peggio dei precedenti, quello che è certo è che siamo di fronte ad un album incredibile ed emozionante che live avrà la sua consacrazione definitiva incastonato negli altri classici della storia dei canadesi....e i Rush sono nella Storia.
L'album è dedicato alla memoria di Andrew McNaughtan
Recensione di David Dal Frà
I Rush nel 2012 pubblicano l'album CLOCKWORK ANGELS.
Un lustro dal precedente lavoro in studio, una gestazione lunghissima, una campagna promozionale imponente, una serie interminabile di indizi ed anticipazioni: le aspettative nei confronti di CLOCKWORK ANGELS sono pertanto altissime, ed i fans da quest’album si aspettano una cosa sola: capolavoro. Bene, la promessa è mantenuta.
Com'era facile immaginarsi, visti i lusinghieri risultati del suo predecessore, CLOCKWORK ANGELS vede confermato Raskulinecz come co-produttore e co-arrangiatore;le sonorità e lo stile sono vicini a quelle di SNAKES & ARROWS, e ne rappresenta quindi un naturale proseguo; vengono compiuti però dei passi in avanti: da una parte, quel pizzico di cattiveria in più, in cui molti speravano; dall'altra, quest’album non è un “semplice” concept-album, ma una vera e propria rock-opera che, per la prima volta, interessa nella narrazione l'intero l'album.
CLOCKWORK ANGELS è un album molto fresco: scorre via veloce, senza mai stancare l'ascoltatore. Tecnica e feeling caratterizzano tutti i pezzi, alcuni dei quali sono arricchiti da orchestrazioni (di David Campbell), mai troppo invadenti. Gli assoli di Alex, tutti piuttosto brevi, sono molto vari e davvero belli. La sezione ritmica non ha forse precedenti in quanto a potenza e carica. I tre pescano dal passato, ma lo fanno sempre guardando in avanti.
Il disco viene registrato e mixato tra Stati Uniti e Canada in aprile 2010, e tra ottobre 2011 e marzo 2012.
Musiche di Lee e Lifeson, parole da Peart. La grafica è di Syme, e l'intero lavoro è dedicato alla memoria dell'amico e collaboratore Andrew MacNaughtan, che nel disco mostra uno dei suoi ultimi ritratti.
Per quanto improbabile a questo punto la carriera dei Rush potrebbe addirittura concludersi: difficilmente, infatti, i tre potranno realizzare in futuro nuovi lavori di questa caratura, e quindi quest’album rappresenterebbe un raro esempio di epilogo artistico ai vertici della creatività. Classifica: Canada n°1, USA n°2. Offerto dalla lettera U.
Caravan: un riff vincente e grandi virtuosismi tecnici impreziosiscono il pezzo. Grandissima la lunga parte strumentale nella seconda metà del brano, dal sapore quasi da jam-session. Probabilmente uno dei pezzi più completi realizzati dai nostri. Imprescindibile. (voto: 8)
BU2B, acronimo di “Brought Up to Believe”, già pubblicata, come Caravan, nel 2010. In questa versione il pezzo è arricchito da un’introduzione altalenante ed ovattata, ottimo preludio al muro sonoro che caratterizza il brano, potente, solido ed orecchiabile. Un brano che con gli ascolti si fa apprezzare sempre di più. (voto: 7,5)
Clockwork Angels ci catapulta con decisione dentro le magiche atmosfere hard-progressive di pezzi quali Natural Science. L'alternarsi di momenti soft e hard, i ritmi molto vari, la strofa “inquinata” da suoni esterni (come Hyperspaces); un assolo mozzafiato ed un inserto blues-rock di particolare pregio. Finale epico. (voto: 8)
TheAnarchist è un brioso pezzo rock, magistralmente rifinito, molto piacevole da ascoltare ed abbellito anche da orchestrazioni discrete e di buon gusto. Lifeson esegue un assolo veramente notevole. (voto: 7)
Carnies richiama la struttura di Spindrift dell'album precedente, e a mio avviso, ne ripropone anche i medesimi limiti. Nel proseguo del pezzo però si sfiorano momenti strumentali duri e potenti che risollevano in parte il giudizio complessivo del brano, che resta comunque il più modesto di CLOCKWORK ANGELS. (voto: 6)
Halo Effect ha una linea melodica semplice ed immediata, molto gradevole, arrangiata anche con orchestrazioni. Offre il primo, necessario, momento di respiro in un album fino a questo punto molto denso e tirato. (voto: 7)
Seven Cities of Gold: una splendida introduzione (Rush che più Rush non si può!) confluisce lentamente nel grande riff portante del pezzo, per uno degli episodi certamente più riusciti del platter. Un brano esaltante, coinvolgente, diretto, con un bel ritornello-tormentone e suonato splendidamente! (voto: 8)
The Wreckers: una strofa piuttosto piatta, non certo memorabile. Ma il brano diviene magico non appena inizia quel meraviglioso ritornello, incantatore ed affascinante, che invita subito ad un ulteriore riascolto. (voto: 7,5)
Headlong Flight: in fatto di hard-rock i Rush non prendono lezioni da nessuno. Pezzo massiccio, compatto, duro. Una prova di tecnica, groove e feeling davvero eccelsa. L'assolo col wah-wah fa rizzare i peli. Inchiniamoci, i maestri sono tornati! Umoristica l'autocitazione di Bastille Day!(voto: 8)
BU2B2. Brano sicuramente secondario se considerato nell'insieme dell'album, il fratello minore di BU2B, non va invece sottovalutato. E' il primo esempio di arrangiamento per sola orchestra nella carriera dei Rush. Va notato che qui, ancor più che nel brano parallelo, Peart ci offre un perfetto esempio di “pantoum”. (voto: 7)
Wish Them Well. Adoro questo brano, il suo ritmo allegro ed il ritornello così liberatorio e gioioso. (voto: 7,5)
The Garden è senz'altro uno dei pezzi più ambiziosi del disco, e uno dei più belli. Una ballata carica di emozioni, interpretata magistralmente, con un assolo strabiliante ed un crescendo passionale, come raramente accade. Una vera opera d'arte. Le parti di piano sono suonate da Jason Sniderman. (voto: 8)