Riflessioni sull'intercultura

Spunti di riflessione sull'intercultura

Premessa

Reputo che il tema "intercultura" debba considerarsi problema sia per ragione dell'interpretazione dei suo significato sia per la varietà delle implicanze nei rapporti tra appartenenti a culture diverse.

Gli aspetti più trattati oggi sono quelli miranti a sostenere una convivenza tra appartenenti a culture diverse, cioè tra persone necessitate a lavorare insieme.

Ma anche di fronte a questa evenienza il problema si fa eminentemente educativo. Si vuoi dire che si tratta di fondare una antropologia dell'uomo, della vita e dei proprio essere su basi valide per tutti.

Credo che l'istituzione "Etica ed economia" si debba far carico, entro le sue ricerche e proposte di pensiero, di intervenire a costruire mentalità "moderne", ossia capaci di "pensare", "riflettere" davanti ai problemi attuali, che non trovano nel passato la risposta già data o prevista.

Il motivo di fondo sta nella considerazione che nessun uomo é un'isola e che nessuna azienda può prevedersi operante con appartenenti ad una sola cultura. Inoltre non ci riferiamo solo ai membri dell'azienda ma anche ai fruitori dei prodotti dell'azienda che non possiamo delimitare ad una determinata cultura. In fine rileviamo che "mentalità aperte" certamente prevengono tensioni e conflitti.

Si vuoi proprio raggiungere l'uomo, oltre le competenze tecniche, nella sua umanità

Entriamo negli argomenti

Il termine è composto da inter che in latino significava e cultura L'accento non è posto sulla relazione all'interno dei vari elementi che compongono e contraddistinguono una cultura, bensì sul rapporto di diverse culture fra di loro.

Il termine cultura è assunto secondo l'accezione socio-antropologica,che riguarda usi,costumi, abitudini, concezioni religiose e forme diverse di vita. Entro questa concezione generale di cultura, il termine "monocultura" sta ad ìndicare l'esclusività di una sola cultura, quello di "pluricultura" o "multicultura" si riferisce a diverse culture vissute in un medesimo territorio ma inter sé non comunicanti. "Monocultura" e intercultura (o "multicultura") interessano nella ricerca pedagogica ed educativa per conoscere le caratteristiche peculiari delle singole culture, che qualificano la loro identità ( aspetti descrittivi). Invece "intercultura" non è un dato di fatto esistente; essa è obiettivo da raggiungere, attraverso l'instaurazione dì un tipo di rapporti dinamici tra pìù culture da conseguire attraverso la legislazione statale e i sistemi educativi (compito prescrittivo).

Ad affrontare queste tematiche dagli inizi degli anni ottanta si è impegnata una nuova disciplina: la pedagogia interculturale. Questa non ha ancora raggiunto una sicura definizione; è ancora oggetto di ricerca da parte degli specialisti; e mira a fornire ai sistemi educativi tutte quelle indicazioni teoriche e pratiche che dovrebbero essere in grado di cambiare il volto della società.

Le diversità culturali a confronto

Nei tempi passati, quando le diversità culturali venivano a contatto, solevano sprigionare una conflittualità molto forte che dava origine a lotte e guerre per imporre all'altro il proprio dominio e la propria cultura, causando anche fenomeni di genocidio. L'idea dominante era quella del proprio valore, dei possesso di una migliore civiltà o anche di una religione superiore. Oggi, il pluralismo diffuso costringe il pensiero comune a mettersi su di un altro piano: non ci possiamo distruggere in lotte intestine; dobbiamo guardarci in faccia, conoscerci, rispettarci e trovare le regole della convivenza e della collaborazione.

A questo cambiamento di mentalità siamo costretti dagli avvenimenti, ma abbiamo anche fatto molti progressi sul piano dei significato e dei valore della vita umana, mettendo in primo piano non più le culture e la loro conflittualità, bensì l'uomo come persona nel suo valore e nella sua dignità.

Sul piano dei fatti siamo in presenza di immigrazioni di gente proveniente da vari continenti, appartenente a culture e religioni diverse. E, quel che ancora conta, si tratta di diversità che si distanziano notevolmente e che, nel tentativo di conservare la propria identità minoritaria, si chiudono in una intransigente impenetrabilità. Per altro verso il Paese di accoglienza ha finito coi rinunciare alle imposizioni sia perché ha bisogno di mano d'opera, sia perché non ha più il potere delle armi.

Sul piano della mentalità, chiunque rifletta deve ammettere che la base per accettarsi, tollerarsi e collaborare, obbliga a portare l'attenzione non più sugli attributi culturali, ma su una nuova concezione dell'uomo, chiunque egli sia. In altre parole non si può pìù parlare di nazioni che "importano mano d'opera", bensì si deve riconoscere che si importano "uomini" con tutti i loro diritti e con tutta la loro dignità, a prescindere dagli usi e costumi che segnano la foro cultura.

Le stesse diversità di religione non possono più costituire motivo di tensione. Oggi, diversamente da un tempo, si ha maggiore rispetto delle persone anche se esse professano una diversa fede religiosa. Il fatto è dovuto ad una crescita di attenzione alla coscienza dell'uomo, che ha portato a riconoscere la libertà religiosa come espressione di convincimento propri; anzi come uno dei punti più alti della civiltà. Nell'opinione pubblica più diffusa si reputa che non ci sarebbe dì peggio che fare violenza alla coscienza.

Allo scopo di rendere fecondi e sicuri i rapporti tra le diverse culture dovranno intervenire il legislatore ed il sistema educativo.

Allo Stato spetta sancire con un'adeguata legislazione i diritti e i doveri degli immigrati. Né possono essere prese in considerazione le sole convenienze economiche. Gli immigrati, generalmente, accettano di affrontare lavori umili (o di alto rischio per la salute fisica), che ormai glì europei, ricchi in economia e poveri di prole, non svolgono più o per i quali non si trova mano d'opera locale sufficiente. .L'immigrato è una persona, che,in virtù dei suo valore ontologico ed in nome della civiltà europea, ha diritto di essere considerato con tutti i suoi problemi umani: salute, famiglia, religione, cultura.

Dal punto di vista psicologico ci si attende il superamento della xenofobia e dei pregiudizi razziali da parte degli ospitanti. Qui il discorso si fa eminentemente pedagogico poiché si tratta di educare a riconoscere ali"'altro" la medesima dignità che riconosciamo a noi.

La pari dignità delle culture

Le diverse culture come prodotto dell'uomo meritano il riconoscimento della pari dignità e quindi un confronto a pari con il superamento ed il rifiuto di costituirsi di questa o quella come dominante, avente in sé, per ragione intrinseca o politica, il diritto di imporsi e di esigere d'essere accolta ed assimilata. Le conseguenze sul piano educativo comportano il riconoscimento di un ruolo attivo degli appartenenti a culture altre" ad elaborare e mettere in atto opportune ed adeguate strategie educative.

Sul piano sociale le conseguenze non potranno che farsi evidenti per la negazione della dominazione dell'uomo sull'uomo. In altri termini la pedagogia interculturale tende ad incidere sulla vita pratica della società, portando ad oltrepassare le barriere nazionali. In questo senso essa pone le basi per la costruzione della pace.

La dignità dell'uomo viene prima della cultura

Essa ci ricorda che l'educazione è la formazione dell'uomo in quanto tale, valorizzazione delle potenzialità interiori attraverso una cultura che sempre travalica e verso la quale si apre per arricchirsi, per comprendere gli altri e comunicare con essi.

Quando un soggetto scopre, costruisce e rafforza la sua identità senza legame incondizionato alla cultura che gli è servita per la sua formazione, sarà in grado di crescere secondo un suo progetto (identità dinamica), aperto alla comprensione di altre culture e in grado di mettersi in dialogo con esse e ad operare le migliori íntegrazioni.

Così coi termine "integrazione", escludiamo la pura assimilazione tendente ad eliminare le identità proprie originarie, per sostenere,invece,il dialogo mediante il quale il soggetto rinnova ed accresce la sua cultura.

Lo scoglio maggiore può consistere in una concezione di "gelosia" della propria cultura che si intende conservare per volontà di superiorità. Altro scoglio è rappresentato dal caso dei portatore di cultura "altra" che ritiene "debole" perché vissuta, come nel caso dell'emigrazione, in situazione di isolamento, ma "forte" perché legata alla storia della propria origine e agli affetti che le esperienze condotte tengono vivi. Superiorità e nostalgia si qualificano come atteggiamenti impeditivi di crescita e di collaborazione.

Non possiamo nascondere che per "crescere" occorre anche lasciare, abbandonare le dimensioni dei piccolo, di ciò che apparta, ma abbandonare anche la dominanza che non accetta cambiamenti. E' l'uomo che fa la cultura e precisamente quella cultura che lo fa migliore, che arricchisce di conoscenze, di esperienze, di dialogo, di collaborazione.

Questa prospettiva mette in crisi le identità stagne. Sono questi i presupposti per una ridefínizione di cultura in prospettiva di contatti ravvicinati tra culture diverse. Sia chiaro che la cultura, che ha fatto o fa le identità individuali e di gruppo, è sempre in movimento, in cammino e questa sua evoluzione non può essere fermata, pena l'invecchiamento e il superamento. Il problema è che oggi l'accelerazione non avviene solo per i sistemi di trasformazione industriale, ma sopratutto per il fatto sociale che gruppi diversi si trovano a convivere e a dover collaborare. Uomìni diversi possono collaborare, ma se vogliono accettarsi e reciprocamente avvicinarsi ed intendersi in pari dignità, sforzo e adeguamento, ciascuno deve cambiare.

L'intercammino di civiltà

Disquisire sul significato che il termine "civiltà" ha assunto presso i vari studiosi porta a rifarsi ai diversi contesti sociali,relativi sia ai popoli o gruppi umani oggetto d'indagine, sia ai ricercatori in quanto specchio di una determinata concezione antropologica. Un attento sondaggio fa emergere da quelle relatività taluni elementi il cui valore può essere sostenuto nell'attualità e addirittura costituire una buona base progettuale per il futuro.

Da ciò emerge la possibilità di interrogarsi se sia prevedibile un incontrarsi dialogico delle culture in ravvicinamento spazio-temporale per un cammino di civiltà per tutti, indicato prioritariamente come cammino in grado di prevenire conflitti,risolvere problemi ed offrire possibilità di progresso civile nell'ambito dei "villaggio globale".

Sembra essere questa anche la via offerta alla moderna società nella sua discrasia fra progresso tecnico e vivibilità umana per rigenerarsi sul piano etico.

Già il discorso interculturale, per il fatto di volersi coniugare in un certo modo, porta a porsi al di sopra delle singole culture e questo è un fatto di civiltà, sia per la rinuncia all'esaltazione della propria cultura come eccellente o assoluta,cosa che equivale al riconoscimento dei diritti dell'altro, sia per la disponibilità ad eliminare storture ed acquisire valori nuovi con l'aiuto altrui.

Questi atteggiamenti aprono ad un cammino che può superare i valori

ricavabili soltanto dalle radici della propria cultura, per ricevere nuove iniezioni in ordine alla crescita in civiltà. Cosicché é l'arricchimento non è solo effetto di stimoli alle proprie radici culturali e di interscambio tra culture; ma è anche acquisizione di nuovi valori "illuministicamente" rilevanti ed elevanti. Fra questi ultimi mettiamo in primo piano le indicazioni circa i diritti umani,che ci provengono dai vari trattati internazionali.

Possiamo,pertanto,passare dal concetto di "civiltà" in senso puro (teorico) a quello reale. Quest'ultimo senso dice sempre "elevatezza" anche se la civiltà reale si può presentare con qualche elemento di "barbarie". Pur tuttavia si deve riconoscere il diritto che ogni civiltà possa e debba modulare la propria identità secondo modalità specifiche proprie.

Il problema della didattica

Non possiamo dire di avere raggiunto un buon livello, né di avere raccolto esperienze adeguate al problema didattico sia nell'ambito scolastico che extrascolastíco. La nostra scuola è ancora fondamentalmente monoculturale: le discipline sono affrontate in modo unilaterale e sovente impostate (vedi ad esempio la storia) in funzione apologetica come le cause delle guerre, le lodi dei genio nazionale proprio degli scopritori, degli artisti ecc..

Si deve anche tenere conto che l'educazione interculturale impartita a scuola, a ben poco approda senza l'apporto deì genitori e degli adulti entro e fuori le istituzioni pubbliche e private di tutti i tipi, dalle sportive, alle culturali, alle religiose, ecc. Entriamo così in una questione di ampio respiro diretta a coinvolgere tutta la società ed in questa direzione vogliamo parlare dì "società educante",

Numerose indicazioni di contenuti dell'educazione interculturale vengono date dall'UNESCO, dal Consiglio d'Europa e da studiosi. A modo di esempio riferiamo quelle offerte da M.Abdallah Pretceille ("Pédagogie interculturelle: Bilan et perpectives" in lnterculturei, Toulouse, 1986, p.32):

- l'insegnamento delle civilizzazioni

- l'educazione ai diritti dell'uomo

- le azioni di riflessione sull'apertura al terzo mondo

- gli scambi linguistici

L'A. commenta: "amiamo sottolineare che questo discorso metodologico e didattico di natura interculturale non iscritto nell'effimero e nell'avventura, s'estende ad ogni tipo e livello di educazione e, riferendoci alla scuola, rileviamo che esso non è riservato alle scuole o alle classi con presenze multiculturali.- per cui ci piace dichiarare come esso getti le basi per una educazione alla mondialità"

Secondo H.Essinger "interkuiturette Paedagogik", Baitmannsweiler, Suizberg, 1986 p.71) serve:

- educare all'empatia: imparare a capire gli altri, immedesimarsi in loro

- educare alla solidarietà: per formare una società più umana

- educare al rispetto interculturale: non saccheggiare più la natura e l'uomo

- educare contro il pensiero nazionalistico: ormai sono superati ì confini nazionalistici: molta mobilità di popoli.

Altre indicazioni si trovano ormai presso tutti gli studi più recenti che trattano di pedagogia interculturale.

Luigi Secco

Bibilografia essenziale italiana

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Secco L., Preliminari della pedagogia intercuiturale come pedagogia dell'essere; in Studìum eucationis, CEDAM, Padova, n.4, 1999.