Educare a dare significato alla vita
Educare a dare significato alla vita (n.132)
Molti genitori si sono resi conto che, oggi, il proprio figlio è più figlio della società che loro. Ciò dipende dalla forte incidenza che hanno gli usi e costumi sociali nel plasmare la loro personalità e, per altro verso, dobbiamo riconoscere che la società di oggi non è educante.
Alcuni decenni fa, diversi studiosi avevano riflettuto sulla qualità che deve avere una società per farsi educante. Essi presero come esempio la caratteristiche che aveva la società d'un tempo, quella contadina, quella cioè ove esisteva la preoccupazione da parte di tutti: genitori, insegnanti, sacerdoti, adulti e anziani di offrire ai giovani insegnamenti condivisi da tutti. Tutti insegnavano gli stessi principi e comportamenti sia nel campo del pensiero, della morale colme della religione. L'unità di pensiero e la coerenza del comportamento erano esigite per il bambino, per il fanciullo, per l'adolescente e per il giovane, ossia per tutto l'arco dello sviluppo e della crescita del giovane.
Oggi tutto questo è saltato: la società non è più monolitica ed il pluralismo sia delle concezioni della vita, come dell'etica e della religione è un dato riscontrabile da tutti. S'aggiunga, inoltre, la presenza tra noi di portatori di culture diverse provenienti da altre regioni.
Adulti e giovani sono disorientati: hanno perduto le sicurezze. Le loro sicurezze non sono più supportate dalla corale condivisione del mondo dei valori. Ogni adulto dovrà riflettere per trovare la soluzione più corretta ai suoi problemi e a quelli dei propri figli: E' una assunzione di responsabilità che può scontrarsi con la pubblica opinione o con la mentalità stessa dei propri figli, ma nessuno può sottrarsi a questi impegni. Purtroppo molti vi si sono sottratti cadendo nel "vuoto motivazionale" e perdendo, per conseguenza, "il significato della vita".
Parliamo anzi tutto del "vuoto motivazionale", ossia della mancanza di interesse per l'azione, per la vita, per le cose. Possiamo definire questo stato psicologico come stato di noia, in cui non si trova interesse per niente e si cade nell'abulia, ossia nella mancanza di volontà d'impegnarsi per qualcosa di valido. Sul piano sociale il vuoto di motivazione apre la via alla droga ed alla violenza come ricerca di sensazioni, di soddisfazioni. Sono le nuove motivazioni per un'attività piacevole. Chi soffre di questo stato è fortemente motivato ad uscire da questa sensazione interiore di peso.
2.- Altra grave situazione è la "mancanza di valori" atti a dare ragione del significato della vita. Questi dovrebbero rispondere al bisogno di
giustificare il proprio vivere ed il proprio agire. Oggi noi viviamo in una
società dai valori confusi: ci manca una piattaforma di base condivisa. La frattura del monolitismo culturale ha portato al frazionamento dei convincimenti. Il primo ad essere colpito è il mondo degli adulti, compresi i genitori ed in generale gli educatori, i quali si trovano disarmati perché caduti nell'insicurezza e nella mancanza di forza propositiva nei rapporti educativi. E' venuto avanti il costume di "lasciar fare", "non intervenire", sovente incoraggiato da preoccupazioni di non ferire la libertà del ragazzo, non rischiare di perdere il suo affetto od altro. Sui grandi temi della vita, poi, c'è chi sostiene il valore assoluto della vita, altri no (cfr. aborto, eutanasia, pena di morte), chi crede all'amore coniugale indissolubile, altri no (divorzio, unioni libere, unioni tra omosessuali), chi fa appello alla religione e chi no (e poi a quale credo religioso?).
E' chiaro, a questo punto, che educatori disorientati non possono costituirsi guide sagge dei loro figli.
Compiti della famiglia
La famiglia normale resta ancora e da sola a poter garantire una formazione profonda delle idee, dei sentimenti e degli affetti dei propri figli. Ma è indispensabile che essa si faccia veramente "educatrice", perché non basta che lo sia in teoria o nelle vaghe e generiche intenzioni e meno ancora nel lasciar fare.
Sono gli errori educativi dei genitori che ci hanno dato figli che non sanno dove porre il valore e le fonti della loro soddisfazione. Si tratta di genitori permissivi, di genitori che per non perdere l'affetto del figlio non gli chiedono quello che dovrebbero fare per maturare, di genitori che hanno voluto dare ogni benessere ai figli e che hanno voluto vederli primeggiare in tutto: nella scuola, nel calcio, nel nuoto, nello sci…Così è stata loro favorita l'abulia, che li ha portati in discoteca, come luogo delle emozioni, alla droga come disimpegno, alla permanenza in famiglia fino ai 30/35 anni per la rinuncia ad assumersi responsabilità onerose.
Occorre che la famiglia torni ad appropriarsi del vero compito educativo. L'affetto dei genitori e la loro protezione sono la garanzia migliore per accreditare la loro credibilità in grado di costituirsi quale antidoto alle idee e alle esperienze negative con le quali il figlio viene a contatto.
Occorre partire dal bambino facendogli sperimentare la benevolenza dei genitori e la benefica fiducia in loro; proseguire, poi, nell'insegnamento e nell'esperienza di attività accrescitive della sua personalità per l'acquisizione del senso del proprio valore e della volontà di rendersi utile agli altri.
Ci auguriamo che, per opera dell'impegno educativo serio e saggio dei genitori, i nostri figli possono scoprire il senso e la soddisfazione del loro vivere, sia pure in una società complessa e per sé disorientante.
Luigi Secco