Etica ed Economia nel cammino di civiltà

Etica ed economia nel cammino di civiltà

II° Forum Mondiale "Nord-Sud". Roma 23-25 ottobre 2003

Relazione del prof.Luigi Secco dal titolo "Per un cammino di civiltà"

Il nostro concetto di civiltà

Ho dato alla mia relazione, inscritta nel tema di fondo del presente Forum, il titolo "per un cammino di civiltà"

Il termine civiltà nell'uso comune, applicato ai popoli, sta ad indicare il possesso di un patrimonio di beni materiali e l'esplicazione di attività spirituali che determinano una condizione elevata di vita collettiva. Ed è verso questa elevazione che intende andare il contributo della scuola di etica ed economia, contributo particolarmente significativo in quanto non si propone di esportare beni prodotti al Nord verso il Sud, quanto di promuovere e sostenere capacità produttive nei singoli paesi che mirano a migliorare le loro condizioni di vita.

Rispetto al costume del passato e, purtroppo prevalente ancor oggi, si tratta di divulgare e sostenere lo sviluppo delle risorse degli appartenenti alle diverse culture fornendo competenze da sviluppare ed esplicare in proprio e nel proprio territorio.

Ma quali sono le motivazioni che ci spingono verso questo tipo di impegno?

Qual è la filosofia sottostante i nostri progetti?

L'intento di elevazione in dignità dell'uomo

Non sarà mai detto abbastanza chiaramente che tutta la ragion d'essere del nostro agire in ordine alle strategie per ridurre il divario tra Nord e Sud, prima che essere un'attenzione al divario economico vuol essere un intento rivolto alla elevazione in dignità dell'essere umano.

Siamo ormai disincantati, più che dalla dottrina marxista, dalla dottrina sociale della Chiesa e dalla stessa esperienza, che non è il benessere economico per se stesso a migliorare l'uomo e la società. Ci sono ben altri valori che vengono prima, anche se accompagnano il benessere e che possono chiedere a questo di renderli possibili. Non vogliamo addentrarci per questa strada, in quanto vogliamo scendere nel più profondo delle motivazioni, che ci fanno muovere verso i nostri simili per dare loro una mano il più e il meglio possibile. Ma anche loro dovranno giungere ad una elevazione umana, prima che economica, almeno come ordine d'importanza, altrimenti l'economico può essere usato negativamente a danno cioè del progresso dell'uomo e magari anche a sfruttamento dei propri simili proprio da parte di chi fu il beneficiario dei nostri sforzi.

Preme, inoltre, rilevare che il discorso etico non viene né prima, né tanto meno dopo il discorso delle varie attività, qualunque esse siano aziende o lavoro. L'eticità sta all'interno delle attività: se queste sono degne dell'uomo esse sono eticamente difendibili, diversamente se non sono degne dell'uomo, sono già di per sé negative sul piano etico. Questo modo di concepire l'etica fa superare i dubbi che un'attività sia scientificamente positiva ma che poi l'etica la possa condannare.

E' evidente in questo contesto il superamento della concezione basata sulla razionalità economica, per quanto questa avesse avuto o abbia ancor oggi la pretesa di risolvere i problemi da se stessa. Parliamo di quella rivendicazione di autonomia assoluta che taccia di moralismo ogni tentativo di appellarsi a valori superiori.

Noi, al contrario, non escludiamo la razionalità economica ma ne riconosciamo la relatività, in quanto la razionalità etica presiede alla concezione dei valori umani da far valere in ogni prospettiva di progresso ed affermiamo che razionalità economica e razionalità etica, pur godendo ciascuna di una propria relativa autonomia, sono tra loro correlate e si intersecano. In buona sostanza riconosciamo che il cammino di civiltà è strettamente legato a questa intesa, la quale sul piano operativo dovrà elaborare creativamente soluzioni che promuovano insieme la solidarietà verso i bisogni di tutti e lo sviluppo della qualità della vita.

La nostra riflessione potrebbe continuare spostandosi sul piano politico per fargli carico dell'interesse dei più deboli e suggerirne le modalità. Per quanto, invece, ci riguarda come scuola di etica ed economia, la nostra filosofia e l'intento dei nostri interventi mirano ad elevare la dignità dell'uomo in povertà nel suo essere e nel suo benessere ma con l'apporto delle proprie risorse umane.

L'insegnamento della Populorum Progressio di Paolo VI e di Giovanni Paolo II

Con Paolo VI per la prima volta la questione dello sviluppo di tutti i popoli viene assunta a tema di un'enciclica pontificia. Per la prima volta il magistero prende atto con matura consapevolezza del divario profondo, eticamente sconvolgente, che separa i paesi del benessere da quelli del sottosviluppo. La grande idea di pace è identificata con quella di autentico sviluppo, "nuovo nome della pace". L'enciclica non esita a condannare in maniera etico-profetica non solo gli abusi, ma anche la logica dell'accumulazione capitalistica, la quale considera " il profitto come motivo essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell'economia, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi sociali corrispondenti"(PP.n.26).

A Giovanni Paolo II, il modo di gestire i rapporti economici e lo sfruttamento delle risorse, che si riscontrano nel Nord del mondo rispetto al Sud appaiono gravemente responsabili al punto di essere definite "strutture di peccato". Esse vanno radicalmente cambiate e riformate, per dare spazio ad un'economia umana, a servizio di tutti gli uomini, nella logica della solidarietà planetaria. (Sollicitudo Rei Socialis)

Fare partecipi delle competenze per la produzione di beni è anche dichiarato nella Enciclica "Laborem exercens" (14 settembre 1981), ove al n. 14 si legge: che i mezzi di produzione e il loro possesso "rendono possibile la realizzazione del primo principio che è la destinazione universale dei beni e il diritto al loro uso comune".

L'area delle nostre attenzioni

Il cammino di civiltà di cui stiamo occupandoci, va considerato, anzitutto, come cammino di libertà: libertà dal bisogno, libertà dalla sottomissione e dallo sfruttamento. Il che ci fa prescindere dalle specificità delle singole culture di questo o quel popolo. Il Sud non ci richiama alla valutazione delle culture, oltre tutto perché riconosciamo a tutte le culture pari dignità. Ciascuna è prodotto di un popolo, il quale ha impegnato le sue risorse per dare risposta ai problemi della vita e dell'ambiente in cui s'è trovato a vivere. Non distinguiamo tra culture più o meno evolute o primitive, più o meno barbare o di qualunque altra classificazione si voglia dare.

Noi andiamo direttamente al valore dell'uomo nel suo essere e riconosciamo ciascun individuo, col popolo entro cui vive, capace di mettere in movimento un vero e proprio dinamismo di sviluppo, esplicare, cioè, risorse per il miglioramento della vita, senza alterare la sua identità fondamentale; crediamo cioè che ogni cultura, nella fedeltà a se stessa, possa progredire e sviluppare altri elementi che la rendono sempre più accettabile e raccomandabile. Non crediamo a popoli inetti o pigri. Crediamo piuttosto che il loro miglioramento vada aiutato, soprattutto in considerazione che sono loro mancate le opportunità e gli stimoli e che talvolta sono stati mortificati intenzionalmente da parte di terzi.

Ed a proposito di sviluppo va rilevato che paesi sviluppati e paesi sottosviluppati fanno parte di un'unica comunità economica planetaria. Non ci attendiamo che sia il mercato mondiale ad equilibrare i livelli economici, come certi economisti pronosticavano: invece di condurre all'ipotizzato equilibrio economico, il progressivo allargamento delle dimensioni del 'mercato totale', ha prodotto una sperequazione crescente delle condizioni economiche dei diversi paesi, concentrando sempre più capitali, esperienza manageriale, reddito, benessere, diffusione della cultura e conoscenze tecnologiche in un numero ristretto di paesi industriali, e riducendo gli altri a riserve di manodopera e di materie prime a buon mercato.

Pertanto, o i paesi sviluppati vengono incontro alle esigenze dei paesi sottosviluppati per promuovere la crescita 'in loco', o altrimenti devono essere disposti ad accettare le conseguenze bibliche di emigrazioni di massa. Ciò comporta che l'impresa non può essere considerata come una unità fissa e immutabile che garantisce reddito e lavoro stabile, ma che essa deve tenere conto dello scacchiere produttivo di un'area più vasta dell'attuale.

Le scuole di Etica ed Economia non mirano ad esportare strutture ma a

promuovere capacità dei soggetti locali fornendo loro competenze da sviluppare ed esplicare in proprio e nel proprio territorio.

Del valore ontologico di ogni uomo

Il fondamento di tutta la nostra filosofia per il ravvicinamento tra Nord e Sud è la passione per l'uomo, per ogni essere umano, indipendentemente dall'essere uomo o donna, bianco o di colore, ricco o povero; anche se, per quest'ultimo aspetto non rimaniamo indifferenti, anzi noi vogliamo che ognuno abbia quel minimo di beni onde poter condurre una vita a livello di dignità umana. Con ciò riconosciamo che una cattiva distribuzione dei beni, così da lasciare alcuni nella sovrabbondanza ed altri nell'indigenza, costituisce una ingiustizia, alla quale occorre riparare.

L'elevazione della dignità umana attraverso la partecipazione ai beni materiali e spirituali è da annoverare tra i diritti umani da riconoscere a ciascun uomo ed a ciascun popolo,

In altri termini annoveriamo tra i diritti umani, quello del riequilibrio delle risorse per una dignitosa elevazione di ciascun uomo e voglio darne le ragioni.

Se il primo e fondamentale valore dell'uomo risiede nel suo essere, vuol dire che tutti abbiamo quei medesimi diritti che sono legati alla natura umana.

Non è facile l'identificazione di quali siano i diritti umani, ragion per cui noi, rifacendo il cammino storico del loro riconoscimento, possiamo renderci conto di come siano stati progressivamente identificati. In questo senso possiamo parlare di "cammino della civiltà". Il rilievo è del tutto pertinente al nostro discorso, in quanto dobbiamo prendere atto di quanto segue:

La via di riconoscimento non è stata e non è la via filosofica. Le diverse teorie filosofiche non offrono condivisione, la via politica meno ancora e neppure la via religiosa. La via di fatto perseguita è quella della constatazione di certe aberrazioni umane che hanno portato e portano alla condanna generale da parte dell'umanità. Così di fronte ad esperienze negative si è ritenuto esservi questo o quel diritto naturale da dover condividere nella proclamazione e nella difesa. Possiamo dire che si tratta della via delle aberrazioni umane che suscitano ribellione in quanto gravemente lesive della dignità umana. In questo senso il cammino perfettivo si è fatto progressivo e si è allargato e si va allargando il cammino di civiltà.

Il divario tra Nord e Sud, attualmente così marcato, è diventato oggetto di scandalo e di condanna universale. Così possiamo annoverare tra i diritti umani riconosciuti quello di adoperarsi per ridurre tale divario.

Le varie convenzioni internazionali, specie dall'ultimo dopoguerra in poi, si sono fondate sui detti criteri. Tuttavia, per un verso dobbiamo pur rilevare che queste convenzioni chiedono di essere recepite nella normativa dei singoli stati e di essere effettivamente osservate affinché non rimangano puri enunciati e per un altro verso dobbiamo pur rilevare che queste convenzioni sono anche in ritardo nel riconoscimento di diritti naturali che la pubblica opinione ha già decretato. Così la "vox populi" cammina più velocemente nel cammino di civiltà.

Ma su tutto questo discorso c'è chi porterà i suoi contributi ben appropriati. A me interessava mettere in luce un cammino non ancora completato, ma che sta andando verso una migliore civiltà. Evidentemente nell'interesse del presente discorso vi è il contributo che le scuole di etica ed economia possono dare per elevare in dignità umana chi è afflitto da povertà deprimente.

Progresso economico ed educazione

Il mutamento economico si deve accompagnare al mutamento culturale. Ma mentre il mutamento economico costituisce l'oggetto diretto degli operatori sul piano finanziario o comunque di trasmissione di capacità imprenditoriali, il mutamento culturale è un fenomeno che viene affrontato dall'educazione.

Cosicché le scuole di etica ed economia mentre mirano alle capacità imprenditoriali devono al contempo operare sul piano culturale, intendendo la cultura nel significato sociologico di usi, costumi e mentalità. In questa realtà infatti si iscrive la trasmissione delle capacità imprenditoriali sia riguardanti i soggetti che si preparano all'attività sia i destinatari che saranno coinvolti nella cooperazione e nell'utilizzo delle nuove risorse.

Questo discorso che pare esulare dalla sua prima parte, cioè dalla formazione professionale, non è separabile dall'intervento educativo. Sappiamo, infatti, tutti come le trasformazioni sul piano economico rischiano di sovvertire il sistema esistente di pacifica accettazione della comune povertà. Dico di accettazione nel senso che si possono creare tensioni tra nuovi ricchi e vecchi poveri; ma sopratutto perché il tessuto culturale tradizionale viene alterato con l'ingresso di nuove concezioni del lavoro e della fruizione del benessere. In altre parole si tratta di un nuovo assetto culturale, che va preso in considerazione. E' chiaro che non si tratta solo di inserire nel piano di studi e ricerche per l'acquisizione di capacità imprenditoriali elementi di educazione per gestire le trasformazioni, ma anche di prendere in considerazione gli abitanti del territorio interessato per aiutarli a capire e camminare con le innovazioni.

Il Vangelo delle beatitudini proclama "Beati i poveri in spirito perché di loro è il regno dei cieli" (Mt.5,3). La lode della povertà in spirito diventa esigenza di educazione a questo spirito per tutti: impegna sul piano educativo di se stessi e degli altri. Nel giudizio finale vorremo sentirci chiamare dal Cristo:"Venite, benedetti dal Padre mio… perché io ebbi fame e mi deste da mangiare…"(Mt.25,34)

Il contributo alla pace delle scuole di Etica ed Economia

Riteniamo che le scuole di Etica ed Economia diano un vero e proprio contributo alla pace con la diffusione del benessere e della libertà economica.

Le nostre scuole intendono arrecare una forte iniezione di fiducia a tutti gli operatori economici, segnalando la via della gratuità nell'aiuto ai paesi del Sud, e testimoniando il rifiuto allo sfruttamento dei poveri. Problemi di coinvolgimento mondiale appaiono oggi minacciare l'umanità nella sua stessa esistenza: il rischio di una catastrofe ecologica, il precario equilibrio nucleare, l'esaurimento delle risorse naturali, l'esasperazione delle diversità religiose fino alla dichiarazione della guerra santa contro gli 'infedeli' detentori di alti poteri decisionali, l'occulta e insidiosa minaccia di attentati distruttivi imprevedibili possono trovare un contributo di mitigazione attraverso la condivisione del concetto di pari dignità di tutti gli uomini e la riduzione del divario tra ricchi e poveri.

E' utopia?

Il nostro sogno è di andare verso una civiltà planetaria di significato e valore umano. E' finalità che appare degna di tutti gli uomini a qualunque cultura appartengano, proprio perché prima di tutto e fondamentalmente tutti sono uomini.

Il nostro progetto si iscrive in questo orizzonte. Il nostro lavoro sarà un piccolo o grande rivolo che intende contribuire allo sforzo di alti uomini e di altre istituzioni che hanno a cuore il bene dell'umanità intera.

Luigi Secco