L'educazione tra cultura e volontà
***L'educazione tra cultura e volontà: il contributo della pedagogia alla società
pluralistica, in crisi di valori e di orientamento.
1.- Dal monoculturalismo alla pluricultura: Problemi giuridici e socio-economici delle culture a contatto
In un primo tempo la pedagogia interculturale proponeva: sul piano politico il ricorso all'accettazione dell'immigrato, sul piano operativo l'accoglienza e la convivenza: atteggiamenti che sembravano risolvere le tensioni fra le culture e favorire una società multiculturale pacifica.
Ben presto si dovette riflettere più criticamente sulle implicanze delle dette proposte. Infatti:
Con l'"accettazione" ci si riferisce al problema di natura politica riguardante la "regolarità" dei nuovi emigrati davanti alla legge dello Stato ospitante. Ma ci si è trovati di fronte anche a chi è entrato nello Stato ospitante senza regolare permesso. Gli uni e gli altri hanno accettato di svolgere lavori umili ( e talora di alto rischio per la salute fisica), che ormai gli europei, ricchi in economia e poveri di prole, non svolgono più o per i quali non si trova manodopera locale sufficiente.
In tali contingenze non si può sottovalutare il rischio di una possibile e prossima rivalsa, magari anche con i toni della ribellione e della violenza.
L'"accoglienza" non sempre è motivata da nobili considerazioni; spesso è fondata sull'utile proprio; per cui il datore di lavoro non si preoccupa d'altro che del vantaggio economico che ne ricava e si disinteressa d'ogni altro problema legato alla persona del lavoratore, come, ad esempio, trovargli un'abitazione, garantirgli la mensa, la pulizia della persona e dei suoi vestiti e, più ancora, rendere possibile la vita familiare per chi è sposato e l'educazione dei figli.
Anche in questa situazione non va sottovalutato il rischio che, considerarsi importatori di mano d'opera e non di persone, può col tempo provocare la reazione dell'immigrato per l'umiliazione cui è stato sottoposto (ossia per il misconoscimento dei suoi diritti umani).
La "convivenza" è più spesso considerata necessità, che valore della persona che l'emigrato ha alla pari di ogni uomo. Per cui "pro bono pacis" si accetta di vivere a contatto.
Occorre fare attenzione che la convivenza, quando si riveste di rassegnazione, già reca in sé germi nascosti di diversità sopportata, che può esplodere da un momento all'altro.
Questo trittico si connota delle caratteristiche della tolleranza reciproca ma non uguale: il datore di lavoro sopporta il diverso perché ne ha di bisogno sul piano economico: il che significa esaltazione dell'efficienza produttivistica come valore; l'immigrato a sua volta sopporta le diverse condizioni di emarginazione in cui è costretto: il che significa per lui la negazione di determinati diritti umani. Così su questo piano si manifesta la "crisi" di valori della società pluriculturale, in quanto per un verso alterati e per un altro negati.
2.- Dal pluralismo culturale all'intercultura
Avvertiti dei difetti e delle tensioni che nella sua pratica affermazione il pluralismo culturale può facilmente provocare, ma soprattutto considerando che ogni cultura, quale prodotto dell'uomo, ha la sua dignità, occorre riconoscere che non esistono popoli barbari, incivili, culture inferiori o superiori; e se anche non tutte le culture sono uguali nel loro contenuti e nei modi di esprimersi, ciascuna ha i suoi valori, i quali costituiscono la ricchezza che può essere messa a disposizione degli appartenenti a cultura diversa. In questi termini si pone il fondamento per il dialogo tra le culture, che finisce con l'essere il dialogo tra uomini appartenenti a culture diverse: è l'uomo che fa la cultura, cultura che egli può modificare lasciando qualcosa di suo ed assumendo qualcosa di nuovo.
E questo è il compito della pedagogia interculturale, la quale, appunto, intende sostenere, attraverso il dialogo tra culture, l'interscambio delle migliori risorse e dei migliori valori, quelli cioè in grado di far progredire la civiltà con il contributo di tutti. Col dialogo si possono interscambiare valori celebrati nella diversità, arricchendo il patrimonio della propria cultura, correggendo limiti ma anche difetti In questo senso in Pedagogia interculturale si tende a far cambiare i rapporti tra i vari componenti e ad incidere sulla vita pratica della società, portando ad oltrepassare le barriere nazionali, ponendo con ciò le basi per la costruzione della pace.
Questi progetti, per loro natura di tipo teorico, fondati sulla saggezza dell'umano sentire, dovranno trovare, per la loro pratica attuazione, la volontà degli operatori dei sistemi educativi e dei responsabili dell'azione politica.
3.- Le problematiche mondiali e la pedagogia
Fermo restando il nostro convincimento dell'importanza e dell'efficacia della pedagogia interculturale tradotta nella pratica educativa, non possiamo, tuttavia, ignorare alcune problematiche mondiali che si proiettano nel futuro, e che ci interpellano da vicino e con urgenza.
Problemi di coinvolgimento mondiale appaiono oggi minacciare l'umanità nella sua stessa esistenza: il rischio di una catastrofe ecologica, il precario equilibrio nucleare, l'esaurimento delle risorse naturali, la crescente divaricazione tra ricchi e poveri, l'esasperazione delle diversità religiose fino alla dichiarazione della guerra santa contro gli "infedeli" detentori di alti poteri decisionali, l'occulta e insidiosa minaccia di attentati distruttivi imprevedibili.
Tuttavia, per quanto vogliamo tenerci aperti alle forme dinamiche ed evolutive di ogni cultura, ci sembra che per mettere sotto controllo il futuro del mondo, occorra una specifica antropologia pedagogica capace di modificare il comportamento non solo individuale ma anche sociale. Si tratta di coscientizzare tutti circa le problematiche mondiali, innovare strutture e comportamenti: cose tutte di fronte alle quali le singole culture non sembrano poter disporre di elementi valoriali presenti nelle loro realtà. In altre parole si tratta qui non tanto di conservare e scambiare i prodotti del passato e, pure, del presente, ma di prospettare il futuro come problema mondiale, al quale ci si approccia partendo dalle cause che ingenerano i rischi ricordati: il porvi rimedio è diventato un perentorio dovere generale, valutabile come unica soluzione dal punto di vista della saggezza umana.
Comprendiamo le resistenze di chi dovrà spartire coi poveri le proprie ricchezze,
porre fine agli sfruttamenti, adoperarsi per elevare culturalmente la dignità dell'uomo ed accettare umilmente di rinunciare a vendette e supremazie. Occorre convincersi che non siamo di fronte a sconfitte, anche se apparentemente possono apparire tali e come tali costare; siamo piuttosto di fronte ad una rigenerazione della dignità umana e della condizione umana della società "tout-cour".
4.- Il nostro sogno è di andare verso una civiltà planetaria di significato e valore umano.
E' un'utopia? Essa lo è nella stessa misura in cui tutta la pedagogia può essere considerata utopia. Siamo nel campo delle dichiarazioni delle finalità che si vogliono conseguire. E questa finalità della civiltà planetaria di significato e valore umano, appare degna di tutti gli uomini a qualunque cultura appartengano, proprio perché prima di tutto e fondamentalmente tutti sono uomini. E come controprova ne è il fatto che abbiamo imparata la lezione dalla storia: contrasti, tensioni, e guerre non hanno fatto progredire l'umanità dell'uomo.
E' un progetto ipotizzabile col concorso di educazione e politica, ove cultura educativa e volontà sociale, facendosi attive, possono affrontare il difficile cammino, il cui avvio incomincia con la consapevolezza del problema e si regge sulla saggezza nell'operare.
La consapevolezza chiama in causa la volontà di rendersi conto ed accettare l'uguaglianza ontologica di tutti gli uomini. Anche il momento operativo chiama in campo la volontà "volontà personale" per la collaborazione, e soprattutto la "volontà politica".
Ci corre l'obbligo di rilevare che le trasformazioni sociali hanno acquisito il carattere di efficacia nel tempo quando sono partite dal basso. Nel caso qui da noi prospettato ci vuole sì il consenso della base ma è indispensabile che si affermi la volontà degli organismi pubblici nazionali ed internazionali, in quanto la posta in gioco supera le risorse di cui un singolo ed anche una singola cultura possono disporre.
Prof. Luigi Secco