L'amore vince sull'indipendenza

"L'indipendenza"

Tra amore e indipendenza vi è un contrasto profondo ma che non sempre emerge alla consapevolezza dell'individuo. Causa fondamentale è il fatto che la spinta verso la propria affermazione come individualità distinta e separata dagli altri, è spontanea ed immediata. Solo riflettendo sulle conseguenze che ne derivano è possibile rendersi conto che senza rapportarsi all'altro si sperimenta separazione, isolamento e insoddisfazione. Lo si verifica nei soggetti psichicamente malati ed in coloro che presi dal proprio egoismo si credono autosufficienti.

Nessuno può raggiungere maturità ed autonomia isolandosi dai propri simili. Parliamo di "dipendenza matura" come traguardo da raggiungere attraverso tutto il processo di maturazione della propria personalità, che comincia con l'accettazione del bisogno fondamentale che ciascuno ha degli altri. Ci troviamo di fronte al paradosso secondo cui l'uomo attinge il massimo della sua individualità attraverso il contatto con i suoi simili, mentre quando se ne distacca è proprio allora che cade nell'impoverimento della sua individualità.

Ci domandiamo che cosa c'è di così importante nei rapporti con gli altri se senza di loro non è possibile sviluppare la propria personalità. La risposta è semplice: non è possibile vivere a proprio agio se non ci si sente accettati dai propri simili. Con loro è possibile acquisire ed avere il senso dlla propria individualità, in quanto col confronto si cresce e si acquisisce il senso del proprio valore.

La "dipendenza"

L'accettazione e l'apprendimento della "dipendenza", non è né facile né immediato. Il fatto che sia necessario per elevarsi in dignità umana ed in fecondo rapporto con gli altri, non comporta nessun automatismo; tutto è frutto di conquista personale. E' vittoria dovuta alla libera volontà del singolo sulle forze centrifughe, quelle cioè che ostacolano o rendono difficile il domino della volontà su di loro.

Esplicitamente va riconosciuto che l'uomo è sempre in bilico tra le proprie sensazioni ed emozioni e gli obiettivi superiori. Sensazioni ed emozioni emergono e si propongono con la loro forza originaria, indipendentemente dalla volontà dell'uomo. Su di loro si può prendere posizione, dominarle e guidarle con la propria volontà. La volontà dell'uomo sulle sensazioni ed emozioni è una volontà politica non dispotica ossia è una volontà che deve essere guidata con intelligenza e con discrezione. Lukas E. ci precisa che non si tratta di una completa libertà in quanto lo spazio della libertà è molto piccolo all'interno del condizionamento dominante esercitato dall'emozione sulla cognizione, ma all'interno di questo spazio libero le nostre sensazioni hanno perso il loro potere su di noi.

Per altro aspetto c'è anche da considerare che l'uomo non fa sempre obbligatoriamente uso della propria libertà. La libertà non è un dato, ma una potenzialità. Ogni volta che l'individuo si lascia condurre dai propri istinti, egli rinuncia all'uso costruttivo della sua libertà, all'ascesa verso conquiste di valore.

Chi si lascia determinare dai propri istinti, in un certo senso compie pure un atto di scelta, cioè di libertà. Ma qui occorre chiarire cosa intendiamo per libertà. La libertà non sta nelle scelte qualunquistiche né nelle decisioni di lasciarsi andare sulla scia dei sentimenti, delle emozioni o degli istinti. Noi intendiamo che la libertà è anzitutto capacità di gestirsi responsabilmente in base a motivazioni sagge ed elevanti. Sicché intendiamo che anzitutto la libertà serva per liberarsi da inceppi ed affermare scelte in funzione di beni superiori. Nessun uomo può sfuggire l'impegno di esercitare debitamente la sua libertà. E' quasi paradossale riconoscere che l'uomo è obbligato a confrontarsi con la sua libertà: non può sfuggire al trovarsela di fronte come problema umano, come problema di ogni uomo.

"L'interdipendenza"

Quando si riesce a disporre di sé, delle proprie risorse liberate dai condizionamenti, si è in grado di aprirsi all'incontro con l'altro, col quale si instaura una "dipendenza salutare", o più esattamente una interdipendenza. L'io e il tu si cercano, si confrontano, si scambiano i reciproci doni.

La vittoria sull'indipendenza, finisce con l'essere opera dell'amore, opera dell'apertura verso l'altro. Si guarda e cerca l'altro come essere complementare col quale rapportarsi al di fuori degli atteggiamenti di sfruttamento e di asservimento dell'altro a sé.

Ci avverte Maritain J. che l'apertura all'altro è costantemente insidiata; sebbene dal punto di vista morale la vita ci chieda di liberarci dall'egoismo, c'è continuamente il pericolo di confondere amore ed egoismo, c'è il pericolo di catturare coloro che amiamo involgendoli col nostro amor proprio in un disordinato amore di sé.

Anche per Guardini R., l'uomo, nei suoi rapporti con l'altro, finisce col trovarsi continuamente dinanzi ad un bivio: imboccare e percorrere la strada dell'egocentrismo e dell'individualismo, o quella dell'altruismo e della fraternità, vedere nell'altro una presenza che espropria e rende schiavi o una presenza che, nonostante possa turbare sicurezze ed equilibri, sollecita responsabilità e reciprocità. Valgono come promozionali solo gli incontri in cui ci si stacca da sé per aderire alla conoscenza della verità e non in funzione dei propri bisogni egoistici in quanto in questo caso l'io rimane in casa sua.

Anche per questa via si riconosce che solo l'apertura verso l'altro apre un orizzonte di possibilità di esplicazione delle proprie potenzialità, che permette di diventare sempre più compiutamente se stesso. Uscire da sé per incontrare l'altro in un interscambio d'amore, è la vocazione dell'uomo autentico.

L'amore, per essere autentico deve restare integro nella sua essenza: l'avvicinamento dell'altro avviene nel riconoscimento del suo essere reale, del suo valore, dei suoi progetti. E' più esatto chiamare questa dipendenza "interdipendenza": non si tratta,infatti, di sudditanza dell'uno sull'altro, né di rinuncia alla propria identità; si tratta piuttosto di un confronto dialogico dell'io col tu che diventa "noi", ove l'uno arricchisce l'altro e gli consente di uscire dall'isolamento e dalla concezione del proprio essere come l'assoluto.