Etica ed economia

Istituzione "Etica ed Economia": Interpretazione filosofico-morale

================================================

(Apetura dell'anno accademico 2003 dedicato al tema "Etica e mondialità"

(Bassano del Grappa 15 febbraio 2003)

1.- Quale filosofia del lavoro ?

Le molteplici concezione del lavoro, che si sono rincorse nella storia, stanno a testimoniare il vivo e costante interesse dell'umanità per questa esperienza. Diversamente valutata per ragioni ideologiche o di interessi di parte, essa ha assunto una particolare rilevanza col progredire del lavoro collettivo. Si può dire che non vi è branca di discipline che non si sia occupata e non continui ad occuparsi del problema o, più esattamente, dei molteplici problemi connessi col lavoro umano.

Da quando quest'ultimo aspetto ha coinvolto la coscienza del rapporto tra lavoro e dignità dell'uomo, si sono succedute dottrine e prese di posizione sul piano operativo decisamente orientate a difendere i diritti del lavoratore. Giova ricordare le dottrine contenute nella "Rerum novarum" ed il riandare ad essa nella "Octogesimo adveniens" e nella più recente Enciclica "Centesimus annus".

Diritti e doveri dei lavoratori studiati e proclamati, fatti oggetto di prese di posizione sindacali, nonché di discipline ed attività educative, impongono oggi alla coscienza di ciascuno la doverosità di assumere il significato soggettivo del lavoro (Cfr.Laborem Exercens), anche da un nuovo punto di vista, quello della finalità intrinseca all'attività lavorativa. Si vuol dire che la produzione di beni, facilitata e accelerata dai nuovi mezzi tecnici, rischia di monopolizzare tempi ed energie umane al di sopra dei primari valori in grado di nobilitare l'uomo. In altri termini occorre richiamare che il lavoro è per l'uomo e non vice versa'.

Certamente, facciamo i discorsi del lavoro come via e forma per una migliore realizzazione di sé, della propria personalità: facciamo, cioè, il discorso della dignità umana del lavoro. Ma il lavoro come tale non è tutta la vita e, come si vuol ben dire, occorre andare oltre il lavoro.

Ma a chi appartiene questo compito, che possiamo dire educativo ? Non lo ravvisiamo come proprio dell'azienda come tale, anche se nei corsi di aggiornamento lo vediamo in sede più propria. Lo ravvisiamo più propriamente spettante ai corsi di formazione professionale.

2.- Funzione umanistica del lavoro

La dignità ed il valore fondamentale dell'uomo, insiti nel suo essere persona da natura, possono ricevere dal lavoro occasioni di vantaggio non solo per la sussistenza propria ed altrui, ma anche per un perfezionamento della propria umanità. Tutto dipende non tanto dal lavoro che l'uomo farà, ma dal modo con cui lo affronterà sia per le attese che per le forme di svolgimento. E' questo l'aspetto soggettivo del lavoro, che lo porta sul piano etico. E' sempre l'uomo che lavora in senso proprio e non la macchina.

Pertanto, qualunque lavoro vale per la dignità che riceve dall'essere compiuto da persona umana. Rigorosamente parlando, non è il lavoro che nobilita l'uomo, ma l'uomo che nobilita il lavoro. Non ci sono lavori faticosi ed umili da relegare a determinate categorie di persone, né altri da riservare a più nobili ceti. "Le fonti della dignità del lavoro si devono cercare soprattutto non nella sua dimensione oggettiva, ma nella sua dimensione soggettiva" (Laborem exercens n.9). La stessa fatica che esso comporta, come universalmente rilevato, non toglie al lavoro di essere un bene "degno" dell'uomo, pur ricordando che si può anche usare il lavoro contro l'uomo, si può punire l'uomo col lavoro forzato nei lager, si può sfruttare l'uomo del lavoro.

"Il lavoro è un obbligo, un dovere dell'uomo. L'uomo deve lavorare sia per il fatto che il Creatore gliel'ha ordinato, sia per il fatto della sua stessa umanità, il cui mantenimento e sviluppo esigono il lavoro. L'uomo deve lavorare per riguardo al prossimo, specialmente per riguardo alla propria famiglia, ma anche alla società, alla quale appartiene, alla nazione….all'intera famiglia umana, di cui è membro"(Ib.16).

Ribadiamo: "Il lavoro non è tutta la vita": non si potrà identificare il proprio valore umano sulla base della capacità lavorativa e soprattutto produttiva: si cadrebbe nella schiavitù che fa chiudere gli occhi e trascurare altri doveri sia verso se stesso che verso terzi, mettendo in primo piano la propria famiglia. Il tempo libero si fa tempo di recupero delle energie e tempo da dedicare alla elevazione culturale e spirituale della propria personalità.

Mediante il lavoro l'uomo può anche "realizzare" se stesso come uomo. Così si potrà allora comprendere anche la virtù della laboriosità. Sono proprio questi aspetti che vanno analizzati, valutati e fatti oggetto di esaltazione di un individuo e di un popolo. Si lavora, infatti, per sé, per la famiglia, per la società al fine di creare condizioni sempre migliori di vita, cioè di progresso nel benessere che rende sempre più elevato il senso della dignità umana di ciascuno e meglio vivibili i propri anni.

Non potrà essere un lavoro per la sola efficienza, cioè per l'accumulo del prodotto, ma sarà anzitutto prestazione fatta secondo modalità che affermino la dignità del soggetto lavoratore. E' il modo secondo cui questa è vissuta che consente la realizzazione di sé. Su questo aspetto si riprende il discorso più sopra richiamato come problema cioè dell'educazione al lavoro per orientare sui quesiti: cosa si aspetta l'uomo dal lavoro, con quali attese si impegna in esso, come intende finalizzarlo in ordine al più ampio problema della realizzazione di sé in modo che esso contribuisca, pur con i suoi aspetti di stress, a rendere soddisfacente la vita.?

3.- Il lavoratore come imprenditore di sé

Un ulteriore problema riguarda le nuove prospettive che sembrano affacciarsi nel mondo del lavoro, intese a fare del lavoratore un "imprenditore di se stesso in azienda".

Oggi il mondo dell'imprenditoria sta orientandosi in modo diverso, rispetto al passato, nei riguardi dei dipendenti: esso intende investire sui dipendenti in modo da modificare il loro atteggiamento nei confronti dell'azienda. Invece di doverne gestire le lamentele per il fatto di non poter più garantire loro un posto per la vita, si preferisce responsabilizzarli verso la propria vita professionale, trasformandoli in "Imprenditori di se stessi"

Questa radicale modifica di orientamento mira a responsabilizzare gli individui nella scoperta dei valori ed interessi propri, rimasti inesplorati, da mettere a profitto di obiettivi che consentano di impiegare al meglio le proprie potenzialità.

La nuova prospettiva intende trasformare la vita personale in un percorso dinamico, in cui la meta può essere modellata dal soggetto stesso. Sta all'individuo voler interrogarsi, prendere una nuova consapevolezza di sé, valutare i propri talenti e credere alle sue possibilità per un nuovo futuro.

Per altro verso, le organizzazioni aziendali che si pongono su questa linea, mirano ai propri interessi di produzione e di competizione, coniugandoli con l'apporto delle capacità e disponibilità del lavoratore. Che questa sia la carta vincente per imporsi sul piano della concorrenza, quella cioè di offrire prodotti più appetibili dal pubblico dei consumatori ed a prezzi vantaggiosi per un giusto ricavo, non appartiene a noi darne la valutazione. Senza dubbio, invece, dal nostro angolo visuale della valorizzazione del soggetto lavoratore e delle sue note o riscoperte potenzialità, dobbiamo dire che la "volontà di credere a se stesso" per un verso è condizione, e per un altro garanzia di una soddisfacente realizzazione di sé.

Possiamo così affermare che le risorse di un individuo normale sono molte di più di quelle di cui si è consapevoli e di quelle che si sono normalmente impiegate, ragion per cui la loro valorizzazione apre a nuovi orizzonti etici, nel senso che azienda e uomo entrano in una sinergia gestibile da entrambi. La tensione provocata dalla spaccatura tra attività dell'azienda e prestazioni del lavoratore, si supera con una valorizzazione dell'etica umana in quanto promotrice di collaborazione a livelli alti.

Abbiamo, così, chiesto all'azienda di concepirsi e strutturarsi in modo da venire

incontro al lavoratore, non più relegato alla passiva attuazione dei progetti e dei compiti esecutivi. Si tratta di chiedere all'azienda di costruire progetti di valorizzazione motivazionale dell'uomo partendo da una adeguata contemplazione delle caratteristiche psicologiche dell'individuo. Questi resta sempre quell'essere umano, dotato di varie energie destinate ad implicarsi ed esplicarsi in tutti i rapporti esistenziali e che, pertanto, può trovare nelle organizzazioni il luogo privilegiato della loro manifestazione e del loro sviluppo. Le organizzazioni così strutturate possono diventare il luogo ove il malessere e le critiche aspre cedono il posto alla soddisfazione proveniente dal contributo offerto di creatività e di corresponsabilità.

4.- Un'ultima considerazione

va fatta richiamando una delle caratteristiche qualificanti questa istituzione "Etica ed economia", ossia la coniugazione dei valori dell'efficienza con quelli della solidarietà, ritenendo questa possibile e fonte di progresso economico e di civile convivenza.

Non appartiene a me entrare nel discorso tecnico Nell'ambito delle mie competenze debbo rilevare la celebrazione della massima eticità di questa prospettiva, in quanto non si valorizza solo, come sopra detto, l'uomo nelle sue risorse personali, ma si valorizzano attività in prospettiva di universalità: cioè a beneficio per tutti.

In conclusione

preme rilevare che il discorso etico non viene né prima, né tanto meno dopo il discorso delle varie attività, qualunque esse siano aziende o lavoro. L'eticità sta all'interno delle attività: se queste sono degne dell'uomo esse sono eticamente difendibili, se, diversamente non sono degne dell'uomo, sono già di per sé negative sul piano etico. Questo modo di concepire l'etica fa superare i dubbi che un'attività sia scientificamente positiva ma che l'etica la possa condannare.

Luigi Secco