Per un cammino di libertà di fronte a scandali e pregiudizi

Per un cammino di libertà di fronte a scandali e pregiudizi

Premessa. Il presente contributo rientra in un disegno di tipo generale ed organico, che ha per centro focale "la volontà".

Il primo contributo inizia con il volume: "L'educazione della volontà" (ed.La Scuola, Brescia, 1983, pp.208). Successivi studi colgono nel dettaglio varie tematiche, particolarmente riguardanti l'età evolutiva: "L'educazione della volontà del bambino in età di scuola materna", in Scuola materna, n.15 del 1987; "L'educazione della volontà nell'infanzia", in Scuola materna, n.7 del 1989; "Come educare l'infanzia alla volontà", in Scuola materna, n.4 del 1991; "Educare la volontà dei giovani tra scandali e violenza", in Scuola e didattica n.8 del 1993;

"L'educazione della volontà", Libreria Universitaria Editrice, Verona 1997 ristampa; "Educare la volontà dei giovani di fronte alla violenza", in Pedagogia e Vita, n.5. del 2002; "L'educazione della volontà in famiglia", in La Famiglia, n.215 del 2002; "La volontà di credere a se stesso nella vita adulta", in Pedagogia e Vita", n.6 del 2002. Questi studi intendono contribuire a riscattare il ruolo della volontà nella guida della condotta umana.

Le antiche dispute, più proprie della teologia e della filosofia, circa la natura della volontà ed il suo atto, hanno perso d'interesse nell'epoca moderna, specie nel secolo XIX e XX, con l'affermarsi di nuove discipline come la psicologia scientifica, la psicoanalisi, la sociologia e col sorgere di movimenti preoccupati di liberare l'uomo da condizioni sociali oppressive e aberranti.

Questi nuovi interessi non sempre hanno contribuito a fornire un'immagine fiduciosa dell'uomo; troppo sovente egli viene interpretato come totalmente condizionato, privo di capacità di scegliere il proprio destino, completamente alienato.

Dette immagini hanno orientato a collocare la fiducia del riscatto in nuove condizioni da creare da parte di terzi, della società, di questa o quella struttura, misconoscendo o addirittura negando la possibilità di contributo personale dell'individuo. Conseguentemente, sul piano educativo è caduto l'appello alle forze originarie e libere del soggetto perché si adoperi alla sua affermazione ed alla risoluzione dei suoi problemi.

Era inevitabile che questo stato di cose col tempo creasse l'inquietudine nella società e particolarmente nei giovani, facendo sentire istanze di trovare spazio per il proprio contributo alla realizzazione di sé.

Un rapido riferimento storico ci presenta dapprima "la forza" della volontà chiamata in campo per negare il desiderio (concezione vittoriana), successivamente il desiderio, liberato per prendere il posto della volontà (concezione freudiana), in fine la volontà "sociale" come l'unica via per realizzare l'uomo autentico (concezione marxiana).

Ciò premesso, è doveroso richiamare che senza libertà la volontà è deprivata della sua caratteristica tipicamente umana e che essa è minacciata ogni qual volta determinate condizioni sociali si sovrappongono ai processi di libera scelta. Lo studio che va seguire, guarda alla volontà come sede della libertà ed intende sostenere il processo di educazione alla volontà come capacità di volere e della volontà come facoltà operativamente saggia.

1.- Scandali e pregiudizi: ostacoli alla propria identità

Secondo F.M.Battisti per scandalo "si intende quel movimento di disapprovazione che viene provocato da un atto di devianza, commesso o attribuito ad individuo o gruppi sociali, avente la proprietà di offendere i principi morali condivisi". Diremo che lo scandalo reca in sé, prima che il movimento di disapprovazione, il rischio di esercitare un influsso moralmente deleterio sugli altri. "La spinta al male inclusa nel concetto di scandalo, può derivare dalla natura stessa dell'atto e dal fenomeno esteriore scandaloso, oppure dalla condizione del soggetto su cui quell'atto esercita la sua influenza "(Enc.Cctt., Città del Vaticano, 1953, Vol XI).

A noi interessa il turbamento che esso può provocare nel cammino di libertà del giovane, in quanto egli ha bisogno di non essere intralciato o disorientato nella linearità della costruzione della sua identità positiva e semmai ha bisogno di "buoni esempi" come stimoli incoraggianti.

La medesima preoccupazione ci muove di fronte ai pregiudizi, per ragione della loro infondatezza rispetto alla verità e, quindi, come tali, causa di devianza nel cammino di libertà.

L'assunto pedagogico in gioco sta nel garantire la signoria nelle proprie decisioni, ossia: l'uomo è tanto più libero quanto più completamente è padrone della sue decisioni, quanto più domina la situazione e, più profondamente, quanto più piena e immediata scaturisce l'azione da ciò che egli è. "Significa che l'uomo vivente e integrale passa nel suo agire; che vi si esprime senza mediazioni; e opera con la sua dimensione autentica e intima, con il suo nucleo; che agisce così com'è" (Guardini R. Persona e libertà. Ed.La Scuola, Brescia.1987, p.101).

Dal punto di vista psicologico il soggetto si percepisce tanto più libero, quanto più piena e immediata scaturisce l'azione di ciò che egli è. In altre parole l'essere personale esterna in pensieri ed in azioni la propria identità senza alterazioni dovute a forzature o condizionamenti estranei al proprio essere. Tale esperienza è traducibile nelle espressioni frequentemente udibili: "Io dico quello che penso", "Io faccio quello che mi sento", "Io sono sincero con me stesso".

2.- La verità fa liberi

Dal punto di vista pedagogico, siamo interessati a che la libertà psicologica testimoni l'autenticità del pensare e dell'agire dell'individuo, al quale, tuttavia, è richiesto l'impegno attivo per una progressiva acquisizione di ciò che è più degno dell'uomo, ossia di ciò che progressivamente lo eleva ad un sempre maggior valore della sua personalità.

Il cammino perfettivo dell'uomo non è opera di autonomia intesa come autosufficienza così che l'individuo lo possa percorrere e conseguire senza il rapporto con il mondo esterno. Lasciare tutto e solo all'intimità, può significare grande rispetto e stima per la libertà e responsabilità di ciascuno; ma se si vuole far crescere in valore la propria personalità occorre immergersi nella relazionalità, cioè nel rapporto sociale in quanto questo si offre come via per assumere nuove competenze di pensiero-verità e di esperienze-valori. Ogni acquisizione della verità, non può essere esperita che come un diventar-liberi. Per tal ragione il conseguimento della verità segna il cammino della libertà così come, per logica coerenza, la sperimentazione dei valori rende liberi.

L'individuo non può sequestrarsi dal consorzio umano, per celebrare una presunta autosufficienza; né può pretendere che il suo rapporto col sociale scaturisca e si affermi con la sua sola chiaroveggenza. Né l'impegno verso il sociale può essere inteso limitato alla pura cognizione dei fini che si intendono raggiungere con la collaborazione sociale. L'ipotesi che menti illuminate non potrebbero non adoperarsi al perseguimento di finalità viste come buone, è del tutto utopistica. Muoversi socialmente, o per meglio dire comunitariamente, significa muoversi insieme, cioè entrare in un corpo sociale che per uscire dalla casualità e dalla dispersione postula un'azione unificante, in grado di provocare la cooperazione di tutti verso le mete comuni. E ciò che si fa proprio entra ad arricchire l'identità. L'appropriazione quanto più penetra nel nucleo personale, tanto più consente di allargare gli spazi della libertà personale.

Al di fuori dell'utopia, l'esperienza ci mostra non solo la difficoltà di concordanza degli uomini nel giudizio sul vero o sul meglio, ma anche la tendenza al prevalere dell'atteggiamento egocentrico rispetto a quello allocentrico su cui, almeno in parte, si fonda la collaborazione sociale. La libertà individuale si realizza sempre in determinate situazioni quali sono la cultura ed il carattere proprio e le possibilità ed ostacoli offerti dall'ambiente.

Per questo la libertà non si riduce alla sola conquista dell'autonomia, il che significherebbe incoraggiare la tendenza dell'individuo a chiudersi in se stesso, mentre invece la libertà è anche movimento di apertura, disponibilità, adesione: superando la mera sottrazione a vincoli e condizionamenti -nel caso nostro pregiudizi e scandali- non isola, ma unisce, non fonda l'anarchia ma la relazionalità con i valori del mondo sociale. Non c'è sviluppo di libertà senza un crescente rapporto col mondo, senza una sempre più ampia condizione di reciprocità con gli altri, senza l'assunzione di una corresponsabilità della vita. Troppo spesso la libertà viene intesa e vissuta come un ritiro su se stessi, come difesa e garantismo di un individualismo con cui il soggetto reagisce alle difficoltà di rapporto rinnovato col mondo. In definitiva la libertà si testimonia nel porre in atto progetti di vita personale in modo più consapevole, utilizzando il proprio potenziale di doti e di capacità e di attuare un'esistenza che possa portare sempre più i segni dell'inventiva e della creatività. (Cfr.Massaro G.,.Libertà ed educazione oggi, in Educazione e libertà. Università di Catania 1988, pp.375 ss.)

3.- Le minacce alla libertà

Gian Battista Vico ci ha esplicitamente detto che la maturazione dell'uomo non avviene solo col trar fuori, ma anche col mettere dentro. Per altro verso "nessun uomo è un'isola" e Seneca ci ha da tempo avvertiti, sia pure pessimisticamente: "Quotiescumque inter homines fui, minor homo reddi", il che significa che nel contatto con gli altri esseri umani vengono introiettate negatività che non giovano al miglioramento dell'uomo. Così l'intimo dell'uomo non è univoco. Nel Vangelo di Matteo Gesù dichiara che dall'intimo dell'uomo possono uscire progetti maligni e comportamenti malvagi: "Dal cuore provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie" (Mt. 15,19).

In merito alle scaturigini delle negatività si riscontrano concezioni differenti dal punto di vista antropologico.

a) La dottrina luterana ha una considerazione ottimista circa la bontà originaria dell'uomo.

b) La dottrina cattolica si rifa al peccato originale, a causa del quale l'uomo è ferito nei doni naturali, soggetto all'inganno dell'errore, alla suggestione dell'immediatezza ed alla proclività verso il male (Cfr. Concilio di Trento Sess,VI, c.1: "Liberum arbitrium minime extinctum…, viribus licet attenuatum et inclinatum"..