Etica ed Economia ed incontri tra culture

Sabato 5 giugno 2004 Etica ed economia ed incontri tra culture

Credo che l'istituzione "Etica ed economia" si debba far carico, entro le sue ricerche e proposte di pensiero, di intervenire a costruire mentalità "moderne", ossia capaci di "pensare", "riflettere" davanti ai problemi attuali, che non trovano nel passato la risposta già data o prevista.

Il motivo di fondo sta nella considerazione che nessun uomo é un'isola e che nessuna azienda può prevedersi operante con appartenenti ad una sola cultura. Inoltre non ci riferiamo solo ai membri dell'azienda ma anche ai fruitori dei prodotti dell'azienda che non possiamo delimitare ad una determinata cultura. In fine rileviamo che "mentalità aperte" certamente prevengono tensioni e conflitti.

Si vuol proprio raggiungere l'uomo, oltre le competenze tecniche, nella sua umanità

Chiarimenti di base:

Obiettivi e finalità della pedagogia interculturale e le ipotesi della sua traduzione in termini educativi..

Parte prima: Obiettivi e finalità della pedagogia interculturale

. 1.- Chiarimenti terminologici

Il termine "intercultura" si riferisce alla modalità dinamica del rapporto tra di loro di diverse culture.

Il termine cultura è assunto secondo l'accezione socio-antropologica,che riguarda usi,costumi, abitudini, concezioni religiose e forme diverse di vita. Entro questa concezione generale di cultura, il termine "monocultura" sta ad indicare l'esclusività di una sola cultura, quello di "pluricuitura" o "multicultura" si riferisce a diverse culture vissute in un medesimo territorio ma inter sè non comunicanti (1). "Monocultura" e "pluricultura" (o "multicultura") interessano nella ricerca pedagogica ed educativa per conoscere le caratteristiche peculiari delle singole culture, che qualificano la loro identità (aspetti descrittivi). Invece "intercultura" non è un dato di fatto esistente; essa è obiettivo da raggiungere, attraverso l'instaurazione dì un tipo di rapporti dinamici tra più culture da conseguire attraverso la legislazione statale e i sistemi educativi (compito prescrittivo).

Ad affrontare queste tematiche dagli inizi degli anni ottanta si è impegnata una nuova disciplina: la pedagogia interculturale. Questa non ha ancora raggiunto una sicura definizione; è ancora oggetto di ricerca da parte degli specialisti; e mira a fornire ai sistemi educativi tutte quelle indicazioni teoriche e pratiche che dovrebbero essere in grado di cambiare il volto della società./2).

2.- Alla ricerca delle condizioni per la convivenza

Nei tempi passati, quando le diversità culturali venivano a contatto, solevano sprigionare una conflittualità molto forte che dava origine a lotte e guerre per imporre all'altro il proprio dominio e la propria cultura, causando anche fenomeni di genocidio. L'idea dominante era quella del proprio valore, del possesso di una migliore civiltà o anche di una religione superiore. Oggi, il pluralismo diffuso costringe il pensiero comune a mettersi su di un altro piano: non ci possiamo distruggere in lotte intestine; dobbiamo guardarci in faccia, conoscerci, rispettarci e trovare le regole della convivenza e della collaborazione.

A questo cambiamento di mentalità siamo costretti dagli avvenimenti, ma abbiamo anche fatto molti progressi sul piano del significato e dei valore della vita umana, mettendo in primo piano non più le culture e la loro conflittualità, bensì l'uomo come persona nel suo valore e nella sua dignità.

Sul piano dei fatti siamo in presenza di immigrazioni di gente proveniente da vari continenti, appartenente a culture e religioni diverse. E, quel che ancora conta, si tratta di diversità che si distanziano notevolmente e che, nel tentativo di conservare la propria identità minoritaria, si chiudono in una intransigente impenetrabilità. Per altro verso il Paese di accoglienza ha finito col rinunciare alle imposizioni sia perché ha bisogno di mano d'opera, sia perché non ha più il potere delle armi.

Le insidie più pericolose e ricorrenti nella pratica sono rappresentate da atteggiamenti acritici come il pregiudizio, il razzismo e la xenofobia.(3).

Sul piano della mentalità, chiunque rifletta deve ammettere che la base per accettarsi, tollerarsi e collaborare, obbliga a portare l'attenzione non più sui vantaggi economici di chi accoglie o sugli attributi culturali, ma su una nuova concezione dell'uomo, chiunque egli sia. In altre parole non si può più parlare di nazioni che "importano mano d'opera", bensì si deve riconoscere che si importano "uomini" con tutti i loro diritti e con tutta la loro dignità, a prescindere dagli usi e costumi che segnano la loro cultura (4).

Allo scopo di rendere fecondi e sicuri i rapporti tra le diverse culture dovranno intervenire il legislatore ed il sistema educativo.

- Allo Stato spetta sancire con un'adeguata legislazione i diritti e i doveri degli immigrati. Né possono essere prese in considerazione le sole convenienze economiche. Gli immigrati, generalmente, accettano di affrontare lavori umili (o di alto rischio per la salute fisica), che ormai gli europei, ricchi in economia e poveri di prole, non svolgono più o per i quali non si trova mano d'opera locale sufficiente. L'immigrato è una persona, che,in virtù del suo valore ontologico ed in nome della civiltà europea, ha diritto di essere considerato con tutti i suoi problemi umani: salute, famiglia, religione, cultura.

- Dal punto di vista educativo ci si attende il superamento della xenofobia e dei pregiudizi razziali da parte degli ospitanti. Qui il discorso si fa eminentemente pedagogico poiché si tratta di educare a riconoscere all" 'altro' la medesima dignità che riconosciamo a noi.

3.- La pari dignità delle culture

Le diverse culture come prodotto dell'uomo meritano il riconoscimento della pari dignità e quindi un confronto a pari con il superamento ed il rifiuto di costituirsi di questa o quella come dominante, avente in sé, per ragione intrinseca o politica, il diritto di imporsi e di esigere d'essere accolta ed assimilata (5).

Le conseguenze sul piano educativo comportano il riconoscimento di un ruolo attivo degli appartenenti a culture 'altre' ad elaborare e mettere in atto opportune ed adeguate strategie educative.

Sul piano sociale le conseguenze non potranno che farsi evidenti per la negazione della dominazione dell'uomo sull'uomo. In altri termini la pedagogia interculturale tende ad incidere sulla vita pratica della società, portando ad oltrepassare le barriere nazionali. In questo senso essa pone le basi per la costruzione della pace.

4.- La dignità dell'uomo viene prima della cultura

Essa ci ricorda che l'educazione è la formazione dell'uomo in quanto tale, valorizzazione delle potenzialità interiori attraverso una cultura che sempre travalica e verso la quale si apre per arricchirsi, per comprendere gli altri e comunicare con essi (6).

Quando un soggetto scopre, costruisce e rafforza la sua identità senza legame incondizionato alla cultura che gli è servita per la sua formazione, sarà in grado di crescere secondo un suo progetto (identità dinamica), aperto alla comprensione di altre culture e in grado di mettersi in dialogo con esse e ad operare le migliori integrazioni (7).

Così col termine "integrazione", intendiamo escludere la pura assimilazione tendente ad eliminare le identità proprie originarie, per sostenere,invece,il dialogo mediante il quale il soggetto rinnova ed accresce la sua cultura.

Lo scoglio maggiore può consistere in una concezione di "gelosia" della propria cultura che si intende conservare per volontà di superiorità. Altro scoglio è rappresentato dal caso dei portatore di cultura "altra" che la ritiene "debole" perché vissuta, come nel caso dell'emigrazione, in situazione di isolamento, ma "forte" perché legata alla storia della propria origine e agli affetti che le esperienze condotte tengono vivi. Superiorità e nostalgia si qualificano come atteggiamenti impeditivi di crescita e di collaborazione.

Non possiamo nascondere che per "crescere" occorre anche lasciare, abbandonare le dimensioni dei piccolo, di ciò che apparta, ma abbandonare anche la dominanza che non accetta cambiamenti. E' l'uomo che fa la cultura e precisamente quella cultura che lo fa migliore, che arricchisce di conoscenze, di esperienze, di dialogo, di collaborazione (8).

Questa prospettiva mette in crisi le identità stagne. La cultura, che ha fatto o fa le identità individuali e di gruppo, è sempre in movimento, in cammino e questa sua evoluzione non può essere fermata, pena l'invecchiamento e il superamento(9). Il problema é che oggi l'accelerazione non avviene solo per i sistemi di trasformazione industriale, ma sopratutto per il fatto sociale che gruppi diversi si trovano a convivere e a dover collaborare. Uomini diversi possono collaborare, ma se vogliono accettarsi e reciprocamente avvicinarsi ed intendersi in pari dignità, sforzo e adeguamento, ciascuno deve sapersi rinnovare.

5.- L'intercultura come cammino di civiltà

Ci interroghiamo se sia prevedibile un incontrarsi dialogico delle culture in ravvicinamento spazio-temporale per un cammino di civiltà per tutti, indicato prioritariamente come cammino in grado di prevenire conflitti,risolvere problemi ed offrire possibilità di progresso civile nell'ambito dei "villaggio globale".

Sembra essere questa anche la via offerta alla moderna società nella sua discrasia fra progresso tecnico e vivibilità umana per rigenerarsi sul piano etico.

Già il discorso interculturale, per il fatto di volersi coniugare in un certo modo, porta a porsi al di sopra delle singole culture e questo è un fatto di civiltà,sia per la rinuncia all'esaltazione della propria cultura come eccellente o assoluta,cosa che equivale al riconoscimento dei diritti dell'altro, sia per la disponibilità ad eliminare storture ed acquisire valori nuovi con l'aiuto altrui.

Questi atteggiamenti aprono ad un cammino che può superare i valori

ricavabili soltanto dalle radici della propria cultura,per ricevere nuove iniezioni in ordine alla crescita in civiltà. Cosicchè l'arricchimento non è solo effetto di stimoli alle proprie radici culturali o di interscambio tra culture;ma è anche acquisizione di nuovi valori illumanisticamente rilevanti ed elevanti. Fra questi ultimi mettiamo in primo piano le indicazioni circa i diritti umani, che ci provengono dai vari trattati internazionali.

Possiamo, pertanto, passare dal concetto di "civiltà" in senso puro (teorico) a quello reale. Quest'ultimo senso dice sempre "elevatezza" anche se la civiltà reale si può presentare con qualche elemento di "barbarie". Pur tuttavia si deve riconoscere il diritto che ogni civiltà possa e debba modulare la propria identità secondo modalità specifiche proprie (10).

II.- Gli impegni della Scuola di Etica ed Economia

L'area delle nostre attenzioni

Il cammino di civiltà di cui stiamo occupandoci, va considerato, anzitutto, come cammino di libertà: libertà dal bisogno, libertà dalla sottomissione e dallo sfruttamento. Il che ci fa prescindere dalle specificità delle singole culture di questo o quel popolo. Il Sud non ci richiama alla valutazione delle culture, oltre tutto perché riconosciamo a tutte le culture pari dignità. Ciascuna è prodotto di un popolo, il quale ha impegnato le sue risorse per dare risposta ai problemi della vita e dell'ambiente in cui s'è trovato a vivere. Non distinguiamo tra culture più o meno evolute o primitive, più o meno barbare o di qualunque altra classificazione si voglia dare.

Noi andiamo direttamente al valore dell'uomo nel suo essere e riconosciamo ciascun individuo, col popolo entro cui vive, capace di mettere in movimento un vero e proprio dinamismo di sviluppo, esplicare, cioè, risorse per il miglioramento della vita, senza alterare la sua identità fondamentale. Crediamo cioè che ogni cultura, nella fedeltà a se stessa, possa progredire e sviluppare altri elementi che la rendono sempre più accettabile e raccomandabile. Non crediamo a popoli inetti o pigri. Crediamo piuttosto che il loro miglioramento vada aiutato, soprattutto in considerazione che sono loro mancate le opportunità e gli stimoli e che talvolta sono stati mortificati intenzionalmente da parte di terzi.

Ed a proposito di sviluppo va rilevato che paesi sviluppati e paesi sottosviluppati fanno parte di un'unica comunità economica planetaria. Non ci attendiamo che sia il mercato mondiale ad equilibrare i livelli economici, come certi economisti pronosticavano: invece di condurre all'ipotizzato equilibrio economico, il progressivo allargamento delle dimensioni del 'mercato totale', ha prodotto una sperequazione crescente delle condizioni economiche dei diversi paesi, concentrando sempre più capitali, esperienza manageriale, reddito, benessere, diffusione della cultura e conoscenze tecnologiche in un numero ristretto di paesi industriali, e riducendo gli altri a riserve di manodopera e di materie prime a buon mercato.

Pertanto, o i paesi sviluppati vengono incontro alle esigenze dei paesi sottosviluppati per promuovere la crescita 'in loco', o altrimenti devono essere disposti ad accettare le conseguenze bibliche di emigrazioni di massa. Ciò comporta che l'impresa non può essere considerata come una unità fissa e immutabile che garantisce reddito e lavoro stabile, ma che essa deve tenere conto dello scacchiere produttivo di un'area più vasta dell'attuale.

Le scuole di Etica ed Economia non mirano ad esportare strutture ma a

promuovere capacità dei soggetti locali fornendo loro competenze da sviluppare ed esplicare in proprio e nel proprio territorio.

Del valore ontologico di ogni uomo

Il fondamento di tutta la nostra filosofia per il ravvicinamento tra Nord e Sud è la passione per l'uomo, per ogni essere umano, indipendentemente dall'essere uomo o donna, bianco o di colore, ricco o povero; anche se, per quest'ultimo aspetto non rimaniamo indifferenti, anzi noi vogliamo che ognuno abbia quel minimo di beni onde poter condurre una vita a livello di dignità umana. Con ciò riconosciamo che una cattiva distribuzione dei beni, così da lasciare alcuni nella sovrabbondanza ed altri nell'indigenza, costituisce una ingiustizia, alla quale occorre riparare.

L'elevazione della dignità umana attraverso la partecipazione ai beni

materiali e spirituali è da annoverare tra i diritti umani da riconoscere a

ciascun uomo ed a ciascun popolo,

In altri termini annoveriamo tra i diritti umani, quello del riequilibrio delle risorse per una dignitosa elevazione di ciascun uomo e voglio darne le ragioni.

Se il primo e fondamentale valore dell'uomo risiede nel suo essere, vuol dire che tutti abbiamo quei medesimi diritti che sono legati alla natura umana.

Non è facile l'identificazione di quali siano i diritti umani, ragion per cui noi, rifacendo il cammino storico del loro riconoscimento, possiamo renderci conto di come siano stati progressivamente identificati. In questo senso possiamo parlare di "cammino della civiltà".

----------