Quali sentimenti coltivare nella scuola di fronte al pluralismo religioso1.- Caratteristiche proprie dei sentimenti Le nostre riflessioni si occupano direttamente ed esclusivamente dei sentimenti che noi vogliamo tenere distinti e separati dalle emozioni. Sappiamo quanto la letteratura talora interscambi i due concetti oppure connetta le due realtà ed in particolare – cosa che più ci interessa – intraveda ed analizzi la compresenza di elementi di pensiero. Noi intendiamo collocare i sentimenti nell'ambito della comprensione ponendoci così in una posizione più moderna rispetto alla tradizione che voleva la comprensione attività e prodotto della mente. Intendiamo, cioè, concepire la comprensione, quale frutto dei sentimenti, come capacità di avvertire e rispondere alla realtà in forma antecedente la razionalità vera e propria. La nozione di comprensione ha sempre avuto in Occidente un riferimento alla mente e non si era mai pensato che le idee possono nascere all'interno di un orizzonte comprensivo pre-logico, pre-mentale, dovute alla capacità di avvertire situazioni a un livello antecedente l'analisi razionale e di agire e reagire ad esse in base a quanto è stato avvertito. In sintesi: nella nostra cultura non si è mai data rilevanza alla comprensione di cui è capace il nostro sentimento, ma solo alla comprensione della mente e delle produzioni della mente (Cfr. Perla L. Educazione e sentimenti. Ed. La Scuola. Brescia. 2002, pp. 75-76). Ché, anzi, il sentimento è stato visto come ostacolo. In questa visione l'adesione ai valori risulta essere opera di sentimento e, solo dopo, essi vengono ratificati dal giudizio. Noi li cogliamo subito nel registro del nostro sentire profondo per una sorta di convinzione dovuta alla natura stessa dell'essere umano in quanto tale; nell'adulto vi giocano anche la sua storia, la sua educazione, le sue concezioni filosofiche e spirituali e solo successivamente egli cerca di giustificarli col ragionamento. Qualora volessimo persuadere un altro a favore di questo o quel valore per ragione del nostro convincimento che esso è migliore del suo, difficilmente egli vi aderirà finché i suoi sentimenti glielo impediscono.(Cfr.G.Avanzini, Eduquer aux valeurs, Ed.Don Bosco, Paris, 1999. p.72). Noi ci orientiamo, dunque, a comprendere i nessi e le connessioni tra la natura interna e la natura esterna (io-mondo); la natura interna diventa il territorio della nostra riflessione. Le relazioni sociali non sono più considerate conseguenze dei sentimenti, aspirazioni, predisposizioni, ma sono viste come pre-condizioni che rendono possibile l'attualizzazione e la manifestazione di sentimenti, passioni, aspirazioni, predisposizioni. Su questo piano ogni relazione sociale ha un suo codice, per cui non si cerca più di colonizzare totalmente la natura interna per la costruzione di identità 'docili' e malleabili, corpi per riempire 'involucri' (ruoli) molto ben disegnati e delineati. Centrare l'attenzione sui sentimenti significa cercare di comprendere attraverso quali energie gli individui fanno i i conti con gli involucri disponibili (Cfr. Di Nicola P., Amichevolmente parlando, Franco Angeli, 2002, pp.12-15). In questa ottica per imparare occorre sentire, così più un oggetto di apprendimento è in grado di suscitare sentimenti intensi, più quell'oggetto entra a far parte dell'assetto motivazionale profondo per il soggetto che apprende. Non si tratta di separare il sentire da quell' insieme di elementi che ne accompagnano l'esperienza. Fatto è che si tratta di riconoscere che i fatti acquistano un senso, quel senso che ad essi si riesce ad attribuire. Quello da costruire è un "senso unitario". Possiamo parlare di educazione dei sentimenti, ma in questo significato di unitarietà, che può meglio essere espresso come educazione ai sentimenti, che si intendono dotati di un proprio codice. "Oggi l'educazione ai sentimenti, nel senso del giusto, delle relazioni, dei valori non è certo al centro delle finalità dei sistemi formativi istituzionali, in primo luogo della scuola. L'arte, la musica, lo sport, la poesia, la religione, la politica, il teatro, la lettura fatta per l'esclusivo piacere di leggere, sono attività poco apprezzate in ambito scolastico, se non opzionali." (Perla L.op.cit.p.79 ). "Ma il cuore dove può andare a scuola ? Diceva Rousseau 'Colui che, fra tutti noi, sa meglio sostenere le gioie e i dolori della vita è, a mio avviso, il meglio 'educato'. L'educazione della mente razionale, così importante secondo quanto ci è stato fatto credere dall'indottrinamento della scuola, ci rende ben poco capaci di affrontare gioie e dolori. E' vero piuttosto il contrario: l'educazione della mente razionale ci rende meno capaci di sentimento, perché sentimento e pensiero sembrerebbero svilupparsi, per lo più, l'uno a spese dell'altro" (Hillman J.citato in ib). 2.- Sentimenti e apprendimenti A questo punto si fanno strada le domande: quali idee-guida identificare nella prospettiva dell'educazione ai sentimenti? E più ancora quali atteggiamenti dell'educatore entrano a sostenere la detta educazione? Non si tratta far leva sulla forza della simpatia dell'educatore: realtà pur interessante, ma rischiosa di trasformarsi in condizionamento. E d'altra parte è l'esperienza concreta vissuta con gioia, con simpatia, con risonanza gratificante, che entra a costituire la base dell'educazione. S'aggiunga che il bambino ed anche il fanciullo sono propensi alla gioia e a fissare stabilmente nella loro interiorità le esperienze vissute "gioiosamente". E pure occorre tener presente che educare ai sentimenti comporta l' educazione ai "buoni"sentimenti: siamo infatti in educazione e la pedagogia ci ricorda il suo valore etico e morale, poiché la crescita e lo sviluppo della personalità secondo dignità umana è sempre positivo. Ma con questo anche ricordiamo che non è il "valore oggettivamente positivo", che sia in grado da solo a far risuonare i sentimenti. 3.- Il concetto di Dio ed il concetto di religione Di fronte al pluralismo religioso, presupposto fondamentale è il concetto di Dio, come Dio "buono", che "ama l'uomo", ogni uomo, che egli ha creato e continua a creare, al di là delle differenze di etnia, cultura, religione. Per religione intendiamo le forme concrete attraverso le quali gli uomini si rapportano a Dio. Queste ultime vengono da noi superate (non omesse) . Noi qui intendiamo educare ai sentimenti di rispetto di Dio "amore", "creatore di tutti", che accetta poi le "diversità" con cui le varie religioni intendono esprimersi. Evidentemente il nostro presupposto parte dal fatto che ogni confessione religiosa riconosca Dio come essere buono, creatore di ogni uomo, che ama gli uomini e che di essi egli si occupa benevolmente. Questo riconoscimento diventa oggetto di educazione basandosi sulle disposizioni umane che collimano con gli attributi divini. Esistono, infatti, in ogni uomo disposizioni naturali cui poter far leva per l'educazione ai sentimenti corrispondenti. Sono risorse originarie del soggetto umano che lo aprono ed abilitano alle relazioni umane prive di preconcetti. - Una prima disposizione ravvisiamo nella tendenza alla benevolenza, che origina dalla connaturalità dell'essere umano con il bene e con la tendenza alla sua esplicazione nelle relazioni umane. Su questa l'educatore può far leva come a prerequisito per la comprensione tra gli uomini, a qualunque cultura e religione ciascuno appartenga. Quando vengono sostenuti i sentimenti di benevolenza fin da bambino, il soggetto si dispone a quell'apertura che amiamo chiamare "volere l'altro", che non va inteso come riduzione dell'altro a sé e neppure di un Dio tutto e solo per sé. Sarebbe un dominio, un asservimento che implica presunzione di una compiuta eccellenza propria o superiorità del proprio credo, tale da giustificare l'antagonismo verso l'altro e la pretesa del suo possesso. Quando prevale la volontà di superiorità si bloccano i sentimenti di benevolenza e di accoglienza, che costituiscono la prima condizione per il dialogo tra diversi. In linguaggio cristiano si dovrebbe dire che occorre educare a vedere sempre nell'altro un fratello, un dono e in Dio il Dio di tutti. E' un'educazione di base che comincia coll'impedire l'arroccarsi in quelle forme religiose che possono essere causa di tensione e scontro.
- Se la tendenza alla benevolenza prospetta possibili orientamenti aperti nelle relazioni umane, a prescindere da diversità culturali e religiose, il momento operativo è presieduto dalla tendenza alla dedizione, o più esattamente alla oblatività. Se questa, come crediamo, è una risorsa ed una esigenza della natura umana, noi abbiamo qui un aiuto per rendere possibile lo stabilirsi di rapporti interumani, i quali, più che essere una faticosa conquista, sono un sereno e gioioso affermarsi di ciò che è più degno dell'uomo in quanto tale, di ogni uomo. E' la volontà di bene verso l'altro, la quale, promossa e sostenuta dall'educazione, toglie il soggetto da quell'egocentrismo che mal dispone nei riguardi dell'altro. Interagendo con gli altri ed agendo per gli altri di qualunque cultura o religione essi siano, il fanciullo previene ogni dogmatismo religioso. Questo atteggiamento si fa fondamento e garanzia della solidarietà umana ed elimina fin dalla radice le cause di rifiuto e di scontro anche sul piano religioso.
- Oltre la dedizione od oblatività, si prospetta la necessità di instaurare effettivamente dei rapporti coi propri simili. A nulla varrebbe quanto fin qui abbiamo considerato se effettivamente il fanciullo non si facesse attivo attraverso esperienze di collaborazione, di gioco ed altro. Si tratta di esperienze suscitatrici di gioia nell'incontro, nello stare insieme, nel creare qualcosa insieme. Nessuna remora dovrà impedire l'incontro col diverso in qualsiasi campo, compreso quello religioso: Dio è il Dio di tutti. Se la religione distingue, non deve però separare dal consorzio con i propri simili.
- Altra caratteristica naturale è la tendenza a vedere nell'altro un essere da amare. M.Nédoncelle la chiama "sguardo d'amore" che tende alla promozione dell'altro visto come essere uguale a sé al di fuori ed al di sopra delle differenze d'ogni genere "L'amore è una volontà di promozione. L'io che ama vuole anzitutto l'esistenza del tu; vuole inoltre lo sviluppo autonomo di questo tu".
(M.Nédoncelle.Verso una filosofia dell'amore e della persona. Ed.Paoline. Roma.1959 p.13). Esso ha come fondamento la più tipica qualità umana, destinata a coestendersi con tutte le esperienze della vita : ogni cosa si può fare con amore e per amore. Vi possono essere intralci e difficoltà soprattutto per le resistenze altrui; tuttavia il fanciullo, che non è stato irretito da pregiudizi, può far prevalere la sua forza ed il suo bisogno d'amore. La notevole rilevanza dell'amore su tutto il piano delle relazioni umane porta a dover concludere che è possibile e doveroso amarsi tra persone per quanto diverse. In ultima analisi ogni individuo ha in sé lo stesso valore (ontologico) dell'altro. 3.- Spunti per la didattica Nel versante didattico interessa portare l'attenzione alle facoltà umane che operano precedendo le valutazioni (o che quanto meno da esse prescindono) e che si esplicano attraverso l'approccio sociale. Occorre, infatti, arrivare prima dell'ingresso dei pregiudizi, ossia prima che le risorse positive connaturate vengano distorte. L'interrogativo, allora, è quello di sapere quali sono le occasioni e gli elementi costruttivi del cammino di reciproca accoglienza, stima, collaborazione. E' uno studio esplorativo tutto da fare. La nostra proposta è quella di far leva sui sentimenti - I sentimenti in questione sono qui da considerarsi come stato psicologico di carattere affettivo. Generalmente, infatti, i sentimenti sono intesi come dinamismi espressi da una facoltà spirituale contrapposta alla ragione. Se è vero quanto dice Rousseau che noi "sentiamo" prima di conoscere, ha senso richiamarsi alle sue riflessioni ove afferma: "per quanto tutte le nostre idee ci vengano di fuori, i sentimenti che le valutano sono dentro di noi". Così i sentimenti di benevolenza, dedizione, amore, altruismo possono affermarsi presiedendo all'instaurazione dei rapporti sociali, creando nel soggetto una cultura aperta. Che se poi, come vorrebbe Freud, le esperienze dei primi anni di vita condizionano il comportamento futuro, noi disponiamo di una forte risorsa della natura umana per avviare fin dall'infanzia un nuovo processo di socializzazione e collaborazione fra bambine e bambini di diversa etnia e religione creando esperienze di vita, che si proiettano anche verso la vita adulta.
- Si tratta di sviluppare la naturale disposizione alla benevolenza, all'amicizia, alla dedizione attraverso la coltura dei sentimenti in esperienze positive di incontri gioiosi e gratificanti. E' un educare all'amore dell'altro, qualunque sia la sua diversità; è un consentire che il fanciullo apprenda, attraverso l'esperienza, la essenzialità dell'essere personale, termine d'amore al di là dell'etnia, del sesso, delle doti, della cultura del gruppo di appartenenza e della particolare religione. Evidentemente ciò vale per tutti sia autoctoni che immigrati; ma è indispensabile che gli adulti, particolarmente i genitori di questa o quella etnia o cultura o religione si aprano a questo genere di atteggiamenti.
- Un'occasione favorevole è fornita anche dai giochi sociali fra bambine e bambini, fra ragazze e ragazzi di diversa etnia e religione. Questi giochi opportunamente scelti possono essere resi possibili sia a scuola dagli insegnanti che dai genitori delle differenti famiglie. Ma è chiaro che è indispensabile il superamento degli usi e costumi o meglio della mentalità più o meno tribale E' un problema che riguarda gli adulti e la loro disponibilità ad abbracciare esperienze nuove e diverse da quelle della loro tradizione.
d) A sostegno dell'affermazione e dello sviluppo di tali sentimenti l'insegnante può dare un suo grande contributo con l'esemplarità del suo modo di fare, cioè con quanto in pedagogia si dice a proposito dell' "amore pedagogico". Non si vuole qui farne una approfondita ed analitica disquisizione. Ci è sufficiente richiamare come nel metodo educativo, fin dal Rinascimento, si è chiesto all'educatore di operare con "amore", con "amorevolezza": modalità riconosciute rispettose del soggetto educando ed efficaci per evocare i suoi sentimenti. In merito giova ricordare per tutti Pestalozzi e don Bosco. Conclusione Di fronte al pluralismo religioso ci si muove sempre protesi a rispettare la persona che va a Dio con le sue risorse. Quanto poi al pluralismo confessionale, esso va capito considerando che gesti e forme diverse sono sostenuti dai medesimi sentimenti, comuni a tutti i fedeli religiosi, di riconoscere, adorare e invocare Dio. Pubblicato in "La dimensione interculturale dell'insegnamento ( a cura di Giuseppe Zaniello. Ed.Palumbo 2003)
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