La grande emergenza educazione
La grande emergenza "educazione"
Non è mai abbastanza chiarito in che cosa consiste per noi l'educazione. In breve diciamo che si tratta di sostenere il processo formativo dell'educando, valorizzando le sue risorse personali: dal tipo di intelligenza, di affettività, di tendenza alla socialità, all'amicizia, alla collaborazione, affinché egli cresca secondo sé e non secondo altri progetti a lui estranei e tanto meno nell'abbandono agli istinti, al piacere senza un progetto di vita. Al centro, dunque, vi sta l'educando con le sue "attese" e "possibilità"; l'educatore è al suo servizio. E' un servizio che deve assumere forme adatte per ogni situazione, temperamento, età e che guida nelle incertezze, corregge le deviazioni e stimola le capacità proprie dell'educando per fargli emergere e maturare la sua identità.
In educazione difficoltà sul piano operativo pratico sono sempre esistite non solo per la delicatezza delle singole età, ma anche per l'influsso della cultura dell'ambiente, di per sé mutevole e non sempre di facile interpretazione.
" Oggi, in realtà, ogni opera di educazione sembra diventare sempre più ardua e precaria. Si parla perciò di una grande "emergenza educativa", della crescente difficoltà di trasmettere alle nuove generazioni i valori- base dell'esistenza e di un retto comportamento, difficoltà che coinvolge sia la scuola sia la famiglia e si può dire ogni altro organismo che si prefigge scopi educativi" (Dal discorso di Sua Santità Benedetto XVI alla Diocesi di Roma 11 giugno 2007)
"Dobbiamo dare la colpa agli adulti di oggi, che non sarebbero più capaci
di educare? E' forte, sia tra i genitori che tra gli insegnanti e in genere tra gli educatori, la tentazione di rinunciare, e ancor prima il rischio di non comprendere nemmeno quale sia il loro ruolo, o meglio la missione ad essi affidata" (Dalla Lettera del Santo Padre Benedetto XVI alla diocesi ed alla città di Roma del 21 gennaio 2008).
Sta nei fatti che attualmente siamo in presenza di un fenomeno di deterioramento sul piano educativo: fenomeno che colpisce adulti e giovani.
- Gli adulti spesso hanno una visione confusa del significato della vita e talora vivono esperienze familiari contorte che tolgono la serenità nei rapporti sia familiari che extrafamiliari; e, quello che più conta per il nostro argomento, non sanno come rapportarsi con i figli: sono incerti su che cosa si debba insegnare nelle varie età e sul come farlo. Così prevale il "lascia fare". In questo riflettono quell'insieme di concezioni della vita che riconosciamo tipiche della società contemporanea dal liberismo al permissivismo: non vi sono regole per cui tutto ciò che accade è lecito; nulla è connaturato con l'essere dell'uomo e tutto è rimesso nella libertà totale. Chiaramente siamo nell'anarchia, che abbandona il giovane a se stesso e che, pertanto conduce ad un radicale impoverimento della vita umana (Cfr. Hervé A.Cavallara, Famiglia ed educazione tra modernità e postmodernità, In La grande emergenza educativa. Pedagogia e Vita marzo-aprile 2009 , pp.48 -62).
"I giovani, dal canto loro crescono in un mondo profondamente turbato dalla disgregazione familiare, dalle trasmissioni televisive che diffondono notizie di guerre, di violenze, di sopraffazioni e non hanno accanto adulti che, dalla fanciullezza e soprattutto nell'adolescenza, sappiano orientarli ed esortarli ad avere fiducia in sé, a coltivare l'autostima, a farsi critici del modo prevalente di pensare e di agire dei coetanei" (Cfr.Galli N., In Pedagogia e Vita, n.5, 2005, p.11) Essi si attendono che i genitori e tutti gli altri educatori dedichino loro tempo per essere ascoltati; ma vogliono anche vedere il loro esempio che li renda credibili.
Esigenza di un "ordine nuovo"
1.- W.Boehm, noto pedagogista tedesco analizza il problema nella sua radice storico-scientifica: ravvisa la caduta del concetto tradizionale di ordine oggettivamente dato e auspica una nuova concezione di ordine non più oggettivistico bensì fondato sulla dignità della persona umana.
Egli scrive: "Dopo Hegel, …l'idea di un ordine oggettivamente dato e la convinzione che esista una corrispondenza tra lo spirito umano e quell'ordine cade in una profonda crisi … Di fatto, dagli ultimi decenni in poi la suddetta struttura di ordine non esiste più, è considerata totalmente sbagliata. Domandiamoci chi potrebbe garantire oggi un ordine ? La chiesa? Non c'è più solo la chiesa cattolica, ma anche quella protestante, quella islamica, tante altre ed è cresciuto il numero degli atei: la chiesa non è più in grado di dare un ordine valido per tutti. Le ideologie politiche, il mercato, il consumismo? Chi può dare un ordine che vale assolutamente per tutti? Forse la scienza? La scienza no...perché presenta saperi provvisori. Oggi non esiste più un ordine inconfutato e inconfutabile.
Chi ha distrutto questa struttura?...Tra i più importanti autori che rimettono in discussione il concetto di ordine vi sono C.Darwin, A,Einstein, F.Nietzsche, K. Marx, S.Frud….
Darwin ha stravolto la scienza con la sua teoria dell'origine della specie: tutti gli esseri viventi sono in continua evoluzione…Non esiste più l'essere ma il divenire…Il giorno dopo la stessa persona non è più la stessa perché tra oggi e domani c'è un'evoluzione, tutto è in movimento, tutto cambia.
Einstein ha continuato l'opera di stravolgimento nel mondo scientifico. Movendo dalla sua teoria sulla relatività, si può affermare che se tutto è relativo non c'è più l'assoluto. La verità non esiste una volta per tutte, ma va continuamente ricercata e ripensata tenendo conto delle nuove condizioni, dei punti di vista e delle prospettive.
Nietzsche, profondamente ateo, ha dichiarato che l'ordine non esiste. Egli ha distrutto completamente la struttura, asserendo che il vero motore di tutte le idee e di tutte le cose che le persone fanno è la ricerca di potere. Il cristianesimo è la religione degli uomini deboli, che in questo modo accettano meglio la loro condizione di sudditanza; l'ordine e l'etica formano uomini deboli. Gli uomini forti non hanno bisogno di religione.
Marx, ateo, ideatore del socialismo, altro critico della ragione, ha attaccato l'ordine affermando che le idee dominanti sono sempre le idee dei dominatori…Anche Marx distrugge il principio dell'ordine e della ragione dimostrando che non esiste la verità…Le diverse classi sociali hanno diverse visioni e idee del mondo. Per Marx la struttura è un'ideologia, non la verità.
Freud, ebreo, ha proseguito nella distruzione della struttura inventando l'inconscio, come lotta contro la ragione. In passato la struttura si basava su un ordine riconosciuto, la ragione…Solo una parte della nostra vita è dominata dalla pura ragione, tutto il resto è dominato dal subconscio… Secondo Freud il subconscio può essere più importante della ragione.
Cosa fanno i maestri se non c'è più un ordine da rispettare e da insegnare?...Tanti insegnanti non si rendono conto di questa situazione problematica e continuano a insegnare con 'ignoranza innocente'(p.43)
…Se esiste un punto di Archimede per un nuovo ordine, che non può e non deve essere più oggettivistico, esso potrà essere trovato nella dignità e nella realtà della persona umana. Sono i diritti umani, in quanto diritti della persona che dovrebbero (54) costituire il tema basilare per un riorientamento non solo sociopolitico, ma anche e soprattutto pedagogico. La persona dovrebbe divenire la misura sia della politica sia dell'educazione"(p.55) ( W. Boehm, Educazione e pedagogia nel XXI secolo, in Aa.Vv., Educabilità, educazione e pedagogia nella società complessa. Torino UTET 2007)
2.- W.Brezinka studioso dei problemi della pedagogia in rapporto all'educazione scolastica, focalizza le sue riflessioni sul "cambiamento dei valori", o più esattamente sulla mancanza di valori dati per sicuri nella società. Denuncia l'influenza negativa di certo razionalismo, dell'individualismo e dell'edonismo. Eppure dichiara che occorre uscirne perché l'educazione senza valori non è possibile. Così egli offre le sue prospettive di determinati valori in grado di rispondere alle esigenze educative.
Al di là di queste posizioni annota che tra il 1965 e il 1985, in Germania si è verificato un regresso dei valori tradizionali di disciplina, obbedienza, ordine, compimento dei doveri, fedeltà, subordinazione, diligenza, modestia, autocontrollo, puntualità, disposizione all'adattamento, docilità, temperanza;
contemporaneamente si è verificato un emergere dei così detti 'valori dello sviluppo spontaneo'. Questa espressione abbraccia tre gruppi di valori: 1) valori della critica idealistica della società, quali l'emancipazione dalle autorità, uguaglianza di trattamento, uguaglianza, democrazia, partecipazione ed autonomia del singolo; 2) valori dell'edonismo, come godimento, avventure, tensione, avvicendamento e pieno soddisfacimento dei bisogni emozionali; 3) valori dell'individualismo, quali creatività, spontaneità, autorealizzazione, libertà e indipendenza. (W. Brezinka, L'educazione in una società disorientata. Roma. Armando Editore 1989, pp.97-98).
3.- T.Anatrella, psicanalista francese, professore di psicologia clinica, riscontra nel Siegfried di Wagner la maggior parte dei temi del mondo moderno: la forza fisica, il naturismo, la spontaneità, l'edonismo, il piacere, il rifiuto delle leggi, l'ambivalenza della ragione e dei sentimenti, l'idea della propria onnipotenza. In esso si ritrova il tipo di adolescente contemporaneo.
Uno degli aspetti più caratteristici del modello attuale dell'adolescenza, è la spontaneità. Nella spontaneità, il soggetto sarebbe creativo, libero e autentico: nessuna costrizione limiterebbe l'espressione di sé. L'istantaneo, l'immediato, il parziale sarebbe più vero della cosa preparata, elaborata, pensata.
L'autore si rivolge agli educatori invitandoli a rendersi conto delle cause di tali deviazioni ed a prendere coscienza delle loro responsabilità. (T. Anatrella, Interminables adolescences, Edition du Cerf , Paris 1994, pp.174-176)
4.- E. Damiano, noto pedagogista italiano, riporta alle modalità educative degli insegnanti l'attuale emergenza educativa. "Se la virtù della modernità era il 'rigore', che consisteva nell'imparare ad agire secondo le regole, quella oggi richiesta è la 'flessibilità'". La soggettività dell'alunno sembra risaltare dirompente rispetto alla legittimità dell'istituzione. Occorre cominciare a guardare in positivo alla società 'moderno-riflessiva' che si sta costituendo. Occorrono adattamenti creativi. La novità principale è l'esposizione dell'insegnante in prima persona. Non è la disciplina che va rispettata, bensì la 'natura' del bambino". (Damiano E., Gli insegnanti nella società degli individui, in Pedagogia e Vita La grande emergenza educativa. Marzo-aprile 2009, pp.80 ss.)
A questo punto osserviamo: ciò che viene criticato apre tuttavia delle prospettive sul problema di cosa fare in educazione se si vuole ovviare a queste situazioni, e quali criteri adottare per costruire un cammino formativo non solo per chi vive questi atteggiamenti del "puramente umano", ma anche e soprattutto per rispondere alle nuove esigenze del mondo giovanile immerso nella società di oggi in rapida e continua evoluzione.
Risorse per il recupero educativo
1.- Il concetto di persona
I pedagogisti più apertamente schierati a favore di un ordine nuovo da fondare, fanno unanimemente perno sulla centralità della persona con tutte le sue esigenze e possibilità. Si tratta di riscoprire la dignità e la responsabilità della persona e dei suoi diritti per un rinnovamento pedagogico.
Il personalismo pedagogico d'ispirazione cristiana, ha sempre ritenuto che tutti i problemi educativi si potevano e dovevano ricondurre alla nozione di persona ed in questo la letteratura in merito è assai abbondante. Oggi chi è alla ricerca delle motivazioni da cui scaturisce l'emergenza educativa del nostro tempo si fa attento al problema "persona", anche se non aderisce alle posizioni del personalismo pedagogico, ricercando quello che della persona ritiene positivo (Cfr.G.Acone: Cultura prevalente ed emergenza educativa. In Pedagogia e Vita op.cit.,pp.15-18).
Focalizzare la formazione educativa sulla "persona", comporta ricercare le disposizioni soggettive del singolo e fornirgli stimoli adatti alla sua affermazione; significa trascendere tanto gli spontaneismi individualistici, quanto le costrizioni regressive della libertà. Dall'interiorità del soggetto si ricavano le indicazioni culturali idonee alla crescita nella singolarità e nella originalità. (Cfr.M.Peretti, Personalismo In Enciclopedia pedagogica. La Scuola. Brescia).
Sul piano sociale, a sostegno del valore pedagogico della persona, occorre "avviare una modificazione culturale del contesto di vita, che giovi a far risaltare le esigenze della persona. Si tratta di riguadagnare l'umano in tutti i suoi ordini e con tutte le sue caratteristiche" (Cfr.L.Pati. L'educazione tra crisi di autorevolezza e crisi d'identità, In Pedagogia e Vita, op.cit.,p.39) e di creare una sintonia tra famiglia, scuola e aggregazioni giovanili.
2.- La libertà e l'impegno nella ricerca del significato della vita
La libertà è un bene prezioso, di cui tutti andiamo gelosi. Certi atteggiamenti giovanili che esaltano la spontaneità come espressione di "purezza della natura" non sottomessa a regole o norme e che talora trovano negli educatori, particolarmente nei genitori, la condiscendenza al fine di non perdere il loro affetto, deprivano la ricerca ed il conseguimento dell'esperienza dei valori; e soprattutto deprivano la ricerca del significato autentico della vita.
La ricerca del significato della vita è l'unica forza dinamica che consente l'elevarsi in dignità e valore umano. Su questo l'azione educativa si costituisce antidoto al ripiegamento su di sé, alla chiusura nell'immediato, che poi finisce col generare insoddisfazione e noia. (Cfr. E.Tiberi, La spirale della noia. Franco Angeli Editore. Milano 1983). L'apertura al di fuori di sé, all'altro, al mondo, apporta stimoli, prospettive ed esigenza di progetti. La libertà si riveste di pensiero critico a favore della scelta più adatta che accrescerà in valore la propria personalità
Ci soccorre il pensiero di Frankl il quale afferma che è proprio dell'uomo sempre ricercare il significato dell'essere nel mondo, del suo rapportarsi con sé e con gli altri. E' una ricerca legata ad esigenze autenticamente umane.( Frankl V.E., Alla ricerca di un significato della vita. Mursia, Milano, 1980,p.67).
Il significato della nostra vita lo possiamo anche modificare, migliorare, trasformare persino radicalmente, cambiandolo a qualunque età. Ma esso è l'unico modo per sopportare la vita e farsene responsabili (Brezinka W., L'educazione in una società disorientata. Armando. Roma, 1989,p37).
Oggi, la crisi dei sistemi sociali di significato e la loro ripercussione nei sistemi educativi, ha disorientato gli educatori (Cfr. Nanni C., L'educazione tra crisi e ricerca di senso, Las Roma 1990). Genitori ed educatori hanno perso un loro credo pedagogico, lasciando i giovani senza punti di riferimento: i valori che dovrebbero regnare sovrani in educazione sono sostanzialmente stati sostituiti dal 'fai quello che credi', ma questo credo è stato svuotato di contenuti lasciando il giovane nella incapacità di orientarsi nella vita.
Crepet e Tomasi elencano tra le cause dell'aumento dei suicidi dei giovani, i disturbi nella formazione delle strutture della personalità, la sfiducia nelle proprie capacità, la visione pessimistica delle relazioni sociali, la perdita delle aspettative verso il futuro (Crepet P., Le dimensioni del vuoto. Feltrinelli. Milano,1994,pp.50-51; Tomasi L., Suicidio e società. Franco Angeli. Milano 1998. pp.263-269).
3.- L'amore
- La nostra attenzione va su certa mentalità che surclassa il bisogno di amare per privilegiare l'esaltazione e l'affermazione di ciò che viene reputato maggiormente redditizio nella condotta umana, come per esempio il primato della razionalità o in generale il progresso scientifico e dell'efficienza materiale e produttiva.
Secondo queste posizioni le energie umane non dovrebbero essere disperse in ciò che non produce efficienza; dovrebbero, cioè, essere incanalate verso precisi impegni che hanno come traguardo qualcosa che sta al di là e al di sopra di soggettive esigenze, le quali vengono considerate come debolezza e dispersione.
Nella cultura e nella società contemporanea, più che farne una teoria se ne fa un costume, la cui diffusione fa dimenticare ciò che è più intimo e personale del soggetto umano: la sua autentica umanità. Si giunge così a traguardare verso una realizzazione di sé non sulla base delle più intime e personali esigenze, ma sulla riuscita sul piano del possesso di beni materiali, di prestigio sociale: in una parola, sulla potenza economica.
- Occorre, inoltre prestare attenzione, sul piano personale, che non tutte le relazioni così dette amorose, sono autentico amore. Ad esempio nella passione l'individuo non è attore libero; egli è condizionato, cioè guidato da fattori che lo spingono in modo tumultuoso e non facilmente controllabile; egli è sottoposto a istinti, emozioni, sentimenti che gli impediscono il pieno esercizio della propria libertà. In questo senso quello che erroneamente crede essere amore, di fatto è una resa, una manifestazione di incapacità di autodominio. Questa difficoltà indica la debolezza del soggetto, incapace di dominare i suoi atti, cioè di farli dipendere dall'intelligenza e dalla libera volontà.
- Oggi assistiamo alla banalizzazione dell'amore fatto coincidere con il sesso, del quale, a sua volta, si evidenzia la prepotenza istintuale, la liberalizzazione come conquista, frutto di un primato della cultura dell'interesse egoistico. Queste idee corrono attraverso le vie dei mezzi di comunicazione, da certa stampa a certa televisione e non di meno a internet.
- In tutte queste forme viene frustrata la possibilità di impegnare e sviluppare l'autentico amore nella piena valorizzazione di sé, proprio in considerazione che il bisogno di amare è un potenziale connaturato nell'uomo e che la sua configurazione si estende a tutte le esperienze umane: ogni esperienza può essere fatta con amore.(Luigi Secco. Le insidie della cultura contemporanea all'amore, In Id. La pedagogia dell'amore, Città Nuova, Roma,2006,pp.20 ss. Cfr. Fromm E.,L'arte di amare, Il Saggiatore, Milano 1971; Sonet D.,Scoprire l'amore. SEI.Torino. 1992; De Beni M., Prosocialità e altruismo. Erickson. Trento. 2000).
- Non sembri strano che si debba, allora, far rientrare nell'"emergenza educativa", il recupero educativo della capacità amante, far leva sull'amore come risorsa tipicamente umana in grado di colorare della sua presenza e forza ogni attività del soggetto. Si ricordi, tuttavia, che l'amore non è né cieco né dominato dall'istinto. Esso è in potere della libera volontà dell'uomo per cui noi amiamo chi vogliamo, quando vogliamo e come vogliamo. La gratificazione che ne deriva è in rapporto alla scelta degli obiettivi e delle modalità di approccio. Così è inevitabile e necessaria l'educazione all'amore a partire dalla prima età fino al raggiungimento della maturità affettiva.
- Se tanto rappresenta l'amore nella vita, dobbiamo pure riconoscere quale importanza ha non solo amare l'altro, ma anche l'essere amato. La consapevolezza di essere amato e stimato -scrive A.Bellingreri- cambia la persona.; "appare evidente che l'azione educativa deve avere come fine ultimo adeguato quello di far sorgere e coltivare la coscienza di essere-amato, ciò che coincide col compimento del desiderio più intimo"(A.Bellingreri, Educare oggi nella società post-secolare, in Pedagogia e Vita, cit. p.32).
- In base allo stato di cose su descritto, il nostro discorso può essere criticato come tentativo di evasione dalla realtà, che non tiene conto del costume diffuso, del gioco delle passioni e degli istinti, cioè di un certo modo di considerare la natura umana con i suoi "bisogni immediati e gratificanti". Sono obiezioni che definiscono utopia quanto andiamo proponendo sul piano educativo. Questo piano, benché smentito nel costume del vissuto, non cessa di avere il suo senso e il suo valore in ordine alla elevazione in dignità di ogni individuo. E' attraverso questo impegno che si realizza l'uomo-umano e si arricchisce la propria personalità. Diversamente non c'è elevazione sopra il puro naturalismo, né sopra l'abbandono all'immediato disinvolto piacere: il mondo dei valori perde significato e mordente.
In altre parole ci troviamo di fronte al significato e al compito dell'educazione, la quale si muove verso traguardi non immediati ma mediati. Si vuol dire che l'educazione mira alto, al di là della situazione esistente, al di là del costume, per quanto diffuso. Il solo costume, giustificato dal fatto che tutti fanno così, non è la regola del giusto vivere: il conformismo annulla la libertà e la creatività. Anche l'educazione guarda alla realtà e non si dichiara estranea ad essa, ma la critica, la giudica e offre le opportune indicazioni per farsi liberi dai condizionamenti ambientali e incamminarsi verso forme di vita migliori, più degne dell'uomo.(L.Secco, Le insidie della cultura contemporanea all'amore, In op.cit. pp.21-22).
4.- La volontà
La volontà, regina di casa, destinata a comandare e presiedere ogni attività propria del singolo individuo, è stata ripetutamente tiranneggiata nei sistemi educativi obbedienti a ideologie diversamente affermatesi nel corso del tempo.
- A) Un primo attentato alla sua libertà lo riscontriamo nella così detta epoca vittoriana. Si volle educare la volontà alla pronta prestazione richiesta dal capo; si volle una volontà forte e cieca, non tanto aperta alle esigenze proprie dei valori, quanto piuttosto e solo, obbediente agli ordini del superiore. Alla volontà come "energia", si è demandato il successo ed il valore dell'uomo. Il potere dell'uomo fu valutato in rapporto al suo volere: mai il "velle est posse" si identificarono a tal punto da non accettare di conoscere limiti. Così si indusse l'uomo a farsi connivente anche in caso di eventi negativi. (Cfr.Assagioli R., L'atto di volontà. Astrolabio, Roma, 1977 p.23; May R.,L'amore e la volontà, Astrolabio, Roma, 1971,p.179)
B) Non fa meraviglia che il mondo della cultura, specie della nuova dottrina nascente, la psicanalisi, si sia sentito in dovere di reagire al vittorianesimo che aveva dato in concreto un esasperato sostegno alla volontà di chi "poteva", incoraggiando la repressione più che la liberazione.
Combattere la repressione fu senz'altro molto utile, ma si corse il pericolo di cadere nell'eccesso opposto, di giungere cioè alla negazione del potere della volontà. "Ne è risultato che quasi tutte le correnti di psicologia, psichiatria e psicoanalisi del diciannovesimo secolo hanno fatto causa comune per combattere il concetto di volontà. Relazioni e capitoli sulla volontà furono ben presto eliminati dai convegni scientifici e dai testi, o comunque vi fu dedicata pochissima attenzione. Tutti i saggi sulla volontà o la volizione -se diversa dalla motivazione- caddero in disgrazia e furono considerati non scientifici e relegati alla sfera di competenza del romanziere, del teologo e forse del filosofo" (Arieti S., Le vicissitudini del volere. Il pensiero scientifico. Roma 1978, p.41).
Freud ha presentato il comportamento umano determinato dai desideri, i quali originano da motivazioni di cui non siamo consapevoli. Pertanto noi non viviamo decidendo liberamente, in base ad una volontà incondizionata, ma siamo "vissuti" dai nostri desideri. La volontà umana non dispone di sé; è inutile pretendere di far leva su di essa e sulla sua "forza". La psiche umana è regolata esclusivamente da un rigido determinismo. L'uomo agisce in base a cause preesistenti, indipendenti dalla volontà. L'inconscio è diventato l'erede prestigioso della volontà. Freud creò una nuova immagine dell'uomo che sconvolse la precedente visione morale, sentimentale e intellettuale che l'uomo occidentale aveva di sé. Egli scrive: " avete l'illusione che esista una libertà psichica e non vi piace rinunciarvi. Non posso fare a meno di trovarmi in netto contrasto con voi su questo punto". La libertà è un'illusione dell'uomo: il discorso scientifico l'affossa senza mezze misure (Freud S.,Introduzione alla psicoanalisi. Boringheri. Torino 1970, pp.98-100). Il processo volitivo s'identifica col processo delle forze endogene dell'individuo; la saldezza psichica è la prima base di un saggio volere per cui s'impone il dovere di curare lo stato di salute della psiche.
C) La volontà sociale. Desideroso di liberare l'uomo dai condizionamenti che gli
impediscono di vivere a livello di dignità umana, Marx individua le "catene" nella realtà esistenziale procurata da una società resa inumana dalla divisione del lavoro, dalla divisione delle classi, dal predominio della proprietà privata.
Per Marx l'uomo è essenzialmente un essere sociale, che sviluppa la sua natura solo nella società (Marx K.-Engels F., La sacra famiglia. Editori riuniti. Roma. 1962, p.172). L'esistenza singolare è l'aspetto di una totalità, nella quale e in funzione della quale essa prende significato e valore. Tutto ciò che è ripiegamento dell'uomo su di sé è del tutto alieno dal pensiero marxiano. L'uomo è "socialmente creatura" ( Marx K., Il capitale. Ed. Riuniti. Roma. 1964, vol. I, p.32) sia nel senso che "non è la coscienza che determina la vita, ma la vita che determina la coscienza" (Marx K.-Engels F., op.cit.,p13), sia nel senso che "ciò che gli individui sono dipende dalle condizioni materiali della loro produzione"(Ib.,p.9).
Marx rifiuta ogni metafisica e coglie l'uomo nella prassi, nella sua attività che è lavoro e produzione. Sarà il lavoro, o più esattamente la sua organizzazione, a plasmare l'uomo. Proprio per questo "se l'uomo è plasmato dalle circostanze è necessario plasmare umanamente le circostanze (Manacorda M.A., Il marxismo e l'educazione. Armando. Roma. 1971, vol I, doc.4b, p.38). La realizzazione dell'uomo, dunque, avviene nel sociale: lo sviluppo di un individuo è condizionato dallo sviluppo di tutti gli altri (Ib., doc.7i, p.59); il sociale realizza l'individuale, in relazione esaustiva. Se ne deduce che il volere per se stessi non autentica l'uomo ma lo aliena.
Se di educazione della volontà vogliamo parlare, dobbiamo trasferire il discorso al gruppo: è il "comunismo" che fa il volere come esercizio di umanità, di scelta, di responsabilità. La volontà sarà sempre sociale: risultato di un qualcosa che emerge nell'insieme; non ci sono valori individuali dati a priori. Una volontà personale, che consenta una libera iniziativa, una scelta propria ed originale non ha né senso né spazio. Neppure ha senso parlare di educazione della volontà al gruppo, perché essa non precede il momento sociale nel suo farsi e nel suo autenticarsi.
D) Il riscatto della volontà. Il riscatto della volontà appare doveroso ed urgente di fronte alle diverse interpretazioni, sovente tra loro contrastanti, che l'hanno "umiliata" negando di riconoscerla come capacità originaria dell'uomo dal punto di vista genetico e autonoma dal punto di vista operativo pratico. Il passaggio dalla esaltazione del suo potere fino a farne nell'epoca vittoriana la primaria ed esclusiva fonte del proprio valore, alla sua crisi profonda in virtù dell'abdicazione provocata dalle correnti psicanalitiche, che ha portato al permissivismo, come pure in virtù della sua concezione "sociale" propria della dottrina marxista, che le ha tolto la libera iniziativa propria, collocandola nel tutto come unica realtà che le dà un senso ed un compito, rende urgente il ripensamento al fine di ridare all'uomo il suo più alto prestigio, quello di tornare ad essere padrone di sé ed arbitro del suo destino.
La prima risorsa, di cui avvalersi nell'affermare la propria volontà, è costituita dalle forze che sono nello stesso individuo. La volontà va orientata a muoversi traendo profitto da tutte le risorse personali sia naturali che acquisite. Importa, pertanto, conoscere le proprie risorse e saperle far convergere verso la realizzazione del proprio progetto di vita.
In questo universo personale si inscrive lo spazio ed il compito dell'educazione, che si estende dall'infanzia alla maturità, ossia dal primo affacciarsi della volontà nell'esperienza del bambino, fino al raggiungimento della capacità di scegliere autonomamente ed agire responsabilmente.
La responsabilità matura col passaggio della qualità della motivazione dall'educatore al soggetto, che comporta indipendenza dall'adulto e dipendenza da quanto il soggetto trova di dover fare proprio. E' un passaggio alla diretta dipendenza dai valori, dai doveri, dai legami con sé, con la società, con l'etica senza mediazione, che era indispensabile nel tempo della immaturità o della relativa maturità precedente (Cfr.L.Secco, L'educazione della volontà. Libreria Universitaria Editrice. Verona. 1997).
A fronte di tutte queste considerazioni, appare urgente fare riferimento al costume educativo di oggi. Ravvisiamo una grave crisi in diversi versanti, dal genitore che non interviene per non ledere la libertà del figlio, che non sa cosa e come fare, che non ha tempo per dedicarsi con la necessaria disponibilità, al ragazzo che si mostra indifferente o/e rifiuta gli impegni, che si confronta con i coetanei al cui tenore di vita intende adeguarsi. Urge liberare genitori e figli dalle remore del comodo vivere e affrontare il processo formativo delle nuove generazioni con competenza e responsabilità. Quali sono i costi? In educazione il dovere di educare va al di là di qualsiasi costo: c'è in gioco la vita ed il futuro dell'educando.
5.- Il senso del dovere
Lo si può anche acquisire nel corso della vita, ma si tratta di una "conversione" dal "tutto mi è possibile e nulla mi può essere vietato", che giunge alla coscienza attraverso la vittoria sull'umiliazione della razionalità e, sovente, attraverso esperienze negative insopportabili nel loro egoismo.
Riflettendo da pedagogisti, ci facciamo attenti alle possibilità di un'educazione alla doverosità fin dalla prima età e senza traumi, sollecitati, in particolare, dalla mancanza di tale educazione da parte di chi ritiene che lo "sviluppo umano" sia possibile e migliore favorendo la spontaneità nei comportamenti ed evitando di provocare frustrazioni.
Il senso del dovere si radica nell'interiorità del soggetto, e si costituisce come forza che dà ordine dall'interno. La possiamo anche chiamare "coscienza", intesa come consapevolezza che appella ad un certo comportamento, quello dei propri convincimenti; con termine più tecnico la chiameremo endocrazia.
Oggi è da tutti riconosciuto che non si nasce con la consapevolezza di ciò che è meglio per sé, ossia dei valori destinati a sviluppare il proprio essere, ragion per cui occorre fare appello all'educazione.
Si comincia dalla prima età. Quando il padre e la madre insegnano al bambino alcuni comportamenti proclamandoli "doverosi", ingenerano nel bambino il senso del dovere ossia dell'obbligatorietà di assumere atteggiamenti, il cui valore intrinseco non è recepito come tale, ma è accolto come "richiesto" da persona con cui esiste il rapporto di fiducia e di benevolenza. Il padre e la madre comandano al bambino in quanto i loro ordini sostituiscono la comprensione che manca al bambino immaturo.
L'ordine proveniente dall'esterno diventa un "dovere", un "obbligo": qualcosa di oggettivo diventa soggettivo; l'individuo si appropria di un'esperienza soggettivizzandola; il comando recepito come atteggiamento imperativo, ha un "potere endocranico". Questo si estende anche alle istituzioni impersonali: la legge, la religione, la società, la scuola e la cultura non soltanto insegnano e descrivono, ma prescrivono, ordinano. L'individuo accetta questi ordini nell'ambito del senso generale di fiducia che nutre per queste istituzioni.
La benevolenza di base, operante nel bambino, richiede agli educatori quella saggezza che si esprime nelle giuste scelte e nel dosare il peso della doverosità. Ogni essere ha diritto di potersi affermare secondo "sue" esigenze. L'educazione ha il compito di trasmettere la conoscenza dei valori, stimolare il processo di avvicinamento, assaggio e scelta dei valori consoni alle particolari esigenze e disposizioni di ciascuno. Da adulto non dovrà smentire gli insegnamenti ed il valore dei comportamenti a suo tempo richiesti. Il bambino diventato più grande, quando saprà esprimersi criticamente, potrà confermare quanto appreso e sperimentato.
Cominciare dalla prima età è indispensabile non solo per i motivi più sopra ricordati; ma anche perché nessun individuo è autosufficiente: non porta in sé tutto ciò che lo può orientare e sostenere nel corso della vita. Egli abbisogna di introiettare valori ed esperienze dal mondo esterno. Di questo l'educazione si farà carico con responsabilità; non si può lasciare il giovane a se stesso, a dare risalto all'istintività, sarebbe un "tradimento" al suo destino che è quello di elevarsi a dignità umana e al rapporto collaborativo con i propri simili. (Cfr. Arieti S.,Le vicissitudini del volere. Il pensiero scientifico. Roma. 1978; Assagioli R., L'atto di volontà. Astrolabio. Roma.1977; May R.,L'amore e la volontà. Astrolabio. Roma. 1971).
Conclusione
Le nostre riflessioni hanno inteso non entrare nei contenuti della trasmissione educativa, evitando così un a priori, che nella sua oggettività potrebbe nuocere alle esigenze della singolarità personale.
Abbiamo puntualizzato sulle potenzialità, come virtualità disponibili all'intervento educativo e messo in evidenza alcune risorse che nel costume contemporaneo sono state male interpretate ed hanno impedito un'autentica educazione. Storture e vuoti ma anche nuove esigenze provenienti dalla cultura di oggi, appellano all'educazione fattasi, pertanto, emergente.
Ci è parso importante, per quanto difficile, aprire sentieri di penetrazione nell'interiorità soggettiva per cogliere gli aspetti ed i momenti dell' educabilità.
Attraverso la raccolta di indizi presenti nel fenomeno umano, abbiamo messo in rilievo le caratteristiche essenziali dell'uomo, quelle che permettono di considerarlo come destinatario o soggetto di attività educativa. E' l'educabilità, la quale appella ad un'azione di aiuto affinché s'arrivi ad uno sviluppo ottimale, rispondente anche alle esigenze dell'ambiente e dei tempi. In questi termini l'educabilità fa leva sulle risorse personali del soggetto e sulle modalità, pure personali, secondo cui esse attendono di affermarsi. Nella valorizzazione del 'personale' e nel suo impiego si radica la libertà e l'incontro con l'altro da sé, e, prima di tutto ed essenzialmente, si realizza la propria personalità umanamente elevata.
Luigi Secco
Già ordinario di Pedagogia e Preside della Facoltà di Lettere e filosofia dell'Università di Verona