Educazione Interculturale nel contesto internazionale
Educazione Interculturale nel contesto internazionale
Verona 20-23 Aprile 2005
L'educazione interculturale nell'utilizzo delle risorse della persona nel suo essere
Gli studi e le esperienze educative sui rapporti tra appartenenti a culture diverse, necessitati a vivere l'uno accanto all'altro, sono generalmente stati affrontati come "problemi sul campo". Il mondo degli adulti nel lavoro e nel tempo libero, ed il mondo dei più giovani nel campo della scuola, hanno offerto agli educatori ed agli operatori sociali materiale di riflessione per la ricerca di pratiche soluzioni al loro difficile intendersi e talora ai conflitti , sovente inevitabili, al dà delle particolari intenzioni. E non s'è verificato che questa o quella soluzione sia diventata regola applicabile per tutti i casi: lo comprendiamo bene perché la realtà umana si esprime sempre con tante variabili: non solo quelle della cultura di appartenenza, ma quelle della personale cultura, del livello di intelligenza, del tipo di carattere, delle esperienze già acquisite ed entrate a costituire l'abitudine. Le variabili individuali sfuggono alla razionalità in senso stretto. Ci domandiamo se sia possibile ed, eventualmente, in quali termini una educazione all'incontro con l'altro diverso in tempi che precedono il lavoro e la scuola ossia che precedono il ricorso alla razionalità.
Questi tempi per l'educazione interculturale, dovrebbero prescindere dal concreto incontrarsi o scontrarsi con i problemi sul campo, e trovare una loro impostazione al di qua della cultura di appartenenza. In altri termini: è possibile un'educazione dell'uomo, di qualunque uomo, che, iniziando da bambino, lo ponga in grado di sviluppare la propria personalità aperta all'incontro con l'altro, da accogliere per quanto diverso e con cui entrare in dialogo ? Per verità questa domanda investe l'educazione tout court, proprio perché essa dovrebbe abilitare il soggetto ad incontrare simili e dissimili, ossia i vari soggetti della propria cultura, tenendo conto che ognuno è diverso da un altro ed anche quelli di altra cultura.
Formuliamo allora il progetto educativo che miri a formare la personalità del soggetto mediante l'utilizzo delle risorse della persona nel suo essere.A tal fine è importante individuare la loro presenza, le modalità del loro sviluppo ed il loro interagire col mondo esterno.
Già Rousseau inizia l' "Emilio" dichiarando "tutto è bene uscendo dalle mani dell'Autore delle cose" ed enfatizza le risorse della natura e del metodo naturale secondo il quale l'educazione deve operare per non sbagliare. Da Rousseau in poi pedagogisti ed educatori si sono sforzati di far leva sulle risorse naturali dell'uomo e di esercitarle secondo la loro particolare natura. Per Comenio le risorse della natura consistono in "semi" che vanno sviluppati mediante l'esercizio ed il cui sviluppo consente all'uomo di diventare veramente uomo (Didattica Magna cap.VI).Quello che possiamo recuperare da questi pedagogisti è il concetto che le potenzialità originarie dell'uomo vanno sviluppate mediante l'educazione e che il loro esercizio consente di pervenire alla capacità di inserirsi utilmente nella vita sociale.
Questi studiosi si sono serviti delle loro intuizioni più o meno apprezzabili, ma sempre sostenuti dall'idea che l'uomo, avvalendosi delle risorse naturali di cui è dotato, attraverso di esse possa pervenire alla realizzazione di sé sia come individuo sia come membro della società in cui vive, ossia soggetto in grado di affrontare e risolvere i problemi della vita. Va pure rilevato che, coerentemente al concetto di base, essi hanno proposto un metodo a natura conforme, ossia il metodo che, partendo dalle disposizioni o capacità naturali del soggetto si preoccupa di svolgere e potenziare queste sue risorse, evitando di imporre dal di fuori richieste di comportamenti non consoni alla natura. Essi ci hanno trasmesso la loro convinzione che la natura ha risorse sufficienti per affrontare e risolvere i problemi della vita., ovviamente non chiudendosi in un naturalismo assoluto, ma tenendo in debita considerazione che le qualità naturali hanno bisogno dei contributi della cultura, che l'educazione si preoccuperà di fornire debitamente e su misura in base al processo di crescita.
Sulla scia di questi convincimenti, noi oggi possiamo trovare un notevole riscontro ed approfondimento per opera degli studiosi "umanisti" , di coloro cioè che si sono dedicati a sondare la natura dell'uomo nella sua tipica caratterizzazione umana, per coglierne le qualità del suo essere e le sue risorse disponibili al cammino della sua formazione. Far leva su tali risorse significa, quand'anche esse non fossero sortite da natura e da essa esigite nello loro espandersi, mirare a conseguire finalità in grado di onorare la civile convivenza e collaborazione fra esseri di pari dignità.
1) Sviluppare la "tendenza alla benevolenza" fin da bambino, quando ancora non sono presenti ed operanti pregiudizi, significa aprire all'incontro con l'altro, per quanto "diverso". Sia che la benevolenza sia risorsa della natura o sia una conquista educativa, essa rappresenta una disposizione all'incontro con l'altro in termini di serena fiducia. Tocca all'educazione coltivare sentimenti positivi, incontri gratificanti sul piano dell'amicizia, sostenere amicizie libere ed aperte a soggetti di culture altre, senza remore o sospetti.. E' l'esperienza concreta vissuta con gioia, con simpatia, con risonanza gratificante, che entra a costituire la base dell'educazione. Il bambino ed anche il fanciullo sono propensi alla gioia e a fissare stabilmente nella loro interiorità le esperienze vissute "gioiosamente".
Quando avesse da prevalere la volontà di superiorità si bloccano i sentimenti di benevolenza e di accoglienza, che costituiscono la prima condizione per il dialogo tra diversi. Va anche detto che occorre che il contatto con adulti prevenuti non abbia da inquinare il libero espandersi.della benevolenza. In caso contrario, un'attenta correzione critica dovrà incaricarsi di riportare sulla giusta via ed affinare il soggetto nell'impegno di essere se stesso e costruire la sua vita indipendentemente da quant'altro si costituisce ostacolo.
Una seconda potenzialità sta in quella caratteristica tipicamente umana che chiamiamo"dedizione", intesa come uscita dall'egocentrismo.
Se la tendenza alla benevolenza prospetta possibili orientamenti aperti nelle relazioni umane, a prescindere da diversità culturali e religiose, il momento operativo è presieduto dalla tendenza alla dedizione, o più esattamente alla oblatività. Se questa, come crediamo, è una risorsa ed una potenzialità della natura umana, noi abbiamo qui un aiuto per rendere possibile lo stabilirsi di rapporti interumani, i quali, più che essere una faticosa conquista, sono un sereno e gioioso affermarsi di ciò che è più degno dell'uomo in quanto tale, di ogni uomo. E' la volontà di bene verso l'altro, la quale, promossa e sostenuta dall'educazione, toglie il soggetto da quell'egocentrismo che mal dispone nei riguardi dell'altro. Interagendo con gli altri ed agendo per gli altri di qualunque cultura o religione essi siano, il fanciullo previene ogni dogmatismo culturale e religioso. Questo atteggiamento si fa fondamento e garanzia della solidarietà umana ed elimina fin dalla radice le cause di rifiuto e di scontro sia sul piano culturale che su quello religioso.
3) L'uomo non è un animale solitario, i suoi sforzi per realizzare la propria personalità, i suoi tentativi di individuazione, devono comprendere i suoi rapporti con gli altri. Nessun essere umano è autosufficiente. Se esistesse un essere umano autosufficiente, non possederebbe più quelle caratteristiche che noi chiamiamo umane, e potremmo difficilmente parlare di lui come di una personalità reale. La sua cultura sarebbe chiusa in sé senza condivisione con altri.
Nessun uomo è un'isola. Nessuno può raggiungere indipendenza e maturità isolandosi dai propri simili. Il pieno sviluppo della personalità implica, da parte dell'individuo, l'accettazione del bisogno fondamentale che ciascuno ha degli altri. Ci troviamo di fronte al paradosso secondo cui l'uomo attinge il massimo della sua individualità proprio grazie al più profondo contatto con i suoi simili, con la loro cultura. Che cosa c'è allora di così importante nei rapporti con gli altri, se l'uomo non riesce a sviluppare senza di essi la propria personalità? Come fin da bambino non può fare a meno dell'affetto e dell'amore dei suoi genitori, così crescendo non può vivere senza sentirsi inserito nella cultura dei suoi simili. Condividere e interagire sul piano dei significati e dei valori della vita, ossia tenersi aperti verso la cultura del sociale, pur nell'identità del proprio essere personale, vuol dire diventare capaci di accettare se stessi e pertanto di essere sè stessi fra gli altri e con gli altri e di realizzare la propria personalità. (Cfr.A.Storr. L'integrazione della personalità. Astrolabio. Roma. 1969, pp .19-26. Passim).
La spinta alla socializzazione, incontrando il diverso culturale, va guidata e orientata dall'educazione per evitare il disorientamento. L'esperienza, infatti, di contatto con portatori di culture diverse non è per se stessa benefica;lo potrà e dovrà essere quando essa viene commisurata alle possibilità del soggetto al fine di non perdere la propria identità o sperimentare fenomeni di rifiuto.
Facciamo inoltre leva sulla disponibilità a vedere nell'altro un essere da amare. M.Nédoncelle la chiama "sguardo d'amore" che tende alla promozione dell'altro visto come essere uguale a sé al di fuori ed al di sopra delle differenze d'ogni genere "L'amore è una volontà di promozione. L'io che ama vuole anzitutto l'esistenza del tu; vuole inoltre lo sviluppo autonomo di questo tu". (M.Nédoncelle.Verso una filosofia dell'amore e della persona. Ed.Paoline. Roma.1959 p.13). Esso ha come fondamento la più tipica qualità umana, destinata a coestendersi con tutte le esperienze della vita : ogni cosa si può fare con amore e per amore. Vi possono essere intralci e difficoltà soprattutto per le resistenze altrui; tuttavia il fanciullo, che non è stato irretito da pregiudizi, può far prevalere la sua forza ed il suo bisogno d'amore. La notevole rilevanza dell'amore su tutto il piano delle relazioni umane porta a dover concludere che è possibile e doveroso amarsi tra persone per quanto diverse. In ultima analisi ogni individuo ha in sé lo stesso valore ontologico dell'altro.Tutto dipende dalla volontà, poiché l'atto di amore è essenzialmente un atto di volontà e la volontà umana ha la caratteristica di essere la sede della libertà: essa va educata fin dall'infanzia poiché non è una facoltà cieca né automatica.
Un ruolo particolare acquista la formazione della coscienza.Questa è una potenzialità aperta ad aderire ai valori che come tali vengono presentati dall'educatore. Non si nasce con un patrimonio già costituito. Di qui la grande incidenza che ha l'educazione nell'indurre l'endocrazia, ossia quella forza che parte dall'interno del soggetto e lo orienta ad assumere atteggiamenti ed impegni. Il tenere fanciullo è portato a dare a quanto l'educatore richiede lo stesso valore che vi attribuisce il medesimo educatore. Un surplus di endocrazia, ossia di peso dato al valore proposto, o una sua diminuzione rispetto al valore oggettivo, presiederanno a scelte che non potranno che essere errate. Pertanto il nostro discorso mira a responsabilizzare l'educatore a proporre i valori della vita e, nel nostro caso, quelli relativi ai portatori di cultura diversa, secondo scelte giuste.
In conclusione
L'itinerario formativo dell'educando trova segnata la sua via nello sviluppo progressivo delle sue caratteristiche naturali. Seguendo la natura non si sbaglia mai. Tocca alle istituzioni educative, dalla famiglia alla scuola, prendere coscienza e responsabilità di non deludere le aspettative della natura, la quale può essere alterata stante che il piccolo è tutto dipendenza dall'adulto, "spugna assorbente", che si fida e affida al genitore ed a quanti si occupano di lui..
Luigi Secco