La teoria di Newton era un edificio perfetto finché le forze in gioco erano di natura meccanica, ma nel corso del 1800 i fisici cominciarono ad interessarsi dei fenomeni elettromagnetici.
In particolare si accorsero, nel 1820 con l'esperimento di Ørsted, che il campo elettrico e il campo magnetico sono collegati.
Nel 1867 James Clerk Maxwell riunì in un unico quadro teorico le leggi dell'elettromagnetismo, sotto forma di quattro equazioni.
Queste equazioni prevedevano l'esistenza di onde elettromagnetiche, che viaggiavano alla velocità della luce.
La luce stessa fu riconosciuta come un'onda elettromagnetica.
Tutte le onde allora conosciute erano dovute a modificazioni del mezzo in cui si muovevano. Ad esempio il suono è dovuto a contrazioni e rarefazioni dell'aria, le onde del mare a spostamenti d'acqua e così via.
Fu quindi abbastanza naturale ipotizzare l'esistenza di un mezzo di propagazione anche per le onde elettromagnetiche. Questo mezzo venne chiamato etere.
L'etere costituiva un sistema di riferimento privilegiato, quindi nessuno si sorprese se le equazioni di Maxwell non rispettavano la relatività galileiana: anche per le onde acustiche c'è differenza se è la sorgente ad avvicinarsi a me oppure sono io ad avvicinarmi alla sorgente, perché il sistema in cui l'aria è ferma ha un ruolo fisico speciale.
Nel 1887 Albert Michelson e Edward Morley realizzarono un esperimento per stabilire quale fosse la velocità della Terra rispetto all'etere.
Come un nuotatore in un fiume sperimenta velocità diverse a seconda che nuoti a favore di corrente o nella direzione trasversale, così la luce avrebbe dovuto impiegare un tempo diverso per muoversi nella direzione del moto della Terra o trasversalmente ad esso.
Misurando lo sfasamento tra due raggi che viaggiavano l'uno nella direzione del moto della Terra e l'altro trasversalmente, Michelson e Morley volevano determinare la velocità della Terra rispetto all'etere.
Il risultato sconcertante fu che non vi era nessuna variazione di velocità.
Era un risultato in aperta contraddizione con le trasformazioni di Galileo.
Nei 20 anni successivi all'esperimento di Michelson e Morley vennero fatti molti tentativi per conciliare le equazioni di Maxwell con i risultati dell'esperimento.
I protagonisti di questa storia sono l'olandese Hendrik Lorentz e il francese Henri Poincaré.
Lorentz era forse il più influente fisico dell'epoca.
Il suo nome è legato, tra le altre cose, alla forza che agisce su una carica elettrica che si muove in un campo elettromagnetico.
Credeva fermamente nell'esistenza dell'etere. Per salvare la situazione, nel 1892 propose un modello per il quale le cariche elettriche, muovendosi nell'etere, modificano le distanze (contrazione di Lorentz-Fitzgerald).
Poincaré era un matematico di primo piano che diede contributi fondamentali a vari ambiti della Fisica.
Nel 1904 formulò il principio di relatività e arrivò a scrivere le formule di trasformazione che sostituiscono quelle di Galileo, senza però arrivare a darne l'interpretazione fisica che caratterizzerà il lavoro di Einstein e abbandonare così l'idea di etere.