Basilica di Santa Maria
degli Angeli e dei Martiri

Fino alla metà del Cinquecento, le Terme di Diocleziano, che oggi si affacciano su piazza della Repubblica, apparivano solo una grandiosa eredità antica. Nel 1561, Papa Pio IV de’ Medici (1559-1565), su impulso del sacerdote siciliano Antonio Lo Duca devoto al culto degli angeli, decise di far costruire una chiesa all’interno delle Terme.
Per edificarla fu dato incarico all'86enne Michelangelo, il quale progettò la chiesa integrando l’edificio sacro nelle terme senza alterare la struttura romana dell’aula rettangolare lunga oltre 90 metri; per l’abside fu utilizzata la natatio, ovvero la piscina scoperta ad acqua fredda del complesso termale. La facciata, con la sua singolare forma concava in mattoni, è una delle antiche esedre del calidarium delle terme.

Ingresso della basilica
Vestibolo, passaggio voltato e transetto con volte a crociera

Una cupola in vetro dell'artista italo-americano Narcissus Quagliata per il Grande Giubileo dell'anno 2000, è stata collocata a 28 metri di altezza nel vestibolo circolare.
Era dai primi del Novecento che l’antica cupola romana del tempio non aveva più una copertura in vetro. Non si sa se fosse installato dallo stesso Buonarroti, si sa per certo, invece, che Luigi Vanvitelli, riprendendo i lavori nella basilica alla metà del Settecento, sostituì quella lanterna con un’altra ornata da un motivo floreale. Ma anche questa fu soppressa agli inizi del secolo scorso, con l’intento di ripristinare l’antica struttura. Da allora l’oculo fu chiuso con vari tipi di lucernario, senza trovare però una soluzione soddisfacente.

Transetto

È stato ricavato dall'antico tepidarium delle Terme dioclezianee che, prima Michelangelo e Jacopo Del Duca, poi Vanvitelli, adattarono con opere di restauro, ristrutturazione e decorazione plastica, portandolo all'aspetto attuale. La visione d'insieme è maestosa e solenne, nel rispetto che questi grandi architetti ebbero per la primitiva costruzione imperiale, serbando le misure originali nelle altezze e nella scansione spaziale e decorativa.
Le pareti sono adornate di paraste e lesene dipinte a imitare il marmo rosso di Cottanello, con delle riquadrature incorniciate in cui vi sono otto quadri originali provenienti dalla Basilica di San Pietro e posti in loco nella prima metà del XVIII secolo.
Nel transetto trova posto il Monumento funebre ad Armando Diaz, eretto nel 1920 da Antonio Muñoz in architettura liberty; al centro vi è una stele con dedica al generale, ai due lati vi sono due marmi con fregi in bronzo rappresentanti una spada e una corona d'alloro.

Cappella di San Bruno

Fu decorata su progetto di Carlo Maratta. L'altare è dipinto illusoriamente con quattro colonne di serpentino che sorreggono una trabeazione del frontone spezzato con stemma. Tutto intorno vi è un finto coro con delle nicchie di statue. Il coro con le finte architetture delle pareti è stato dipinto da Balletti e da Paradisi. Nel 1864 Francesco Fontana trasformò in marmo la mensa eucaristica. Gli affreschi della volta a crociera raffiguranti gli evangelisti sono di Andrea Procaccini.
Sulla parete di destra vi sono le statue della Meditazione, del 1874, e della Preghiera, del 1875, che sono copie delle statue poste all'ingresso del Verano. 

Nella parete di sinistra è installato l’organo monumentale di Formentelli che nel suo aspetto architettonico è articolato in cinque corpi distinti. La cassa realizzata in massello di ciliegio selvatico, di costruzione unitaria, ha un prospetto di 16 piedi, un’altezza di 12 metri e una larghezza di 11 metri; le canne di facciata sono in stagno fine al 95%. I motivi decorativi traforati in ciliegio massiccio a nido d’ape, sono disposti a coronamento di ogni cuspide di canne.
Sulle enormi pareti di questa cappella, a metà altezza, vi erano due grandi cartoni dipinti con vigoroso stile dal Trevisani, i quali, con altri due esposti tuttora sulle pareti laterali nella opposta  Cappella del Beato Nicolò Albergati, raffigurano scene del conferimento del Santo Battesimo.
Nella cappella è rimasto solo uno dei due cartoni, il Battesimo di Sangue (strage dei Maccabei) del 1740, così descritto  nella scheda 38 dell’inventario 1910: “Sullo sfondo di un paese boscoso due carnefici tagliano la testa con una scimitarra ad un giovane seminudo. All’altro, disteso a terra, vibrano sul capo una mazza ferrata. A sinistra una donna inginocchiata presso il suo fanciullo, prega. Dietro un negro ed altri assistono”.