Pinacoteca di Brera

Selezione opere della collezione pittorica

Ambrogio Lorenzetti
Siena 1290 ca. – 1348

MADONNA COL BAMBINO
1320-1323, tempera su tavola  

Questa tavola è già moderna, come testimonia il Bambino, stretto nelle fasce come una mummia, ma che si divincola con naturalezza, ben lontano dal mondo bizantino raffigurato nell'opera del maestro di San Verano in questa sala. La tavola si è deteriorata, tanto che emerge il colore della preparazione, in particolare sul volto della Madonna, ma si tratta pur sempre dei resti di un capolavoro della pittura italiana del Trecento.

Andrea Mantegna
Isola di Carturo 1431 - Mantova 1506 

CRISTO MORTO NEL SEPOLCRO E TRE DOLENTI
1483 ca., tempera su tela

Al centro dell'arte cristiana c'è l'immagine del Cristo morto, assai più comune del Cristo risorto perché proprio nella morte si rivela pienamente la sua umanità.
La figura drammaticamente scorciata di Mantegna amplifica il potenziale meditativo dell'immagine e lo scorcio estremo — inteso in passato come pura dimostrazione di talento artistico — fa subito della sua opera un punto di riferimento importante quanto la Pietà di Michelangelo in San Pietro.


Giovanni Bellini
Venezia 1435 ca. - 1516 

PIETÀ
1460 ca., tempera su tavola 

Si tratta di un dipinto giovanile di Giovanni Bellini eseguito intorno al 1455 e 1460, quando il dialogo con Mantegna è molto forte, e reca traccia della la tensione tra i due cognati. Il tema della scena non è attinto dai Vangeli, ma inteso per la meditazione.
Properzio, il grande poeta di età augustea, fa allusione alla capacità dell'immagine di provocare il pianto nello spettatore, e ai suoi versi si rifà quanto è scritto nel cartellino. Questa è tra le opere d'arte che producono un tale effetto.

Giovanni Bellini
Venezia 1435 ca. - 1516 

MADONNA COL BAMBINO (MADONNA GRECA)
1460 1465 ca., tempera su tavola

La cosiddetta Madonna greca di Giovanni Bellini deve il suo soprannome ai monogrammi in lettere greche scritti ai lati dell'immagine, visibile in alto su un fondo molto compromesso.
Il Bambino ha un'aria triste, poggia i piedi su un davanzale e tiene in mano un frutto da leggere come simbolo della futura Passione.
È uno dei primi dipinti a essere stati acquisiti dalla collezione della Pinacoteca di Brera e proviene dal Palazzo Ducale di Venezia, quindi probabilmente fu eseguito per una magistratura. 

Giovanni Bellini
Venezia 1435 ca. - 1516 

MADONNA COL BAMBINO
Firmato e datato 1510, olio su tela

Datata 1510, a sei anni dalla morte, questa è tra le ultime opere di Bellini che, vissuto per tutta la vita in laguna salvo pochissimi viaggi, qui raffigura la campagna. Molti hanno cercato significati simbolici, ma forse tutto è solo ciò che appare: un pastore, le sue pecore, un cavaliere e, assai meno spiegabile, una scimmia.
La capacità dell'artista ottantenne di rinnovarsi alla luce delle esperienze dei colleghi più giovani rappresenta uno dei momenti più straordinari della storia dell'arte.

Gentile e Giovanni Bellini
Venezia 1432 ca. - 1507
Venezia 1435 ca. - 1516

PREDICA DI SAN MARCO IN UNA PIAZZA DI ALESSANDRIA D'EGITTO
1504-07, olio su tela

Il telerò, iniziato da Gentile e completato alla sua morte dal fratello Giovanni, ornava una sala ove si narrava la vita di san Marco. La scena si svolge in un Oriente da favola lontano da ogni ricostruzione storica precisa.
Gentile fu a Costantinopoli per ritrarre il sultano. Ricordi di quella città e di Alessandria d'Egitto si riconoscono nell'obelisco, nelle donne, nel cammello e nella giraffa a spasso per la piazza. I personaggi in abiti occidentali sono i membri della confraternita committente.

Cima da Conegliano (Giovan Battista Cima)
Conegliano Veneto, Treviso 1459 ca.- 1517 ca.

SAN PIETRO MARTIRE CON I SANTI NICOLA DI BARI E BENEDETTO
1505-1506, olio su tavola

Il martire domenicano Pietro da Verona, assassinato con un colpo di falcetto sul capo, è su un alto piedistallo, a dominare il paesaggio che immerge le figure dei santi in un mondo reale.
Un pastore suona, incantando il suo cane; un cavaliere avanza preceduto dallo scudiero, due persone discutono; accanto, una chiesa, un borgo e, più su, la città fortificata.
La composizione, simmetrica, è equilibrata anche cromaticamente e testimonia l'attenzione di Cima alle novità coloristiche di Giorgione.

Bergognone (Ambrogio da Fossano)
Milano (?) 1453 ca. – Milano 1523

MADONNA COL BAMBINO DORMIENTE (MADONNA DEL VELO)
1512-15, olio su tavola

Siamo in un interno ombroso e la Vergine ha sospeso la preghiera per coprire il Bambino addormentato sulle sue ginocchia con un velo trasparente.
È un'iconografia che allude alla Passione e morte di Cristo, al sudario che ne avvolgerà il corpo, ricordata anche dal frutto poggiato in primo piano e su questo mistero induce a meditare.
Oltre la finestra si apre uno scorcio quotidiano, con il via vai attorno a un canale, quasi a ricordare la presenza del divino nella vita di tutti i giorni.

Tintoretto (Jacopo Robusti)
Venezia 1519-1594

RITROVAMENTO DEL CORPO DI SAN MARCO
1562-56, olio su tela

La leggenda narra che il corpo dell'Evangelista venne ritrovato in un sepolcreto ad Alessandria d'Egitto da due mercanti veneziani, che lo riconobbero perché liberò un ossesso dai demoni. È questo l'episodio descritto nella tela.
A sinistra san Marco appare accanto al proprio corpo adagiato sul tappeto per fermare la profanazione delle tombe, mentre a destra l'indemoniato si agita. L'ardito scorcio prospettico e i ripetuti riverberi di luce trascinano lo spettatore nel cuore della vicenda.

Carlo Crivelli
Venezia 1430 ca. – Marche 1494/95

MADONNA COL BAMBINO E I SANTI PIETRO E PAOLO, ANSOVINO E GEROLAMO (MADONNA DELLA CANDELETTA)
dopo il 1490, tempera e oro su tavola

La Madonna, dall'ovale innaturalmente perfetto e dalle lunghissime mani sofisticate, offre al Bambino una pera che forse simboleggia la dolcezza della Redenzione.
Le due figure sono sotto una pergola costruita con rami intrecciati dove stanno frutti allusivi alla Passione e morte di Gesù.
La candela, fermata sul gradino da una goccia di cera, il vaso di fiori e i frutti sul gradino sono immaginati come offerti da chi osserva, che in questo modo è coinvolto nello spazio dipinto.


Piero della Francesca
Sansepolcro 1415 ca. – 1492

MADONNA COL BAMBINO E SANTI, ANGELI E FEDERICO DA MONTEFELTRO (PALA DI SAN BERNARDINO)
1465-70, tempera e olio su tela

In un edificio rivestito di marmi colorati, santi e arcangeli sono disposti in semicerchio intorno alla Vergine che prega sul Bambino addormentato. Davanti è inginocchiato committente Federico da Montefeltro, capitano di ventura, signore di Urbino.
Il pittore, grazie sopratutto a una straordinaria capacità di orchestrare le luci e i loro riflessi, crea un ambiente suggestivo, coente dal punto di vista spaziale, austero e silenzioso, abitato da figure solenni, dalle espressioni sobrie e dai gesti pacati.

Raffaello Sanzio
Urbino 1483 – Roma 1520

SPOSALIZIO DELLA VERGINE
1504, olio su tavola

Nel 1501 Filippo Albizzini ottiene il patronato della cappella di san Giuseppe nella chiesa di san Francesco a Città di Castello e si impegna ad abbellirla. Affida a un "giovane diligente e gentile", Raffaello di Giovanni Santi, il compito di realizzare un dipinto simile a quello eseguito da Perugino per la cattedrale di Perugia. Il pittore orgogliosamente si firmò Raphael Urbinas, aggiungendo anche la data, 1504, che, segnando un punto di svolta della sua carriera, suona come omaggio finale a chi gli fu maestro.

Donato Bramante
Monte Asdrualdo, Fermigliano 1444 ca. – Roma 1514

CRISTO ALLA COLONNA
1487-90 ca., olio su tela

La figura statuaria mostra Cristo legato alla colonna prima della flagellazione, eliminando i tradizionali flagellanti. È illuminata da sinistra davanti a un ambiente in ombra. Sullo sfondo si apre sul paesaggio di una finestra, con una pisside sul davanzale che palesa il senso del sacrificio di Cristo.
Gli effetti spaziali e di luce richiamano Piero della Francesca, Antonello da Messina ed esempi fiamminghi, ma denotano anche la conoscenza della prima versione della Vergine delle rocce di Leonardo.

Canaletto (Giovanni Antonio Canal)
Venezia 1697–1768

VEDUTA DEL CANAL GRANDE VERSO LA PUNTA DELLA DOGANA DA CAMPO SANT'IVO
1740-45, olio su tela

I due dipinti di Canaletto, in pendant, mostrano una vivace Venezia affollata di figurine toccate rapidamente, mentre gli edifici sono studiati con grande attenzione, sia utilizzando la "camera ottica" – strumento che consentiva di fissare le linee principali della composizione rispettando proporzioni e prospettive – che attraverso schizzi e disegni, rielaborato nello studio con righe e compassi. L'artista descrive ciò che vede con attenzione minuziosa, quasi scientifica.

Canaletto (Giovanni Antonio Canal)
Venezia 1697–1768

VEDUTA DEL BACINO DI SAN MARCO DALLA PUNTA DELLA DOGANA
1740-45, olio su tela

I soggetti delle due tele sono stati più volte replicati da Canaletto, spostando anche di poco il punto di vista.L'artista è uno degli iniziatori del vedutismo, legato anche alla richiesta di ricordi dei luoghi più famosi d'Italia, e soprattutto di Venezia, da parte di quanti – impegnati nel Grand Tour – desideravano riportarne memoria nei proprio paesi del Nord. Canaletto restituisce Venezia con cieli perennemente sereni e in una scintillante luce temporale.

Francesco Hayez
Venezia 1791-Milano 1882 

BETSABEA AL BAGNO
1841-42, olio su tavola
Questo soggetto, che trova anche nell'arte del passato celebri esempi, si pensi a Rembrandt, è interpretato con successo da Hayez, il quale affronta il nudo femminile con una resa naturalistica, meditata sui modelli di Guido Reni, Cagnacci, Domenichìno. Il tema è tratto dal Vecchio Testamento, ma diventa il pretesto per una immagine di forte impatto erotico. La tavola fu realizzata su commissione del marchese Ala Ponzoni, ricco collezionista d'arte e patriota. 

ODALISCA
1839, olio su tela
Nel XIX secolo le odalische, segregate negli harem e per questo inaccessibili, furono motivo di sogni proibiti e fortunato soggetto artistico dell'arte europea: l'Oriente e la sua cultura a quel tempo erano conosciuti perlopiù tramite i racconti dei rari viaggiatori. Hayez per questo tema combinò il nudo di impostazione accademica e studiato dal vero con gli esempi di Raffaello e di Tiziano, mentre per i costumi orientali si servì delle riproduzioni di incisioni veneziane del Cinquecento. 

MALINCONIA
1841-42, olio su tavola
Dipinta per il marchese Filippo Ala Ponzoni, mecenate, patriota e seguace di Giuseppe Mazzini, l'opera divenne popolare per la straordinaria qualità pittorica e per il valore emblematico che l'ha resa il simbolo dell'inquietudine del Romanticismo. Il soggetto rientra nella tipologia delle mezze figure, ispirate alle Sibille e alle Cleopatre della pittura emiliana del Seicento, che Hayez rielabora dando maggiore risalto agli stati d'animo: anche i fiori appassiti ricordano lo sfiorire delle cose umane.

IL BACIO
1859, olio su tela
È il capolavoro più amato e popolare di Hayez, caposcuola del Romanticismo in Italia. Fu esposto nel 1859 alla mostra di Brera che celebrava la fine della II guerra di Indipendenza e la nascita della nazione italiana, favorita dal sostegno della Francia a fianco dei Savoia. Il pubblico si entusiasmò per l'audacia del bacio, ma riconobbe anche il messaggio patriottico dei colori: le calze rosse e la giubba verde, accostate alla veste azzurra e bianca evocano le bandiere d'Italia e Francia 

RITRATTO DI ALESSANDRO MANZONI
1841, olio su tela
Il ritratto del celebre scrittore è un insuperato esempio di sottile scavo psicologico: l'attenzione è tutta sulla figura mentre l'ambiente è ridotto ai minimi dettagli. Manzoni non amava farsi ritrarre, ma per Hayez fece un'eccezione. Si recò di persona nel suo studio per quindici sedute: tre per abbozzare il ritratto, dieci per dipingerlo accuratamente dal vero, copiando anche la sua tabacchiera rotonda, e due per ritoccarlo. Una replica più tarda è esposta alla Galleria d'Arte Moderna. 

Giovanni Fattori
Livorno 1825 – Firenze 1908

IL PRINCIPE AMEDEO DI SAVOIA FERITO ALLA BATTAGLIA DI CUSTOZA
1870, olio su tela

Acquistato dall'Accademia di Brera per le proprie collezioni, il dipinto consacra definitivamente Fattori pittore di battaglie.
La raffigurazione è antieroica: il giovane principe Amedeo Ferdinando Maria duca d'Aosta, colpito da un proiettile, è ritratto esattamente al centro della tela, ma lo si riconosce a fatica, ha i baffi e il berretto con la greca da generale, in mezzo agli altri soldati. I veri protagonisti della scena sono i soldati morti e feriti, che il principe soccorrerà nella sua ambulanza.