M. di Parkinson

Potenzialmente qualsiasi lesione neurologica che interessi il sistema nervoso centrale o periferico (morbo di Parkinson, ictus cerebrale, traumi midollari, sclerosi multipla, ecc.) può influire sulla dinamica della minzione, alterandone il funzionamento.

Tra le malattie neurologiche anche il morbo di Parkinson potrebbe causare problemi urologici dovuti ad un alterato controllo volontario dello stimolo della minzione. Raramente tali disturbi urologici compaiono nelle prime fasi della malattia. Nelle fasi successive, è stato rilevato che tali disturbi possono interessare circa il 75% dei pazienti.

Sintomi

– l’urgenza, desiderio imperioso e poco controllabile di urinare;

– la disuria, insistente stimolo ad urinare senza poi riuscirvi;

– la nicturia, il paziente si alza dal letto più volte durante la notte per urinare;

– iscuria paradossa, fuoriuscita di sole poche gocce di urina a causa di una vescica sovradistesa ed eccessivamente piena.

Esami

Questi esami forniscono importanti dati quantitativi sugli eventi che si verificano all’interno della vescica e nel collo della vescica durante il ciclo bifasico della minzione. Tali indagini si suddividono in tre parti:

– CISTOMETRIA, attraverso un piccolo catetere, la vescica viene riempita con acqua oppure con gas. L’urologo controlla da un monitor la capacità contrattile della vescica. Durante il riempimento della vescica viene chiesto al paziente di segnalare il momento in cui inizia ad avvertire lo stimolo. Quando lo stimolo diviene imperioso l’operatore chiede al paziente di inibirlo il più possibile. In tal modo si può valutare se la vescica viene controllata (o meno) dallo stesso cervello;

– FLUSSOMETRIA registra in quanto tempo viene espulsa una determinata quantità di urina. Tale test è l’approccio più immediato e pratico per misurare la funzionalità delle basse vie urinarie;

– ELETTROMIOGRAFIA valuta l’attività muscolare dello sfintere durante le fasi di riempimento o di svuotamento della vescica.

Generalmente, la vescica del malato parkinsoniano appare ipereflessica (ha, cioè, contrazioni involontarie che fanno aumentare la pressione all’interno della vescica) con uno sfintere uretrale che presenta una normale funzionalità. I sintomi sono quelli di una iperattività vescicale. Consistono, cioè, in frequenti risvegli notturni a causa di un maggior stimolo alla minzione oltreché in una impellenza minzionale durante il giorno. In fase avanzata della malattia può insorgere l’incontinenza urinaria diurna e la perdita involontaria di urina durante il sonno. E’, altresì, molto raro (8%) che in tali malati si riscontri una vescica areflessica (vescica non contrattile). Tale ultima caratteristica risulta associata, nella maggior parte dei casi, alla sindrome di Shy-Drager (è, peraltro, dubbio se tale patologia sia una forma di parkinsonismo oppure una malattia a sé stante).

E’ necessario anche accertare, attraverso le indagini urologiche , la causa dei disturbi del malato parkinsoniano che potrebbero essere collegati anche ad un altra patologia tipica della terza età. Per esemplificare, l’incontinenza lamentata da una donna affetta da morbo di Parkinson potrebbe derivare da un prolasso genitale (abbassamento della vescica e dell’utero a causa sia del rilassamento della muscolatura perineale, sia della variazione dei livelli ormonali, tipico nella menopausa). Nell’uomo parkinsoniano, invece, i disturbi urologici potrebbero essere determinati da un ingrossamento della prostata.

Nel caso in cui si verifichi una ritenzione urinaria, la vescica è maggiormente soggetta ad infezioni (ad esempio, cistiti), causate dal ristagno dell’urina. Nel malato parkinsoniano tali infezioni possono essere anche una conseguenza della stessa stipsi. I germi eziologici che causano le infezioni alle vie urinarie, sono presenti prevalentemente a livello intestinale. Normalmente non sono patogeni, cioè non causano la comparsa di infezioni, ma in caso di ristagno possono aumentare di numero superando il livello ritenuto espressione di una infezione urinaria (100.000 per millimetro cubo).

La terapia

Il primo intervento terapeutico da attuare sempre, prima e durante l’eventuale farmacoterapia, è costituito da suggerimenti su come modificare le abitudini di vita per adattarsi alla nuova condizione e minimizzarne gli effetti negativi. Si tratta di controllare l’entità e il tipo di assunzione di liquidi cercando di non eccedere il litro al giorno ed evitando o riducendo al minimo liquidi ed alimenti con proprietà diuretiche (caffè, tè, alcolici, alcuni tipi di frutta, minestre liquide, ecc.). Tali restrizioni vanno applicate con maggior rigore nelle ore serali, per ridurre al minimo l’incidenza del fastidioso sintomo della nicturia. Un’altra modifica delle abitudini che può risultare molto utile agisce sulla scelta del momento in cui recarsi al bagno per urinare.

Svuotare la vescica ad intervalli regolari, prima che si verifichi il forte stimolo. Nelle persone più anziane o con grave handicap motorio sarà il personale che lo assiste a ricordargli di urinare (minzione sollecitata).

La terapia farmacologica si avvale essenzialmente di farmaci anticolinergici (tolterodina, ossibutinina) che sono in genere molto efficaci, anche se comportano frequentemente effetti collaterali (ad esempio: secchezza della bocca). Di grande interesse sono anche alcune terapie endovescicali ancora in fase sperimentale (iniezioni di tossina botulinica nella parete vescicale ed istillazione di capsaicina o resiniferatossina).