L' editoriale
Cari lettori,
io e la redazione di Elena&Ettore vi diamo il canonico benvenuto in questo numero di febbraio dell’edizione 2024/2025 del nostro giornalino scolastico, in un momento storico che, a prescindere dalle singole e variegate opinioni che si possono avere a riguardo, non si può che definire di incertezza. A seconda di quanto sia interessato alla sfera pubblica, ciascuno può sentire con maggiore o minore forza il peso delle trasformazioni sociali in atto, ma, che noi ce ne accorgiamo o meno, esse sussistono, ci riguardano tutti e ci pongono davanti ad uno stesso dilemma: come dobbiamo vivere in questo mondo contemporaneo, come dobbiamo rapportarci con esso?
La risposta è vecchia di duemila anni, ma risulta valida ancora oggi, perché una verità rimane tale in sé a prescindere dai fatti accidentali in cui può essere coniugata. Ce l’ha regalata nella sua immensa saggezza il filosofo Seneca: per conoscere la vera felicità è necessario vivere secondo virtù e la virtù si acquisisce seguendo la ragione. Seneca, infatti, condivide con Aristotele la consapevolezza che ciò che veramente distingue l’uomo dagli animali è essenzialmente il possedere il logos, la ragione appunto, e ritiene che il sommo bene equivalga alla realizzazione di ciò che è intrinseco alla natura dell’essere umano. Ne deriva, dunque, che la virtù (che altro non è che la dimensione pratica del sommo bene) si realizza in ciò che consente all’uomo di esprimere e coltivare la propria ragione, e cioè lo studium.
In questa parola latina è compreso certamente lo studio che ogni giorno con fatica compiamo tra i banchi di scuola, ma anche molto di più. Per gli antichi romani lo studium era riflessione a tutto tondo che si praticava nei momenti di otium sulle grandi questioni che quotidianamente la vita ci pone di fronte; era autentica passione, autentico amore per la conoscenza in tutte le sue forme, di noi stessi, della nostra natura e delle nostre inclinazioni, ma anche degli altri e del mondo che ci circonda; era zelante applicazione nel compiere i propri doveri e uffici non per costrizione ma per autentico spirito di dedizione. Ecco, dunque, in cosa si realizza la virtù, che a sua volta coincide con la felicità, perché solo seguendo la virtù si può evitare di vivere nella scissione tra come si agisce e ciò che la propria coscienza sa invece corrispondere alla giustizia e alla legge morale.
Seneca ci ricorda, inoltre, che la vita, se dissipata in occupazioni vane, infruttuose o poco significative, rischia di sfuggirci via prima che possiamo accorgercene, come sabbia sul palmo di una mano; ma se, al contrario, ogni momento utile è speso in una prospettiva di introspezione di sé stessi, nel cammino verso la virtù e, infine, nel cercare di praticare tale virtù per conoscere il mondo che ci circonda e beneficare gli altri, la nostra vita si accrescerà, così come si accrescono le finanze in mano ad un oculato amministratore, non perché aumenti il tempo a nostra disposizione, ma perché tale tempo sarà colto nella sua pienezza.
Questo è dunque il significato contenuto nel titolo di questo numero, studium claviger virtutis: “lo studio ha le chiavi della virtù”, una frase che riassume bene la missione della nostra scuola.
Essa ha infatti il compito di formare persone che siano padrone a tutto tondo della loro umanità, che, cioè, abbiano imparato a conoscere pienamente sé stesse, con tutte le proprie inclinazioni e aspirazioni, i propri pregi e difetti, punti di forza e di debolezza, e che, non ignorando la dimensione sociale in cui ognuno è intrinsecamente iscritto, siano cittadini attenti, consapevoli ed onesti.
Ecco perché, come redazione di Elena&Ettore, abbiamo proposto queste parole, nella loro traduzione italiana, come motto del nostro Istituto alla Presidenza e, dopo un’eventuale approvazione in Consiglio di Istituto, con una precisa definizione delle loro finalità di applicazione, potranno divenire elemento di unità e fonte di ispirazione per noi studenti.
Questo motto e soprattutto i concetti di cui esso è sintesi, inoltre, si possono considerare la risposta al dilemma che ci siamo posti inizialmente: per vivere nel mondo contemporaneo, dobbiamo innanzitutto essere in grado di comprenderlo e di essere padroni della nostra interiorità, cosicché possiamo rapportarci alle sfide che ci si presentano dinnanzi con piena consapevolezza, senza rinunciare ai nostri principi, ma difendendoli con proba giustizia e retta onestà.
Ciò è strettamente connesso anche al compito del giornalismo, che deve mirare ad indagare il presente e a riflettere sulle grandi questioni intellettuali e morali. A tale compito abbiamo cercato di assolvere, nel nostro piccolo, anche noi: ognuno secondo la propria sensibilità e i propri interessi, abbiamo cercato di analizzare importanti tematiche di attualità, tra cui il significato delle recenti elezioni negli Stati Uniti, le esecrabili piaghe della violenza sulle donne e della mafia, la situazione della libertà di stampa nel nostro Paese; ci siamo interrogati su quesiti più strettamente filosofici, come la frase “il fine giustifica i mezzi” di Machiavelli; abbiamo celebrato una delle più influenti autrici della storia della letteratura, Jane Austen, a duecentocinquant’anni dalla nascita; abbiamo, infine, dedicato spazio all’intrattenimento, con un viaggio alle origini di uno dei generi musicali più popolari di oggi, il rap, e alle curiosità, di cui abbiamo raccolto per voi una selezione.
E non solo: tramite il nostro account Instagram (@giornalino_majo), che vi invitiamo a seguire, abbiamo portato avanti rubriche aggiuntive, come l’oroscopo per i majorani che amano leggere le stelle, e abbiamo stabilito un canale di comunicazione diretta con tutti voi, stimati lettori.
E’, infatti, precisamente a voi che è rivolto il nostro lavoro, nella speranza che, attraverso il tempo e l’attenzione che vorrete concedere agli scritti che seguono questo editoriale e per cui vi ringraziamo, il nostro studium possa contribuire, così come è stato per noi, anche solo in minima parte alla vostra virtus, alla vostra ricerca di miglioramento interiore e conoscenza della realtà.
E’ un obiettivo certamente ambizioso, ma che è possibile provare a perseguire grazie alla fantastica squadra di giornalisti, grafici, redattori, social media manager che compone la redazione di quest’anno, in gran parte rinnovata rispetto all’edizione 2023/2024, ma traboccante della stessa voglia di fare, di mettersi in gioco e di contribuire alla buona riuscita di questo progetto, alla quale concorre, in modo imprescindibile, il fermo sostegno delle professoresse Lupo e Di Cresce, le nostre referenti.
Per il clima di grande collaborazione e aiuto reciproco, che si è creato tra tutti noi e ha permesso la realizzazione del numero che vi apprestate a leggere, a loro vanno tutta la mia stima e la mia gratitudine; e in questo sono sicuro di poter parlare anche a vostro nome, cari lettori.
Tutti insieme ci stiamo impegnando a creare un connubio tra la tradizione di questo giornalino, che, giungendo alla sua quarta edizione nel nuovo formato online che è stato adottato dopo la pandemia, inizia ad essere ben consolidata, e la necessità di un’innovazione costante che assicuri la freschezza di format e contenuti. A tal scopo, abbiamo già in cantiere molteplici idee per il numero di giugno, ma per ora vi anticipiamo solo che, sotto l’attenta guida del professor Zanatta, affiancheremo agli articoli canonici una versione podcast, con approfondimenti e riflessioni da ascoltare dove e quando più vi aggradi.
Ma, prima di concentrarsi sul futuro, è fondamentale vivere il presente. Per questo, è giunto il momento che io vi lasci proseguire nella lettura dei nostri articoli, che speriamo possano incuriosirvi ed offrire spunti di riflessione; ma non prima di avervi augurato, da parte della redazione tutta e mia,
Buona lettura!
Il caporedattore,
Vittorio Maria Moro
La redazione
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