Uno dei primi tragici eventi che hanno costellato il nostro pianeta negli ultimi anni sono gli incendi che tra il settembre del 2019 e il febbraio del 2020 hanno colpito i boschi di una parte dell’Australia sud-orientale, in particolare negli stati federali di Victoria e Nuovo Galles del Sud, bruciando circa 16.800.000 ettari di terreno, distruggendo più di 5.900 edifici e uccidendo almeno 33 persone. Oltre a questi danni “diretti”, gli incendi hanno creato un grande innalzamento dell’inquinamento dell’atmosfera, rendendo Melbourne, città considerata una delle più vivibili al mondo, la più inquinata sulla terra per due giorni consecutivi; a ciò si aggiunga che miliardi di animali sono stati uccisi dalle fiamme. Si è stimato che gli animali deceduti siano circa un miliardo e 250 milioni, contando solo rettili, mammiferi e uccelli.
All’epoca, numerosissime fake news incolpavano i presunti dei piromani per gli incendi, nel tentativo nascondere lo stretto collegamento tra la tragedia e il cambiamento climatico. Secondo il ricercatore di Selvicoltura e pianificazione forestale presso l’Università degli Studi di Milano Giorgio Vacchiano, “In Australia, metà delle accensioni sono causate da fulmini, e metà dall’uomo per cause sia colpose che dolose. Gli incendi più grandi tendono tuttavia a essere causati dai fulmini, perché interessano le aree più remote e disabitate, dove è meno probabile che arrivino le attività umane”.
Ma quanto di tutto questo è colpa del riscaldamento globale? Esso infatti, causando alte temperature in una terra già calda come l’Australia, rende più difficile domare gli incendi e ne favorisce enormemente la propagazione. Il 2019 è stato l’anno più caldo e più secco registrato in Australia dal 1900, con picchi fino ai 49°C. Tali circostanze hanno provocato una perdita di umidità nella vegetazione, rendendo così le piante più facilmente combustibili.
Un’altra concausa è individuata nell’innalzamento delle temperature che si è verificato nella metà occidentale dell’Oceano Indiano (fenomeno detto “dipolo positivo dell’Oceano Indiano”), che ha causato aria umida sulle coste africane e aria secca su quelle australiane. Un ruolo fondamentale nella diffusione delle fiamme lo hanno certamente anche i venti: sempre nel 2019, favorito dal cambiamento climatico e dal buco dell'ozono, si è verificato uno spostamento dei venti verso nord che ha portato sull’Australia aria secca e calda.
Ma gli incendi non si sono limitati a devastare solamente i boschi: sono state colpite anche città come Sydney e Melbourne. Nella seconda, in particolare, è stato ordinato a migliaia di persone di lasciare cinque quartieri, perché le fiamme erano ormai a soli 16 chilometri dal centro e costringendo chi possedeva una barca a utilizzarla per dormire a largo:. "Abbiamo letteralmente migliaia di persone lungo la costa che si rifugiano sulle spiagge e nei club di surf”, aveva dichiarato Shane Fitzsimmons, responsabile del Rural Fire Service del New South Wales.
Questi tragici avvenimenti sono stati solamente l’inizio di due anni in cui è successo tutto quello che meno avremmo voluto succedesse. Che gli incendi in Australia siano stati l’inizio della fine del mondo?
Lucrezia Busetti I B