Intervista a Brugnaro

Non avremmo potuto ritenere completo il nostro excursus sulla storia del liceo Majorana-Corner (per approfondire il quale si invita a leggere l’articolo “Breve storia della nostra scuola”) senza aver ascoltato la testimonianza di uno dei suoi ex studenti più illustri: Luigi Brugnaro, sindaco del Comune e della Città Metropolitana di Venezia, presidente del partito Coraggio Italia, fondatore di Umana, patron della Reyer ed ex presidente di Confindustria Venezia e Assolavoro. Vogliamo ringraziare il Sindaco e il suo staff a nome di tutta la redazione del giornalino per averci concesso l’onore di poterlo intervistare.


Era giovedì 27 aprile quando Luigi Brugnaro ci ha ricevuto a Ca’ Farsetti (la sede del Comune di Venezia). L’appuntamento era fissato per il primo pomeriggio, ma un Consiglio comunale particolarmente concitato ha causato un leggero slittamento: un’ottima occasione per assistere alla seduta e avere l’opportunità di vedere e ascoltare il Primo cittadino replicare, con grande fervore e trasporto, alle dure critiche dell’opposizione. Semplice gioco delle parti, verrebbe da dire; eppure dalle sue parole traspariva immediatamente l’innegabile passione e l’impegno nell’amministrare la “sua” Venezia. Una passione che abbiamo avuto modo di riscontrare durante tutta l’intervista, che, nonostante il pomeriggio per lui molto impegnativo, si è protratta ben oltre il previsto. Brugnaro ci ha accolto nel suo ufficio dimostrando grande cortesia, disponibilità e affabilità, in un clima cordiale in cui, oltre ad averci raccontato i suoi ricordi di studente, ha saputo metterci a nostro agio con qualche aneddoto e qualche passaggio ilare. Non solo: a margine dell’intervista, abbiamo avuto modo di condividere con il Sindaco anche alcune stimolanti riflessioni su tematiche di carattere politico-sociale. 


Sindaco, sappiamo che lei, avendo trascorso la giovinezza a Spinea, ha frequentato il Majorana, negli anni in cui l’istituto comprendeva il solo indirizzo scientifico. La scelta della scuola superiore costituisce indubbiamente un punto di svolta nella vita di una persona. E, dato che, con un curriculum come il suo, pensiamo di poter affermare con certezza che lei sia uno dei più illustri tra gli ex studenti della nostra scuola, ci terremmo particolarmente a chiederle: perché la sua scelta è ricaduta proprio sul Liceo Majorana?

“Sì, è esatto, io sono di Spinea: abitavo quasi alla Fossa, in via della Repubblica, dietro a dove oggi c’è la Pam. Alle medie avevo frequentato la Vico, al Villaggio dei Fiori e, ve lo posso assicurare, ai miei tempi tra quella scuola e il Bronx non c’era grande differenza. Invece, il Majorana, che all’epoca era ancora una sede staccata del Morin, era una scuola prestigiosa, diciamolo pure, di figli di papà, di fighetti, mentre io ero figlio di un operaio e di un’insegnante elementare. Ma l’ho scelto da una parte dato che era l’istituto più vicino a casa mia, e dall’altra soprattutto perché era un liceo che apriva tutti gli orizzonti. A dire il vero ero indeciso tra il Classico e lo Scientifico, ma poi ho optato per quest’ultimo perché mi piacevano la matematica e le discipline scientifiche e pensavo che ci fossero i laboratori: mentre alcune persone sono più protese per la teoria, io ho bisogno di capire la chimica, la fisica, e quant’altro vedendo la pratica. Ma all’epoca la scuola era ancora in villa Belvedere e con disappunto ho scoperto che i laboratori non c’erano. Non potevo crederci! Così, il mio ingresso al Liceo è coinciso con la mia prima grande battaglia per poterli avere. Iniziai raccogliendo il consenso di tanti altri compagni, in una campagna che mi portò l’anno successivo a diventare rappresentante di istituto… una bella palestra di vita! Ma per fortuna adesso è diverso: sono venuto a visitare il Majorana ed avete dei laboratori bellissimi e anche degli ottimi professori di ruolo”.


Com’era il suo rapporto con i compagni? È rimasto in contatto con alcuni di loro? C’è qualche ricordo particolare della sua esperienza al Majorana che rimane tutt’oggi impresso nella sua memoria? 

“Mi è capitato di sentirmi ancora con alcuni di loro, come, per esempio, un mio vecchio compagno, che -pensate- è entrato a far parte del gruppo di scienziati che ha progettato l’ottica della sonda Rosetta. Però, purtroppo, con la maggior parte ho perso i rapporti. Quello che mi rimane, però, sono i tanti bei ricordi. Per esempio, il primo giorno di scuola ci eravamo trovati tra compagni mezz’ora prima di iniziare le lezioni e avevo conosciuto un ragazzo orfano che veniva ogni giorno in bicicletta addirittura da Marano. La sua storia mi aveva scosso e decisi di aiutarlo, finendo ben presto per farci amicizia. Quel giorno, alla prima ora avevamo latino. La professoressa entrò e, vedendo questo ragazzo umile e assorto mentre faceva l’appello, gli disse: “Tu, non ti vedo molto sul pezzo. Guarda che questa è una scuola difficile! Dimmi la declinazione di “rosa, rosae”.” Il panico aveva preso il sopravvento, lasciando il mio compagno incapace di proferire parola e scatenando il rimprovero della professoressa, che lo riprese con un sonoro: “Ma i tuoi genitori non ti hanno insegnato niente!?”. A quelle parole, non riuscendo a stare zitto, io mi alzai in piedi e obbiettai: “Signora, non mi sembra il modo di fare con un ragazzo che i genitori nemmeno li ha.” -e questo alla prima ora del primo giorno di scuola! Ma sono fatto così e, per mia natura e anche per cultura familiare, non riesco a non prendere le difese di chi subisce un sopruso. Ma sul momento questo mi costò caro: la professoressa mi guardò e disse: “Va bene, allora interrogo te!”. Per fortuna, in terza media avevo fatto, su spinta di mia madre, un corso facoltativo di latino e la declinazione di “rosa, rosae” era l’unica cosa che avevo imparato… questo per dirvi com’è cominciato il mio percorso al Majorana. Ma i ricordi più belli sono in particolar modo quelli legati agli scherzi che facevamo… una volta avevamo smontato la vespa di un nostro amico, tutta, pezzo per pezzo, e avevamo nascosto la sella in mezzo al laghetto con i cigni, nel parco della scuola. Quanto ci siamo divertiti!” 


A proposito del parco della scuola, esso oggi costituisce il principale parco pubblico di Mirano, il parco di villa Belvedere. Per noi che siamo abituati a vederlo come tale, è bello immaginare che una volta quel parco e la villa fossero la sede del Majorana. Dunque, siamo curiosi di sapere: com’è stato frequentare il liceo in un edificio così bello?

“È stato bellissimo, meraviglioso.” A questo punto, il Sindaco ci ha raccontato un aneddoto, tra le risate: “Una volta, con una giustificazione falsa, andai a pescare nel canale che c’è nel parco. Nel frattempo, il professore di italiano mi vedeva dalla finestra. Quando presi un pesce, ero talmente contento che tornai in classe, ancora con la canna da pesca, e il pesce cadde, ancora mezzo vivo, sulla cattedra del professore. Potete solo immaginare le note disciplinari che scrisse nel registro; e ovviamente mi mandò dal preside! Ma non vorrei dare un brutto esempio, non eravamo tutti così.”. Placatosi il riso generale, Brugnaro ha ripreso: “Comunque, terminando di rispondere alla vostra domanda, dovete sapere che, ai tempi in cui io frequentavo il liceo, di sotto c’eravamo noi dello scientifico, mentre in alcune aule al piano superiore c’erano quelli del classico.”


Oggi uno dei vanti del nostro istituto è quello di offrire un’ampia gamma di progetti extrascolastici, di approfondimento o anche semplicemente ludici. Ricorda anche lei di aver vissuto esperienze di questo tipo?

“Ricordo che una volta abbiamo fatto l’autogestione [quella che noi oggi chiamiamo cogestione, n. d. r.]: ci dividemmo per una settimana in gruppi di lavoro, sulle materie che più interessavano ai ragazzi. Lavorammo seriamente e soprattutto, sebbene ci fosse stata lasciata completa autonomia dal preside e dai professori, tanto che aprivamo e chiudevamo noi la scuola, non arrecammo alcun danno e non ci furono disguidi. Insomma, fu una bellissima esperienza che funzionò. Per il resto, non c’era nulla di paragonabile ad oggi: facevamo qualche piccola gita e c’erano persone che praticavano sport a livello agonistico, addirittura campioni di sci, che avevano permessi speciali, ma non di più. Ma comunque io vi do il mio punto di vista, che era quello di una persona che non poteva permettersi tutto. Anzi, da quando avevo 15 anni andai a lavorare il sabato e la domenica, e certe vacanze non le ho mai fatte. E lo facevo non perché ce ne fosse realmente bisogno, dato che i miei genitori due stipendi, seppur non particolarmente alti, comunque li avevano, ma perché io credo che i soldi guadagnati abbiano tutt’altro valore rispetto a quelli regalati, e la vespa, le mie libertà e quant’altro volevo pagarle autonomamente”.


Com’è stato il suo percorso universitario? Ritiene che i suoi studi liceali le abbiano fornito una preparazione adeguata ad affrontarlo?

“Io ero indeciso se fare giurisprudenza a Padova o architettura a Venezia, ma a Padova c’era un professore di diritto romano temutissimo, che aveva la fama di affrontare il diritto in latino e di essere estremamente severo. Sono sincero: è anche per questo che alla fine ho scelto architettura, laureandomi poi con 110. E in questo gli studi al Majorana mi hanno aiutato, perché era, allora come oggi, una scuola seria, dove si studiava molto più che in altre e avevamo anche parecchi compiti.”


Ci sono uno o più consigli che si sente di dare ai ragazzi che frequentano oggi quello stesso istituto in cui lei fu un tempo studente? In particolare, c’è un pensiero che vorrebbe rivolgere ai maturandi, che a breve concluderanno la loro esperienza liceale?

“Intanto, ai maturandi diciamo: in bocca al lupo! E divertitevi quand’è finita, organizzatevi bene e fate un festone, perché non è detto che più avanti avrete più il tempo di farlo! Per il resto no, di consigli non ne ho. Posso piuttosto farvi una richiesta? Scrivetemi una lista di cose che volete [si intendono cose realizzabili dalla Città Metropolitana di Venezia con le sue competenze, tra le quali rientra la gestione della cittadella scolastica, n.d.r.]. Chiedetelo ai vostri compagni di studi e poi mandatemela. Ci sarà anche qualcuno che farà delle provocazioni, ma non importa: va bene tutto. Però mi piacerebbe sentire da un ragazzo che cosa vorrebbe avere, che cosa vorrebbe fare… magari qualcosa che come comunità riusciamo a realizzare. Ecco, solo un’unica discriminante: vorrei vedere cose semplici, concrete, non “facciamo le gite”, perché quello so scriverlo anch’io. Insomma, andate su qualcosa di serio, ma anche di divertente, cercate di vedere per cosa siete disposti a spendere del tempo, per cosa siete disposti a metterci la faccia.”

Rispondendo a questa domanda, attraverso alcune divagazioni, il Sindaco è arrivato a parlarci della sua bocciatura: “Io in terza superiore sono stato bocciato… diciamolo così tutti pensano “Eh, allora anch’io!”. Io non sono mai stato rimandato in vita mia, né prima, né dopo, ma quell’anno avevo avuto dei problemi personali ed ero andato a lavorare. Alla fine del secondo quadrimestre, non ero riuscito a recuperare l’insufficienza in matematica: finii l’anno con la media del 5/6 e mi rimandarono col 5 per darmi una punizione. Mia madre, insegnate, mi disse: “Luigi, vuoi che ti mandi a fare qualche ripetizione?”; io le risposi: “No mamma, non serve” e andai a lavorare. A settembre, mi bocciarono col 4. 

Poi non sono più stato bocciato e mi sono rimesso in riga, però lo dico a coloro che sono a rischio: è una cosa complicata. E anche chi riceve [come compagni n.d.r.] persone ripetenti deve essere rispettoso: nella classe in cui sono andato, io ero più grande di un anno e mi sono vergognato tanto, tanto… non avete idea. Ma poi mi sono ripreso e mi sono laureato con 110.”


Essendo Luigi Brugnaro, oltre che Sindaco di Venezia, anche patron della Reyer Venezia Mestre, è stato inevitabile durante l’intervista parlare della finale della Reyer School Cup disputata dalla nostra scuola. Ecco il suo commento: “Come scuola avete un bel carico di responsabilità: anche se alla fine avete perso contro il Pacinotti, siete arrivati in finale su 48 squadre -hanno giocato tutti gli istituti -. E, lo dico sinceramente, all’inizio nessuno avrebbe scommesso un euro su di voi. Io ero orgogliosissimo, anche se a dire il vero ero un po’ in conflitto, perché il Majorana a Mirano era la mia scuola, mentre il Pacinotti è di Venezia, che è la mia città. Ma poi ha vinto il migliore: lo sport è bello per questo. E peraltro è stato bello anche il contesto, con tutti i ragazzi, perché eravate tantissimi e, se il palasport ce lo avesse permesso, sareste stati ancora di più: voi siete spesso connessi ad internet o avete in mano i telefonini, ma avete bisogno anche di momenti per conoscervi, che siano occasioni di aggregazione e di condivisione personale. Inoltre, lo sport, nella sua forma più alta, è importante anche per combattere, per esempio, disturbi alimentari e bullismo, che sono due tematiche che a me stanno molto a cuore.”


A seguito di ulteriori riflessioni su questi due argomenti, sulle nuove tecnologie ed i rischi ad esse collegati, sulla cosiddetta “fuga dei cervelli” ed altri interessanti temi, dopo quasi un’ora di colloquio, il Sindaco e il suo staff, a causa di altri impegni, hanno dovuto congedarci, non senza averci regalato un gagliardetto con lo stemma del Comune e un libro fotografico su Venezia. Nel salutarci, Brugnaro ha voluto rivolgere un augurio a tutti noi, che teniamo a riportare qui: “Il Majorana deve educare a diventare classe dirigente. In bocca al lupo!”.




Intervista di Vittorio Maria Moro e Lorenzo Stevanato

Articolo di Vittorio Maria Moro 



Vogliamo ringraziare tutto lo staff del Sindaco -e in particolar modo il suo portavoce, Alessandro Bertasi- per la grande gentilezza e disponibilità con cui ci hanno aiutato nella realizzazione dell’intervista.