haiku

L’immagine è osservazione

tratto da Andrej Tarkovskij Scolpire il tempo

Nella poesia giapponese è affascinante il deciso rifiuto persino dell'allusione a un significato finale dell'immagine che, come un rebus, dovrebbe lasciarsi gradualmente decifrare.

Lo haiku coltiva le proprie immagini in maniera tale che esse non significano nulla, all’infuori di se stesse, esprimendo tuttavia nello stesso tempo così tanto, che è impossibile coglierne il significato complessivo. Cioè, l’immagine in esso corrisponde tanto più esattamente alla propria destinazione, quanto più impossibile risulta farla entrare in qualunque forma concettuale e intellettuale. Chi legge la poesia haiku deve dissolversi in essa come ci si dissolve nella natura, sprofondarsi in essa, perdersi nelle sue profondità come nel cosmo dove non esistono né basso né alto.

nel cosmo non esistono né basso né alto

Ecco, ad esempio, uno haiku di Basho.

Un vecchio stagno.

Una rana è saltata nell’acqua.

Uno sciacquio nel silenzio.


Oppure:

Hanno tagliato del giunco per un tetto.

Sulle canne dimenticate

Cadono morbidi fiocchi di neve.


Ed eccone un altro ancora:

Da dove viene improvvisamente tanta indolenza?

Oggi sono riusciti a stento a svegliarmi...

Sussurra la pioggia primaverile.

fermare un istante nell'eternità

Quale semplicità, quale precisione di osservazione! Quale disciplina dell’intelligenza e quale nobiltà dell'immaginazione! Questi versi sono stupendi per la irripetibilità dell’istante afferrato e fermato che cade nell'eternità.

I poeti giapponesi erano capaci di esprimere in tre righe di osservazione il proprio rapporto con la realtà. Essi non si limitavano ad osservarla, ma senza agitazione e senza inquietudine ne ricercavano l’eterno significato. Quanto più esatta è l’osservazione tanto più essa è unica. E quanto più essa è unica, tanto più è vicina all’immagine. Dostoevskij a suo tempo affermò con straordinaria esattezza che la vita è più fantastica di qualsiasi invenzione della fantasia!

non più correspondances ma connessioni

Il regista Andrej Tarkovskij in questa pagina condivide il suo amore per la realtà. La realtà se osservata senza preconcetti, priva di sovrastrutture interpretative ereditate dalla tradizione e soprattutto sciolta da intenti propagandistici, è meravigliosa. Tarkovskij, che si è formato nel materialismo dell'Unione sovietica, sembra recuperare l'approccio simbolista alla natura, vedendo in essa il dischiudersi del segreto dell'esistenza, il luogo dove si cela l'energia vitale.

Tuttavia la vera potenza del messaggio di Tarkovskij è l'assenza di simbolo, l'assenza di un rimando a una realtà altra metafisica. Il dialogo con la natura non si svolge più secondo le misteriose correspondances di Baudelaire, ma attraverso il riconoscimento di legami, di intime interconnessioni.

Il recupero della spiritualità in Tarkovskij significa prima di tutto amore per la vita, di ogni essere vivente. Poiché tutta la realtà è ugualmente e non gerarchicamente sacra, ogni atto d'amore, se sincero e disinteressato, compiuto da qualsiasi uomo fosse anche l'ultimo, è sacro.

ogni atto d'amore se sincero è sacro

Grazie a questo approccio il messaggio di Sacrificio, l'ultimo suo film, è chiaro: il protagonista rinuncia a tutto ciò che ha di più caro (la famiglia, il figlio, sé stesso) per scongiurare l'apocalisse nucleare. Personaggi analoghi nei suoi film sono Domenico in Nostalghia, che compie un gesto estremo e clamoroso, e il pittore di icone Andrej Rublev, che dedica la sua vita alla pittura e alla preghiera solo dopo averne compreso il significato etico profondo, e non perché fosse stato educato con questo scopo.

collegamenti

Il recupero della spiritualità in un mondo materialista, governato dalla razionalità positivista, è uno dei problemi cardine affrontato dai principali autori modernisti; in Italia ricordiamo Montale e Pirandello; per la letteratura straniera T.S. Eliot e Joyce.