Era rimasto assai deluso, scrive Beyle, quando anni addietro, sfogliando vecchie carte, si era imbattuto in un’incisione che recava la didascalia Prospetto di Ivrea, e aveva dovuto ammettere che il suo ricordo della città immersa nella luce del crepuscolo altro non era se non una copia di quella stessa immagine. Perciò – è il consiglio di Beyle – non bisognerebbe mai comprare riproduzioni di begli scorci e di belle vedute che si ammirano viaggiando. La riproduzione infatti finisce per sostituirsi totalmente al ricordo che abbiamo di qualcosa, anzi, si potrebbe addirittura dire che lo distrugge. Per quanti sforzi facesse, non riusciva più a ricordare, ad esempio, la meravigliosa Madonna Sistina, che aveva visto a Dresda, perché ad essa era venuta a sovrapporsi l’incisione ricavatane da Müller, mentre rammentava assai distintamente gli orribili pastelli di Mengs, esposti nella medesima galleria, poiché mai e in nessun luogo gli era capitato di vederne una copia.
Sebald Vertigini
Descrivere una cosa è come usarla: la si distrugge; i colori sbiadiscono, gli angoli si smussano, alla fine ciò che è descritto comincia a dissolversi, a sparire. È una cosa che riguarda soprattutto i luoghi. La letteratura di viaggio ha compiuto grandi distruzioni, è stata un vero e proprio flagello, un’epidemia. Le guide hanno rovinato per sempre la maggior parte del pianeta; pubblicate in milioni di copie, in molte lingue, hanno indebolito i luoghi, li hanno immobilizzati, dato loro un nome e sfumato i contorni.
Anch’io, nella mia ingenuità giovanile, avevo iniziato a descrivere i luoghi. Quando poi ci sono ritornata su, quando mi sono sforzata di fare un profondo respiro e ho lasciato che mi togliessero il fiato con la loro intensa presenza, quando ho provato di nuovo ad ascoltare i loro mormorii, ho avuto uno shock. La verità è terribile: descrivere significa distruggere.
Per questo bisogna fare molta attenzione. È meglio non usare i nomi; è meglio evitarli e nasconderli, fornire con attenzione gli indirizzi in modo da non tentare nessuno al pellegrinaggio. Cosa troverebbe là? Un luogo morto, polvere, un torsolo rinsecchito.
Nel Libro delle sindromi, di cui ho già parlato, c’è anche la cosiddetta Sindrome di Parigi, che riguarda soprattutto i turisti giapponesi che visitano la capitale francese. È caratterizzata da shock e vari sintomi vegetativi come respirazione superficiale, palpitazioni, sudorazione ed eccitazione. A volte si possono avere anche delle allucinazioni. In questi casi si somministrano dei calmanti e si consiglia il ritorno in patria. Questo genere di disturbi si spiega con la delusione delle aspettative dei pellegrini: la Parigi nella quale arrivano non rispecchia a pieno quella che conoscono dalle guide, dai film e dalla televisione.
Tokarczuk I Vagabondi