Austerlitz a Milano

AUSTERLITZ A MILANO

Se non si vuol arrivare con uno di quei treni della metropolitana, con seducente voce robotica ad eco, alla fermata che si trova due ere geologiche sotto terra, conviene passare per porta Garibaldi a piedi o con l’autobus, prendere per corso Como, molto chic e zeppo di locali gentrificati, e recarsi quindi in piazza Gae Aulenti, che per la sua ricerca del monumentale ha trovato chiara ispirazione nella volontà dei lombardi di sentirsi ancora una metropoli globalizzata che ha abdicato – come ho subito capito durante la mia prima visita, disse Austerlitz – al suo essere città europea, anzi, per principio e senza possibilità di compromesso, ha abdicato al suo essere primamente comunità d’uomini, sia per le sue dimensioni esterne sia per la sistemazione interna. Chi raggiunge l'Unicredit Tower muovendo da corso Como, dunque, si trova a seguire un percorso iniziatico, lungo una rampa ascendente, che dopo 500 metri di via crucis superando le tentazioni delle principali firme mondiali conduce alla Gerusalemme celeste del capitalismo italiano. Dopo che ci si è arrampicati per gli oltre 6 metri di dislivello, cosa non del tutto priva della tentazione di inginocchiarsi di fronte alla guglia ciclopica, disse Austerlitz, ci si ritrova al bordo di uno specchio d’acqua che si espande fra le torri della piazza, innalzantisi per incalcolabili piani, su una superficie pari grosso modo a quella del lago di Varese. Non è raro nel periodo estivo che gente si rinfreschi nell'acqua, reminiscenza delle terme di una immanente, ieratica e imperturbabile sovranità orientale. Acquasantiera e fonte battesimale, locus amoenus al vertice del purgatorio, la piazza concede inoltre di camminare sulle acque, promettendo di concludere l'iniziazione messianica.


Dalla piazza sono visibili, così disse Austerlitz, con un’iniziativa che rievoca la città turrita dei fasti medievali, le Torri Garibaldi e i giardini pensili del Bosco Verticale, il palazzo di vetro della giunta regionale lombarda, la Torre Galfa, la Torre Servizi Tecnici Comunali, il Grattacielo Pirelli, le torri residenziali Solaria, Solea, Aria e una porzione della Torre Diamante.

Suscitano effettivamente un’oppressione fantascientifica in chi guarda in su le facciate e immagina il silenzio e lo spazio cieco dietro le vetrate. Quando mi trovai per la prima volta sulla passerella che, sorpassando via Melchiorre Gioia, porta a piazza Alvar Aalto e al business district a cui fa capo la Torre Diamante, disse Austerlitz, mi ci volle un po’ di tempo per riuscire a scoprire un punto da dove si scorgesse ancora la terra ferma e convincermi di non star fluttuando in un'orbita vuota.


Soprattutto nei giorni in cui il cielo di Lombardia è così bello, quando è bello, avvolti dal riflesso dell’acqua e dalla muraglia di specchi – cosa che, disse Austerlitz, non accade affatto di frequente - si potrebbe pensare di essere finiti per errore in cima al Cape Canaveral del sultano Shahriyar, e non si resterebbe per nulla sorpresi se, di colpo, al suono di una sirena e di un countdown in tartaro, gli orizzonti della città di Milano si abbassassero rispetto al livello delle torri, basculando come una costa crociere in partenza per l'assunzione in cielo, oppure se una delle minuscole figure, imprudentemente avventuratesi sopra le acque, spiegasse le sue ali e con un movimento leggero si portasse lontano sul deserto di cristallo azzurro della volta celeste.


Non avendo alcuna possibilità di comprendere il senso di questo non-luogo, si è circuiti da rassicuranti attività commerciali, dice Austerlitz: la gelateria Grom, un negozio di abbigliamento e arredamento Muji, uno store della Nike, un concessionario Tesla una profumeria Sephora e un ristorante-libreria RED Feltrinelli, alla stregua di bancarelle di souvenirs che crescono attorno ai monumenti. Quando anche ciò fosse eccessivo per le proprie tasche, simbolicamente al piano sotterraneo, si può far la spesa all’Esselunga.