Francofonia Sokurov

Sokurov

FRANCO FONIA

elegia per l'Europa


La forza incomprensibile e amorale dell’oceano, la Natura priva di coscienza e di storia, ci minaccia, ci richiama e ci attrae, ma dobbiamo contrapporgli l'arte. Ogni costruzione dell'uomo è in fin dei conti circondata dall’oceano, ogni civiltà è in balia delle onde come il cargo di opere d’arte dell'amico del registro (o come l'Arca Russa), o come i naufraghi sulla zattera di Gericault, o come Parigi sotto il tallone della Wehrmacht. In mezzo ad ogni altra isola in mezzo ai pericoli, anche l'Europa è un isola di bellezza in mezzo ai pericoli.

Eppure non è chiaro cosa si dice se si dice Europa. Che cosa rende Europa l’Europa? Forse la lingua? Certo che no: ognuno ci parla la propria e ci intendiamo benissimo. La letteratura fa l'Europa? Forse nell’800, ma dove sono i Cechov e i Tolstoj oggi? Stanno dormendo… Oggi invece c’è il popolo europeo: giovane, immaturo, il popolo si comporta come ogni bambino quando i grandi dormono… Gli ideali di liberté egalité fraternité fanno l'Europa? Anche questo unisce la storia di ogni europeo, ma oggi è un’ideale che si aggira sperduto, all’interno del suo tempio, il Louvre, da sempre insediato da Napoleoni. Anche di Napoleoni la storia europea è riccaL’arte potrebbe fare l'Europa? Chi vorrebbe un’Europa senza arte? Parigi senza Louvre? O la Russia senza l’Ermitage?

Com’è possibile che l’arte non ci dia la prescienza? Che uomo sarei se non avessi potuto vedere gli occhi di chi mi ha preceduto nei ritratti di ogni museo d’Europa?”...

Nel 1940 il nuovo padrone Nazista, nemico all'oriente e all'occidente, era pronto a depredare con calma la sua nuova proprietà. Offriva la pace in cambio di un prezzo altissimo: l’arte.


Ma che intenditore d’arte potrà mai essere un imperatore?


Due uomini, due nemici, distanti quanto li si possa immaginare (uno era un borghese, funzionario della repubblica francese, sottomessa, direttore del Louvre, l’altro un aristocratico ufficiale della Wehrmacht, preposto al controllo delle opere d’arte delle zone conquistate) senza potersi mai parlare liberamente, lavorarono insieme per salvare l’arte, simbolo di un’altra idea di Europa. Fu collaborazione o collaborazionismo? Querelles che appaiono futili oggi. Ciò che ancora affiora tra le sabbie del tempo è una storia di umanità. L’Arte ha gettato un ponte oltre la barbarie della guerra.

Eppure questa favola ha un risvolto oscuro: troppo semplice pensare che l’arte abbia unito gli europei più di quanto poté dividerli la guerra: a Leningrado non furono concesse le stesse cortesie di Parigi, nei territori occupati a Est non fu istituito nessun Kunstschutz a preservare le opere d’arte simbolo e fondamento dell’Europa. Nemmeno l’Ermitage fu risparmiato: fu bombardato, fu mitragliato.


Sokurov si muove tra i diversi modi espressivi in cui si è frantumato l’oggetto audiovisivo senza privilegiarne nessuno. Piuttosto il suo atteggiamento sembra a metà tra un bricoleur e un vagabondo. Bricoleur perché recupera, rigioca, tarocca e fa il mash up di una quantità sterminata di materiale diversi (architettura, pittura, fotografia, documenti di archivio, skype… alcune scene sono al limite del filtro nostalgia di Instagram), materiali che appartengono alla storia europea. Il ripiegamento sul passato e il recupero sono caratteristiche dei media digitali di oggi (si pensi a prosumer di youtube). Sokurov, la cui narrazione è sempre stata composita, si dimostra aggiornato sui nuovi media. Non credo si tratti solo di passatismo: ho più di un sospetto che verità e invenzione si mischino più di quanto già possa trasparire (si pensi al neonato trafugato durante l’assedio di Leningrado: perturbante, ma anche topos narrativo di ogni letteratura di assedio!). La narrazione è condotta attraverso un falso piano onirico, che compenetra sfumando i contorni il reale o ciò che la ricerca promette di restituire al reale. Lo spaesamento è tale che il narratore appare muoversi tra le rovine di un palazzo, cercando di rimettere insieme i frantumi che casualmente recupera. Meglio: il narratore si aggira stralunato come chi ha ricevuto lo sfratto e per l’ultima volta passa in rassegna quella proprietà che tanti ricordi conserva, una proprietà che fu casa sua, ma che oramai sa non appartenergli più.

Incerto se piangere ciò che è stato (Elegia per l'Europa) o cercare di creare qualcosa di nuovo da quanto è rimasto, e nonostante le pose e qualche predica, emerge sincero il profondo rispetto per l’Europa, ma anche la percezione di esclusione. Esclusione come intellettuale, esclusione come russo.

Questo vagabondaggio tra le rovine, incarnazione dell’uomo della modernità liquida di Bauman, nel tentativo di seguire le fila spezzate di storie che avrebbero dovuto condurre alla Storia, ma si smarriscono sul ciglio dell'oblio, assomiglia così tanto all’opera di Sebald, smarrita anch’essa a causa di un incidente, dal commuovermi. Sebald negli anni 90 vagabondava per le vie d'Europa, mentre il vagabondo degli anni 10 di Sokurov si perde su internet. Sebald inoltre riusciva a tenere insieme all’interno delle sue opere le storie dei grandi, che guardava lucidamente senza nessuna soggezione, e quella degli ultimi, cui lui per primo apparteneva (Austerlitz e Storia naturale della distruzione). In questo secondo aspetto ha un erede in Modiano, che forse ne ha ereditato anche il Nobel (parlando di sé soprattutto, oppure di Dora Bruder in uno dei suoi libri più conosciuti). Sokurov, invece, che certamente come Modiano e Sebald si mette in gioco in prima persona e cerca di muoversi in another’s footsteps, tralascia la pietas verso gli ultimi (“degli equipaggi non si interessa nessuno” dice Sokurov, e nemmeno lui) e punta tutto verso i grandi (come sua onorata tradizione: Stalin, Hitler etc.).

Appare un tantinello presuntuoso, vero? Anche se per me rimane adorabilmente antipatico..

appunti

Le opere d’arte furono smistate nei principali castelli della Francia, fatte sparire , al Louvre rimase solo la scultura medievale e antica. Ma non la Nike di Samotracia! Troppo carica di valore simbolico per lasciarla al barbaro. Lasciamo loro quelle ingenue manifestazioni del potere brutale che sono i tori alati assiri (uffa io sono orientalista…!)

i giovani francesi già si arrendevano a imparare la lingua della nuova unione. Non era la prima volta, e non sarà l’ultima. Interpretazioni politiche en passant: atteggiamento tipico russo: occhio Francia! tutte le volte che ti sei messa con la Germania e contro la Russia è finita malissimo (minaccia)! Noi russi vi vogliamo bene non cacciateci (implorazione): possiamo essere europei anche noi! anche il nostro Ermitage è stato distrutto dai tedeschi. Degli scempi che han subito i musei di Berlino, di Monaco e di Dresda nessun cenno… cosa avrà voluto dire?