un grande romanzo cavalleresco italiano

Giovane (non giovanissimo) studente di letteratura fuori corso, marxista, socio di ogni circolo ARCI della provincia, primo in ogni manifestazione, autore nel giornalino comunista rivenduto all’angola della facoltà, per un curioso affastellarsi di coincidenze fortuite, scopre i Social Network.

Passato da intellettuale engagé a leone da tastiera, avendo calcato la carriera di noto dottorando di filosofia passato dalle biblioteche ai talk show, partito marxista e veterocomunista e ora veleggiato alla sinistra della destra, gauche lepeniste, lasciando nella più attonita costernazione vecchi compagni e nuovi (i primi intanto divenuti democratici, alcuni affatto moderati, pure con bambini accollati, i secondi travolti dall’eccitazione dell’antipolitica) si spertica in lode di dittatori medio orientali, uomini forti russi o quasi, e condanna l’Unione Europea e certo cattolicesimo globalista e buonista.

Fortunatamente si scopre che tutta la sua sfacciata incoerenza fu dettata dalla concupiscenza delle studentesse matricole di scienze politiche, le quali, nonostante i decenni passino e con loro il turgore delle membra, il nero lucido dei baffi à la Renato Curcio e il vigore di posizioni oltranziste, almeno nei più, permangono nel rimanere ogni anno matricole infatuate da idee radicali.

Funziona così da sempre.

Fine.