Nelle attuali fotocamere mirrorless l'eliminazione dello specchio ribaltabile ha determinato la riduzione del tiraggio tra sensore e obiettivo, questa particolarità è un vantaggio non trascurabile, con opportuni anelli di raccordo possiamo montare sulla nostra mirrorless le ottiche dei precedenti corredi fotografici analogici anche se di costruttori diversi.
In questa pagina illustro il riutilizzo di un Rodenstock Rodagon f/2,8 50mm e un Pentax Macro f/2,8 50mm su una fotocamera Sony A7M3, tre costruttori che non hanno nulla in comune tra loro, eppure il risultato finale sarà interessante.
Le due ottiche in oggetto sono "progettate per applicazioni specifiche", in particolare il Pentax per la macrofotografia, in origine utilizzato su fotocamera Pentax LX e il Rodenstock per la riproduzione fotografica in origine utilizzato su ingranditore DURST M605.
Non manca il raffronto con l'ottica campione, il Sony SEL90M28G Macro f/2,8 90mm, che viene a trovarsi sullo stesso terreno del Pentax, mentre il Rodenstock rimane una classe a parte.
Il diagramma che segue mostra l’andamento tipico del potere risolvente di un obiettivo standard (50 mm), espresso in linee per millimetro, rilevato alla distanza di 26 lunghezze focali (1,3 m). Importante specificare la distanza di ripresa poiché il potere risolvente non è uguale a tutte le distanze, spostandoci verso l’infinito non otteniamo sensibili variazioni della resa dell’obiettivo.
Alle brevi distanze il potere risolvente cala notevolmente fino a raggiungere valori estremamente modesti nel campo della macrofotografia, come evidenziato dalla curva (rossa) rilevata a 4 lunghezze focali (20 cm), cui corrisponde il rapporto di riproduzione 1 : 1, in queste condizioni la risolvenza ai bordi, non riportata nel diagramma, è veramente poca cosa.
La ragione per cui non è consigliato utilizzare ottiche comuni nelle riprese macro è tutta qui, le ottiche comuni sono ottimizzate per distanze di ripresa di normale utilizzo.
Da qui la ragione perché troviamo in commercio ottiche specializzate, rigorosamente a focale fissa, dal costo relativamente elevato. Queste ottiche definite “macro” hanno schemi ottimizzati per ottenere la massima qualità alle brevi distanze.
Il top nel rapporto qualità/prezzo lo troviamo utilizzando ottiche da riproduzione, quelle utilizzate negli ingranditori fotografici per intenderci, ottiche in doppio Gauss simmetrico realizzate per lavorare unicamente su brevi distanze. Essendo queste sprovviste di un sistema di focalizzazione interno, dovremo provvedere ad un sistema di focalizzazione esterno, per esempio un soffietto di estensione.
Le due ottiche in esame si distinguono profondamente nella struttura meccanica;
Pentax è decisamente più imponente per la presenza di una meccanica complessa necessaria per l'importante escursione del gruppo frontale e il controllo degli automatismi sul diaframma
Rodagon ha una meccanica essenziale, tipo bellows, senza elicoide per la regolazione del fuoco in quanto il compito veniva demandato alla testa dell'ingranditore.
Lo schema ottico per ambedue utilizza un classico doppio Gauss simmetrico 6 lenti/4 gruppi personalizzato dai rispettivi produttori ma fondamentalmente simile, una scelta dovuta per ottenere la massima linearità con il massimo contrasto, due ottiche che condividono lo stesso schema base, votate per fotografia ravvicinata.
Ottica che abbandona il precedente minimalismo, progettato per rispondere al sempre maggior bisogno di risoluzione richiesto dai sempre più performanti sensori immagine. L'utilizzo di complessi schemi ottici e vetri speciali, lo rende paragonabile alle ottiche zoom, nonostante sia un ottica a focale fissa. Uno schema ottico tanto raffinato permette di ottenere oltre ad una strepitosa qualità alle brevi distanze anche ottime prestazioni su campo distante.
Un confronto tra lo schema ottico del macro Pentax 2,8/50 e il moderno Sony macro 2,8/90 rende idea di quanto detto:
Sony utilizza un complesso schema ottico 11/15 gruppi/lenti e raggiunge un ingrandimento "x 1", il minimalista Pentax da 4/6 gruppi lenti si ferma ad un ingrandimento "x 0,5". Sony a dispetto di tale complessità riesce a mantenere un incredibile rapporto di trasferimento T:2,8 ed inoltre la sua focale 90 mm lo rende un eccezionale obiettivo da ritratto. Inutile dire che per applicazioni in campo il Pentax dovrà lasciare il passo a Sony, ma non deve e non può esserci competizione in quanto confrontiamo uno schema attuale con uno degli anni 70", mezzo secolo di differenza! Diversamente il Sony non è pensato per applicazioni su banco, con rapporti riproduzione superiori 1:1, per tali applicazioni rimane vincente il Rodenstock progettato anch'egli negli anni 70" ma esclusivamente per applicazioni di riproduzione.
Il primo, più semplice, fotocamera A7M3 (raccordo Sony E / Pentax K) + Pentax Macro, permette di raggiungere un ingrandimento 0,5 x, la qualità è molto elevata ed possibile fotografare a mano libera, fondamentale requisito per la fotografia naturalistica dove l'uso del cavalletto è improponibile in quanto le bestiole non rimangono "in posa" il tempo necessario, volano via molto prima.
TIP:
1) Nella fotografia "in campo" quando la profondità è insufficiente perché il soggetto possa essere fotografato con buoni risultati, è meglio considerare il dettaglio in primo piano. Le leggere sfocature si notano di più nei primi piani del soggetto piuttosto che dietro di esso.
2) Quando possibile, scegliere nella fotocamera le modalità "Fuoco Automatico" con "Messa a fuoco Continua", oltre ad essere più veloce è anche più preciso dei nostri occhi.
Nella fotografia "posata" il problema della ridotta DoF viene risolto con la tecnica Focus stacking, nella macro naturalistica tale sistema non può essere usato e l'unico ausilio è fornito dall'illuminazione di un flash, che consente di chiudere maggiormente il diaframma per aumentare la Dof.
Tale tecnica viene utilizzata per ampliare la DOF di un immagine, sovrapponendo più immagini con punti di fuoco diversi. Oltre che aumentare la DOF permette di utilizzare diaframmi ottimali, per esempio, meglio 3 immagini f/8 invece che un f/22 affetto da diffrazione.
In fase di ripresa, l'esposizione viene effettuata in modalità "manuale" per garantire la stessa luminosità su tutte le immagini. Il soggetto viene ripreso con una sequenza di scatti su diversi piani focali, il numero di riprese dipende dalla profondità del soggetto e dal diaframma utilizzato, consultare la tabella in alto per il calcolo. Procedere quindi alle riprese:
messa a fuoco sul punto più vicino > prima immagine
messa a fuoco sui punti intermedi > ulteriori immagini (vedi tabella per calcolo DoF)
messa a fuoco sul punto più distante > ultima immagine
La combinazione dei diversi scatti in una singola immagine è un processo di assemblaggio a valle, che verrà eseguito con editor d'immagine preferito, porto in esempio la sequenza da eseguire con Photoshop 6:
File > Script > Carica file in serie ... = selezionare le immagini ( Scegliere: "Allineamento automatico delle immagini", scelta necessaria per correggere il focus breathing "respirazione della messa a fuoco", quando spostiamo il punto focale dell'obiettivo, cambia anche la scala di riproduzione).
Selezione > Seleziona tutti i livelli
Modifica > Fusione automatica dei livelli ... (Scegliere: "Crea serie di immagini" e "Toni e colori uniformi")
Livello > Unico livello
Salva
Il flash rappresenta una sorgente di luce teoricamente puntiforme. Proiettata direttamente su un soggetto di grandi dimensioni a qualche metro di distanza crea pessimi risultati, per ovviare si cerca di far rimbalzare il fascio luminoso su un'ampia superficie al fine di ottenere una più vasta area di proiezione. In macrofotografia ciò non serve in quanto il soggetto è più piccolo della parabola del flash e vicino ad essa, quindi il fascio di luce lo avvolge da ogni parte. Il problema rimane la corretta esposizione.
Non è necessario l'acquisto di un flash anulare TTL specifico per macro fotografia, la fotografia macro come abbiamo detto ha una particolare predilezione per la modalità manuale, questo permette di utilizzare un qualsiasi flash recuperato, utilizzando anch'esso in manuale. Esempio l'utilizzo di flash generico PENTAX AF 280T su Sony A7, [1°] preclude la funzionalità TTL della fotocamera, [2°] su distanze ravvicinate, < 0,5 m, l'inclinazione di -15°della parabola flash permette l'illuminazione del soggetto fino alla minima distanza di messa a fuoco ma la fotocellula del flash non può controllare correttamente l'esposizione, la fotocellula lavora correttamente su distanze > 1 m. Questi due limiti richiedono operare in modalità manuale, come descrivo.
Modalità manuale sulla fotocamera, si tengono fissi i parametri: T 1/200" (sincro flash) e f/16 (DoF richiesta), la regolazione della corretta esposizione verrà fatta "manualmente" variando la sensibilità ISO, da un valore intermedio di 320 ISO variando il valore entro +/- 1 EV, in funzione della riflettanza del soggetto, uno scarabeo nero riflette meno di una cavolaia.
Modalità manuale sul flash, impostare la potenza di emissione su "L" (Low: GN 8), in questo modo il flash si ricarica rapidamente < 0,6" e consente 550 scatti, inoltre una bassa potenza di emissione richiede di utilizzare sulla fotocamera alte sensibilità, tipicamente 320 ISO, questa scelta risolve il problema dello sfondo nero! Con una velocità 1/200" (sincro flash della Sony A7) ed un diaframma f/16 otterremo uno sfondo "nero". Le foto naturalistiche necessitano di uno sfondo illuminato altrimenti sembrano realizzate in un laboratorio, utilizzare una sensibilità elevata aiuta a schiarire lo sfondo. Diversamente, il flash in modalità "H" (High: GN 28) si ricarica in 8" e consente 100 scatti, richiede sulla fotocamera l'impostazione di una bassa sensibilità, circa 50 ISO, a garanzia di uno sfondo nero!
TIP: con la fotocamera in modalità manuale e parametri T 1/200" e f/16, se la giornata non è pienamente soleggiata, vedremo buio nel nostro mirino, per evitare il problema escludere la visualizzazione Live View.
Visualizz. Live View: Disattiva = Modo ripresa [2] > pag. 6/9
In macrofotografia l'aumentare dell'ingrandimento produce una riduzione di luminosità conseguente all'aumentare del tiraggio. I dati di esposizione sopra riportati: T 1/200" - F/16 - ISO 320 sono ottenuti in seguito ad un test di calibrazione e sono validi nella gamma di rapporto da 1:1 fino 1:3 (x1-x0,33) corrispondenti nel SEL90M28G ad una distanza soggetto/sensore da 28 cm a 50 cm. Tale scelta non è casuale ma corrisponde alla selezione di messa a fuoco automatica macro [0.5-0.28 m] scelta dal costruttore. Entro tale distanza si realizzano la gran parte delle fotografie macro in campo. L'istogramma realizzato sovrapponendo una serie di 4 istogrammi di immagini da "x1" a "x 0,33 dimostra che la gamma dinamica utilizzata si trova entro 1 EV, valore questo facilmente recuperabile nella fase di sviluppo del RAW.
Da quanto detto in precedenza, il Rodenstock mancante di un proprio sistema di focheggiatura, necessita di un soffietto estensore, il montaggio diviene più complesso, fotocamera A7M3 + soffietto estensore (raccordo Sony E / M42) + Rodenstock Rodagon, ma permette di raggiungere ingrandimenti 2,8 x, un tale ingrandimento richiede necessariamente l'uso di cavalletto e di conseguenza è più specifico per fotografie "in posa"
Definire il rapporto riproduzione allontanando l’obiettivo dal sensore, variando il tiraggio del soffietto con la manopola [1], in seguito focheggiare l’immagine spostando l’intero blocco sensore/obiettivo rispetto al soggetto con la manopola [2]
La difficolta nel close-up è dover gestire profondità di campo molto limitate. La zona di nitidezza, diventa progressivamente più ristretta avvicinandosi al soggetto.
La soluzione da manuale è quella di usare un diaframma più chiuso possibile, scelta che permette di ampliare la profondità di campo, aumentando la nitidezza.
Ma se contravveniamo a questa regola usando un diaframma più aperto possibile non ci limitiamo a riprodurre fotograficamente il reale ma lo reinterpretiamo con immagini dai contorni sfumati, circolari, con una minima porzione nitida.
Questa visione non è farina del mio sacco ma di Julia Margaret Cameron (1815-1879), la fotografia per la Cameron non era uno strumento di riproduzione meccanica, chi fotografa deve essere libero di interpretare e creare la propria visione del mondo. Con lei la fotografia si allontana dalla commercializzazione e dalla ricerca del consenso, viene realizzata per sé e per chi vuol comprenderla.