Cina in cinese si dice “Zhongguo” che letterarmente significa “impero di mezzo”. Infatti fino al 1839 – prima Guerra dell’Oppio – essa è stata al centro del mondo, la sola civiltà che nei secoli si è sviluppata in modo autonomo dal pensiero occidentale. Le pagine della storia attuale danzano fra immagini e descrizioni di una Cina che si sta riappropriando del suo ruolo di mediano, prediligendo e predicando un’ascesa multipolare. È necessario iniziare a considerare questo paese ed il suo popolo come i nostri compagni di viaggio. Ma la reticenza ad accettarlo o comunque ad accorgersene fino in fondo, secondo l’analisi dell’autrice, è uno degli ostacoli da rimuovere per avviare un’effettiva socializzazione in grado di cogliere la grande chance cinese.
La voglia di conoscere “la realtà del dragone” è spesso frenata dalla paura di non avere gli strumenti per farlo. Da sempre Cina e cinesi suscitano interesse, ma allo stesso tempo sensazioni di “pericolo”. ChinaTowN – il cui il gioco di lettere risalta l’acronimo trentino, una realtà che nella narrazione ritorna spesso come un esempio particolare da adattare al generale – offre una conoscenza che spiega il temperamento di un popolo mite e le opportunità di un’evoluzione socio-economica che il fenomeno cinese – nella sua totalità – può offrire ai nostri territori. Senza dare nulla per scontato, con un paio di capitoli introduttivi che ricostruiscono in modo didascalico il profilo storico, il sistema politico-istituzionale, le caratteristiche territoriali e gli elementi culturali della Cina, il testo approfondisce i meccanismi cinesi del costruire relazioni transnazionali, andando ad analizzare il caso specifico italiano e Trentino.
A partire dal business turistico dove una fascia sempre più estesa di cinesi con buone capacità di spesa si sposta innescando nei territori coinvolti un nuovo sviluppo (modificando la rete d’impresa su scala locale e nazionale, le tecnologie di comunicazione e marketing e la natura della qualità dell’offerta); fino a considerare risorsa anche quella fetta di cinesi “invisibili”, che altro sono dalle figure stereotipate che circoscrivono un cinese dietro il bancone di un bar, piuttosto che in un laboratorio di ricerca.
L’autrice parte dalle vite dei cinesi, dalle realtà associazionistiche sino-italiane attive su base nazionale e da come le storie di queste persone hanno cambiato il territorio che hanno incontrato, soffermandosi sulle opportunità che la provincia di Trento potrebbe afferrare, aprendosi ma soprattutto proponendosi alla Cina e ai cinesi. “È il momento di comprendere – anche se è già un po’ troppo tardi – che le pretese di occidentalizzare l’Oriente si sono fermate per lo più alla persuasione consumistica dei nostri stili di vita. Tutto il resto – e continuo a citare le parole dell’autrice – è bene iniziare a pensarlo con probabilità che venga “cinesizzato”: condiviso, vissuto e condito da modi e usi sino-orientali. Fermiamoci dunque a pensare di essere un po’ cinesi – metaforicamente parlando – e che un futuro prossimo vicino che sorridere in cinese è possibile, e probabilmente non molto lontano.”
Con questo libro non si vuole arrivare a conclusioni affrettate e non si pretende di dare ogni risposta su come instaurare un rapporto con i nostri nuovi compagni di avventura, ma di accoglierli, così come il comportamento confuciano vorrebbe, come amici venuti a trovarci con in serbo un dono prezioso, che ai giorni nostri si potrebbe tradurre in una reale e concreta opportunità di mutamento.