Critici
Maccabelli Anna
Spezie di Vita
Se, a giochi ormai conclusi, mi volto a considerare quanto sono riuscita a costruire, a tirare un bilancio del mio lavoro, tutto sommato, la cosa che mi sembra abbia davvero rilevanza e che sia degna di qualche nota, mi appare ciò che sono riuscita a realizzare insegnando, cercando di educare i giovani, attraverso l’arte ed il linguaggio, al bello – che è categoria dello spirito – a ciò che eleva ed è spiritualmente profondo. Oltre alle mie conoscenze, ho cercato di trasmettere quelle che sono le mie passioni per la letteratura, la storia, la natura e, naturalmente, l’arte. Così, non c’è cosa che mi gratifichi di più del constatare che i miei allievi, davvero innumerevoli in quasi quarant’anni di insegnamento, hanno fatto tesoro della lezione ricevuta, hanno avuto successo e si sono realizzati, nonostante si faccia così poco in questa nostra Nazione per la promozione dei giovani di talento. Mi sembra, a torto o a ragione, che nei traguardi da loro raggiunti, e dei quali gioisco, ci sia anche un po’ di me, della mia determinazione, della mia dedizione, del mio puntiglio nella trasmissione di un metodo di lavoro serio, che non sminuisce, ma anzi rafforza le conoscenze e le sensibilità.
E’ stato, così, oltremodo gratificante scoprire che Paola Moglia, una delle mie allieve della prim’ora presso quel Liceo Artistico “B. Bembo” con cui ho avviato la mia carriera d’insegnante all’inizio degli anni ottanta, è riuscita a realizzarsi e a raggiungere successi rilevanti in campo artistico, arrivando ad esporre alla Biennale di Venezia. Dopo decenni di lontananza, ritrovarla adulta e scoprire che la sua giovanile vivacità si è andata trasformando in poliedrica attività creativa, è stata una piacevole sorpresa. Poliedrica attività perché, oltre alla grafica ed alla pittura, Paola si è andata cimentando con la scrittura nella stesura del romanzo di sé, nella sua recente autobiografia intitolata Sale e pepe. In essa, con uno stile conciso e scorrevole, ella narra apertamente di sé, delle proprie esperienze, davvero ricche e poco ordinarie, e della propria ricchissima vita di relazione. Una vita davvero “speziata” e sapida da cui deriva una lettura facile ed avvincente. Mi ha tuttavia meravigliato che nel racconto sia marginale il suo vissuto sulla sua creazione artistica, una riflessione sulle proprie opere e soprattutto sull’esperienza veneziana. Ma forse, a pensarci bene, è meglio così: oggi usa molto far parlare gli artisti delle proprie creazioni perché ne palesino il senso inducendo così alla facile comprensione dell’opera d’arte, al suo istantaneo disvelamento. Se l’arte fosse di così facile comprensione, sarebbe banale e non avrebbe il fascino un po’ arcano che le è proprio. Per comprenderla, soprattutto se si tratta delle opere astratte come quelle di Paola, sia pure di un’astrazione nella quale s’indovina un dato naturalistico e materico di partenza, poi trasceso, per comprenderla, dicevo, ci vuole un tirocinio paziente e una lunga iniziazione come ad una sorta di rituale misterico. Ciò che l’artista aveva da dire, l’ha già detto non con le parole, ma nella sua ineffabile opera. Facile è, per contro, la lettura di Sale e pepe, che esprime il senso di una concezione esistenziale piena, frenetica, ma anche positiva e solare, come chi l’ha scritta.
ANNA MACCABELLI
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