Come sarà fatto un picchetto che si possa usare a mare?

Data pubblicazione: 11-set-2013 19.42.16

Capiterà molte volte di dover dare una posizione per un’opera marittima, ad esempio la battitura di un palo, il versamento di pietrame e cose del genere.

Quando l’opera è già iniziata non ci sono grossi problemi: il comandante del mezzo ha dei punti di riferimento relativamente vicini (ad esempio i pali già battuti) e sa, per lo più, regolarsi.

Il problema si pone, invece, quando si interviene in quel luogo per la prima volta.

E’ sempre richiesto l’intervento preliminare del topografo, che dovrà porre sul punto un segnale in modo che il marittimo possa regolarsi visivamente. Non solo, ma la mancanza di riferimenti visibili vicini rende anche difficoltosa la realizzazione del campo boe, operazione preliminare molto importante.

Se il tutto succedesse a terra basterebbe un bel segno di pittura, un picchetto, un chiodo e si potrebbe cominciare.

Ma sul mare questi segni non sono possibili.

Il picchetto del marittimo è il gavitello.

Innanzi tutto vediamo come realizzarlo.

Il metodo più semplice ed economico (anche se meno duraturo) consiste nell’usare una bottiglia di acqua vuota, di quelle in plastica da 1½ litro. Predisporrete del cavetto non molto grosso (diciamo da tre millimetri) della lunghezza adatta al fondale. Lo legate (nodo parlato doppio e sicurezze con parlato lungo il cavo) attorno al collo della bottiglia (c’è sempre una parte in rilievo che evita che il tutto si sfili). Controllate, ovviamente, che il tappo sia ben chiuso. All’altra estremità ci va un bel sasso o comunque un peso. Diciamo che tre kg di solito vanno bene. Avvolgete accuratamente il cavo attorno alla bottiglia: quando sarete sulla posizione prevista basta lasciar cadere il tutto fuori bordo: il sasso andrà a fondo a fare la sua funzione di ancora, il cavo si srotolerà ordinatamente e la bottiglia galleggerà (circa) sul punto previsto.

Abbiamo detto circa. Purtroppo il gavitello a mare non sta mai nella posizione prevista. Basta infatti che il cavo di ormeggio sia un po’ più lungo del battente d’acqua che lo scostamento diventa subito significativo.

Purtroppo bisogna sempre prevedere più cavo del fondale, altrimenti si rischia che la bottiglia vada sott’acqua e non svolga più la sua funzione di segnalazione.

Per dare un’idea dello scostamento possibile immaginiamo di operare a Trieste (un metro di marea), su un fondale di 10 metri (dal lmm). La bottiglia dovrà essere visibile sia in bassa marea (battente 9.5) che in alta (battente 10.5). Di conseguenza dovremo predisporre circa 11 metri di cavetto, ovvero il massimo battente più un po’ di buco che il nostro sasso farà nel fango, più qualche spanna di imbando.

Ci troviamo ad aver a che fare, in bassa marea (la condizione più sfavorevole) con un triangolo rettangolo in cui un cateto è il battente d’acqua (9.5), l’ipotenusa è il nostro cavo (11) e l’altro cateto è il possibile scostamento del segnale dal punto teorico.

Ricordando il teorema di Pitagora avremo che:

scostamento = radq (ipotenusa ^ 2 – cateto ^ 2)

scostamento = radq (11 ^ 2 – 9.5 ^ 2) = » 5.5

Morale: il nostro segnale andrà benissimo per il posizionamento grossolano del pontone, ma certamente non per il lavoro più accurato che si deve compiere.

Naturalmente per lavori più importanti useremo dei gavitelli migliori, ad esempio in plastica di tipo nautico.

Ma se vogliamo avere più precisione per un qualche motivo?

La soluzione consiste nell’usare mede galleggianti.

La meda è un tubo che viene “tirato” sott’acqua dal suo ormeggio. Il tubo rimane per una parte fuori d’acqua e, per motivi di stabilità navale, rimane verticale indipendentemente dalla marea: solo che rimarrà più o meno sporgente dalla superficie del mare.

Lo si può realizzare artigianalmente e con poca spesa utilizzando dei pluviali di plastica, ad esempio da 15 cm di diametro e tre metri di lunghezza (quindi commerciali). Al loro interno si porrà (teneteli concentrici) un tubo di diametro minore, ad esempio da 30 millimetri (buoni ad esempio quelli che usano gli elettricisti). Fra i due tubi si soffierà del poliuretano espanso che avrà il compito di fornire la spinta e mantenerli solidali.

Facciamo un po’ di conti: un tubo da 15 centimetri spiazza circa 17..18 kg al metro. Pur riconoscendo un peso di 2 o 3 kg la spinta residua sarà dell’ordine di 15 kg/m.

Il nostro tubo, per avere stabilità, dovrà avere un’immersione di circa 1.5 metri in bassa marea, il che vuol dire 2,5 con l’alta. Quindi “tirerà” verso l’alto per circa 37 o 38 kg! E’ chiaro che il corpo morto di ormeggio dovrà pesare, in acqua, almeno una cinquantina di kg per essere sicuro. Il che lo rende poco maneggevole, soprattutto a bordo di una barca piccola.

Il tubo interno serve per passare la cima di ancoraggio (per i non marittimi: cima = cavo, corda). Bisognerà tenerla in mano, spingere verso il basso il cilindro-boa e fare un nodo nel punto giusto in modo che l’ormeggio sia ottimale.

Naturalmente la tecnica di posa è differente: con questo sistema posizionate prima di tutto il corpo morto, buttandolo a mare nel luogo indicato e con il cavo di ormeggio (stavolta almeno dia. 14 mm) già legato. All’estremità libera ci sarà un gavitello. Quindi vi avvicinerete al gavitello, lo tirerete a bordo e finalmente potrete cominciare ad operare sul galleggiante.