La mia personale storia dell'idrografia

Data pubblicazione: 28-ago-2013 14.02.16

Nel 1968 si operava con le "idrobarche" (motoscafi con otto persone di equipaggio: comandante, timoniere, due "circolisti" - addetti alle osservazioni ottiche necessarie per il punto nave, uno staziografista - che lo "metteva in carta", un brogliaccista - che scriveva gli angoli osservati, un radiotelegrafista - che si occupava dello scandaglio, un motorista), ed io ero il comandante della NB51. Eseguivamo i rilievi dalla battigia ad un miglio circa dalla costa (dipendeva da come degradava il fondale). Qui sotto foto e disegno del mitico Circolo Amici Magnaghi, strumento ottico con cui si misuravano gli angoli orizzontali necessari per fare il punto di precisione durante la navigazione. La differenza fra questo strumento e il sestante è che opera con prismi, e può misurare anche angoli molto grandi.

Di giorno la nave operava dal limite della nostra area di rilievo ad una distanza un po' più grande, pronta a recuperarci nel caso le condizioni meteo peggiorassero. Di notte lo Staffetta si dedicava all'altura, spingendosi ancora di più al largo.

La navigazione veniva condotta su una tavoletta: un foglio di compensato su cui era incollata della "carta da spolvero" bagnata (si tendeva come una pelle di tamburo lasciandola asciugare al sole). Il punto nave veniva individuato con lo staziografo. Ogni punto era numerato e tutti gli operatori dovevano, ovviamente, rispettare quella numerazione. Sarà stata l'età o lo spirito di corpo, ma mi sono divertito un sacco ed ho un ottimo ricordo di quel periodo.

Tra l'altro eseguivamo anche a terra rilievi topografici per la determinazione di punti necessari alle operazioni di rilievo o, più semplicemente, per le novità da riportare in carta. Le norme operative prevedevano che allo strumento topografico (mitico Wild T1 e T2, gradazione sessagesimale) ci stesse un Ufficiale idrografo abilitato. Brogliaccista era un Capo segnalatore o un diplomato ragioniere (che stava espletando il suo servizio militare di complemento). Infine il disegnatore civile, che veniva imbarcato per l'occasione, "metteva in carta" il tutto. Abbiamo ribaltato questa abitudine: allo strumento ci stavo io, che ero geometra e lo sapevo usare, e lo schizzo se lo faceva direttamente il disegnatore. Quindi la restituzione era facilitata e, per lo più, andava a buon fine sin dal primo tentativo: abbiamo, credo, raddoppiato la produzione.

I disegnatori dell'Istituto (per "Istituto" intendo ovviamente l' Istituto Idrografico della Marina) erano degli artisti: lavoravano su vari supporti (carta, carta lucida, carta spolvero, lattice e tela cerata - nota come "carta degli ingegneri" - pressoché indistruttibile nel tempo), utilizzavano dei semplici pennini e boccette di china. Nero per i fondali e le rotte "percorse", blu per le rotte "previste", rosso per i numeri dei fix (anzi degli STOP - quella volta si parlava italiano). I fondali andavano scritti (come ancora oggi sulle carte nautiche) con un carattere più grande per i metri, il punto o il baricentro della scritta sulla posizione in cui si era assunta la misura e i decimetri più in piccolo e più abbasso (esempio: courtesy NOAA)