Appunti in merito all'utilizzo delle agevolazioni per nuove assunzioni.

L’ordinanza n. 256/2019 della Corte costituzionale stimola ben più di una riflessione circa il corretto impiego degli incentivi di legge destinati alle c.d. “assunzioni agevolate”.

Il riferimento normativo è, precisamente, all’art. 1, comma 118, legge n. 190/2014 (“Legge Stabilità 2015”) ed all’art. 1, comma 178, n. 208/2015 (“Legge Stabilità 2016”) che, nel loro complesso, delineano il core normativo del sistema di assunzioni agevolate.

Il casus belli è, invece, costituto dal fatto che una Società si avvaleva delle predette agevolazioni per assumere lavoratori già beneficiari di un trattamento di integrazione salariale straordinaria (c.d. “CIGS”), a “zero ore”, ai sensi del d.lgs. n. 148/2015.

Il Giudice remittente, rappresentato dal Tribunale di Trento, riteneva che, pur essendo la categoria dei beneficiari potenzialmente interessata dal sistema di assunzioni agevolate (id est: soggetti privi di una qualsiasi occupazione) diversa da quella rispetto alla quale gli incentivi erano stati, nei fatti, richiesti ed applicati (id est: soggetti che, pur avendo un’occupazione, erano collocati in integrazione salariale), l’incerta ripresa dell’attività lavorativa che connotava la posizione di quest’ultima categoria avrebbe reso i due gruppi, in qualche modo, tra loro assimilabili. Da qui, in buona sostanza, la violazione dei canoni di uguaglianza e ragionevolezza sanciti dall’art. 3 Cost., nella misura in cui le Leggi di Stabilità del 2015 e 2016 non avrebbero esteso i propri incentivi anche ai lavoratori dallo status occupazionale instabile (tra i quali, anche i dipendenti collocati in CIGS “a zero ore”).

L’interpretazione del remittente, però, non faceva breccia nell’aula dei Giudici delle leggi i quali, dopo aver ricordato che i lavoratori in CIGS “a zero ore” vantano un proprio sistema di ammortizzatori sociali, rilevavano l’incomparabilità delle suesposte due categorie di lavoratori/beneficiari e, conseguentemente, sancivano la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale trentino.

Al di là degli esiti processuali del giudizio in commento, la pronuncia della Corte costituzionale rappresenta, comunque, un’importante “pietra miliare” all’interno di una normativa ancora frastagliata e dalle molteplici interpretazioni. Per meglio comprendere tale importanza, occorre operare un distinguo tra due profili: trattasi del “profilo giuridico” e del “profilo sociale”.

Ed infatti, sotto la lente d’ingrandimento offerta dal primo profilo, l’ordinanza in commento diventa giuridicamente apprezzabile se propendessimo – come, in effetti, sarebbe ragionevole fare – per la incumulabilità dei benefici di legge in ambito giuslavoristico e, precisamente, per l’incumulabilità di quei benefici astrattamente afferenti alla fase costitutiva del rapporto di lavoro (e.g.: “assunzioni agevolate”) con quei benefici afferenti, per contro, alla fase esecutiva del medesimo rapporto (e.g.: “integrazione salariale ordinaria e straordinaria”): palese è, a ben vedere, la diversa finalità cui le due tipologie di benefici rispondono (nel primo caso, sottrarre lavoratori ad uno stato di inoccupazione/disoccupazione; nel secondo caso, salvaguardare l'occupazione ottenuta).

Ed invece, sotto la lente d’ingrandimento offerta dal secondo profilo, l’interpretazione della Corte costituzionale diviene ancor più condivisibile e giustificabile se tenessimo conto di quella che è, oramai, “l’eterna partita” tra insider ed outsider del mercato del lavoro, ossia tra chi ha già un’occupazione e vuole conservarla a tutti i costi e chi, purtroppo, non ce l’ha. Ed è in questa partita che gli outsider sembrerebbero aver segnato - per ora - un punto a proprio favore, portando a casa un “diritto di esclusiva” sulle assunzioni agevolate.