Il contadino Diceopoli stanco della guerra si reca in assemblea per sollecitare la stipula di una pace con Sparta. Non riuscendo ad influenzare le decisioni dei suoi concittadini, stabilisce di stipulare una tregua individuale, privata. Incarica della missione un certo Anfiteo che torna con tre ampolle, contenenti diverse qualità di pace. Diceopoli sceglie quella trentennale e da l’avvio ai festeggiamenti. Viene scoperto però dai carbonai di Acarne, favorevoli alla guerra, che lo considerano un traditore. Diceopoli si reca allora da Euripide per farsi prestare degli stracci con cui impetosire i suoi avversari. Gli Acarnesi si dividono fra favorevoli e contrari. Compare in scena Lamaco, uno stratega armato. Dopo la parabasi in cui il corifeo ribadisce le accuse a Cleone, Diceopoli apre un mercato: si presentano diversi personaggi. Quando arriva l’ordine di partire per la guerra, Lamaco è costretto a partire mentre Diceopoli si reca alla festa dei boccali. Poco dopo i due ritornano, l’uno lamentandosi, l’altro felice con due ragazze.
Dal punto di vista drammaturgico, la commedia offre vari cambi di scena e numerosi personaggi che rendono vivace e dinamica la rappresentazione
Dal punto di vista linguistico, si segnala il grammelot dell’ambasciatore del re di Persia
Sia Euripide che Lamaco sono personaggi reali
Due servi del vecchio Demo (il popolo di Atene) detestano un terzo servo, Paflàgone, poiché quest'ultimo si è assicurato i favori del padrone con un comportamento ipocrita e falsamente adulatorio, ed è arrivato a spadroneggiare in casa facendo tutto ciò che vuole. Inaspettatamente, un oracolo dà soccorso inasperato ai due fedeli servi del vecchio, rivelando che Paflagone sarà estromesso da un salsicciaio. Costui è un individuo ancora più immorale, cinico ed ignorante. Appoggiato dal coro dei Cavalieri affronta il rivale in un’agone, con insulti e aggressioni fisiche. Il duello poi continua nell'ecclesia e infine davanti al padrone in una serie di scontri verbali, ma anche di lettura di responsi oracolari e persino di preparazione di prelibatezze culinarie, in cui i due contendenti si rivelano sempre più beceri ed abietti. Il salsicciaio, con discorsi di bassa demagogia, riesce infine a risultare vincitore. Demo, tuttavia, a questo punto afferma di non essere così stupido come sembra, e che il suo obiettivo era quello di attendere il momento giusto per punire i disonesti. Ecco quindi che, con un rito magico, il salsicciaio (ormai diventato un uomo civile e stimato di nome Agoracrito) ridona a Popolo la giovinezza e gli presenta una bella fanciulla, la Tregua, con la quale il vecchio ora ringiovanito convolerà a nozze e vivrà ricco di sani propositi. Paflagone viene invece condannato a svolgere il vecchio lavoro del suo rivale: il salsicciaio.
In questa commedia Aristofane individua la spaccatura che divide il popolo di Atene (maggioranza) da una parte di esso, politicizzato, che si affida ai demagoghi e a quelle famiglie che sebbene nobili, hanno sposato gli ideali democratici (Pericle e altri leader). Nella guerra, i primi sono ‘pacifisti’, i secondi ‘guerrafondai’.
La metamorfosi di Demo, il suo ringiovanimento indica la sua liberazione dalla soggezione ai demagoghi, il ritorno ad una politica tradizionale e offre al pubblico la prospettiva di un futuro migliore, lontano dalle tristezze e dall bassezze di cui hanno dato prova i due servi nell’agone. Aristofane usa il tema mitico del ringiovanimento mediante la cottura della storia di Pelia, portato in scena da Euripide (Peliadi).
Personaggi che incarnano il medesimo ideale di un Demos ringiovanito sono i due contadini: Diceopoli e Trigeo, protagonisti rispettivamente di Acarnesi e Pace.
Il contadino Strapsiade è preoccupato per i debiti contratti a causa del figlio Fidippide, un giovane snob e spandaccione, appassionato di cavalli. Decide allora di farlo istruire da Socrate, affinchè impari l’arte della parola, con cui difendersi dai creditori. Vista la riluttanza del figlio, decide però di andare egli stesso al Pensatoio per imparare da Socrate. Rivelatosi un pessimo alunno, Strapsiade viene cacciato. In presenza di Fidippide, nel Pensatoio si scontrano il Discorso Migliore e il Discorso Peggiore, che esce vincitore dall’agone. Fidippide, appresa la lezione, riesce a mandare via i creditori ma maltratta il padre, che si rende conto di aver sbagliato. La commedia finisce con l’incendio del Pensatoio.
Tema della commedia è il conflitto fra i valori dei piccoli proprietari di campagna e i nuovi intellettuali della città: in particolare, vengono messe a confronto l’antica e la nuova educazione e il conflitto fra padri e figli.
Protagonista è Socrate, visto come un imbroglione che confonde i suoi allievi. Molto complesso è il rapporto fra il Socrate reale e il Socrate personaggio, da valutare anche in rapporto agli scritti di Platone in cui si fa cenno ad Aristofane e alle Nuvole (Apologia, Simposio) Altrettando difficile valutare la qualità e fondatezza delle accuse che Aristofane muoveva a Socrate.
In generale, Socrate risulta nella commedia, del tutto assimilato ai sofisti, secondo quella che doveva essere un’opinione diffusa ad Atene nel 223 a.C. I suoi discepoli incarnano la figura di intellettuale distratto, pallido ed emaciato, alle prese con problemi astrusi.
Nella figura di Strepsiade coesiste la caratterizzazione positiva del contadino con la presa in giro di alcuni aspetti negativi: rozzezza, ignoranza, incapacità di apprendimento (cosa che non avviene per altri esponenti del ceto contadino, sempre positivamente connotati). In Fidippide invece, Aristofane ritrae la nuova generazione, cresciuta in città, dai gusti stravaganti.
Il coro delle Nuvole ha un atteggiamento ambiguo nei confronti della ‘nuova’ cultura di cui sono le divinità e nel finale della commedia si mostrano soprendentemente tradizionaliste, affermando di aver voluto tendere una trappola a Strepsiade per farlo ritornare sulla retta via.
La commedia, che non incontrò del tutto i gusti del pubblico, con grande dispiacere di Aristofane, fu rielaborata in alcune parti ma non venne rappresentata una seconda volta. Ebbe verosimilmente una circolazione ‘libraria’.
Il protagonista, Filocleone, è un vecchio maniaco dei processi e severo nelle sentenze; il figlio decide di rinchiuderlo in casa per distoglierlo dalla sua mania. Il coro, un gruppo di compagni di tribunale del vecchio, travestiti da vespe entra in scena ed assiste all’agone fra padre e figlio, dopo il quale comprende di essere stato strumentalizzato dai demagoghi. Si allestisce un processo al cane Labete, che termina con l’assoluzione dell’imputato, nonostante il diverso intendimento del vecchio giudice. Seguono due parabasi (inframmezzate dal tentativo del figlio di insegnare le buone maniere al padre). Nel finale Filocleone si dedica ai banchetti e si ubriaca, intrattenendosi con prostitute e scatenandosi in danze sfrenate
La polemica è rivolta contro il demo cittadino, maniaco di processi.
Collegato a questo tema è la contrapposizione fra padre e figlio, sul tema della demagogia, subita dal primo e avversata dal secondo.
La trasformazione di Filocleone, per certi versi affine a quella di Demo, ha però un esito dal eggersi in chiave comica: la vita dissipata e festaiola non deve probabilmente essere connotata politicamente come tipica della parte politica che si opponeva alla demagogia.
Il vignaiolo Trigèo, dopo vani tentativi, decide di raggiungere l’Olimpo a cavallo di uno scarabeo stercorario, per chiedere a Zeus cosa intenda fare con i Greci, da troppi anni in guerra. Scopre però che gli dèi se ne sono andati, disgustati, ed è rimasto solo Pòlemos (il dio della guerra) che tiene prigioniera Eirene (la dea della pace) e vuole mettere tutte le città della Grecia in un mortaio per ridurle in poltiglia. Con l’aiuto del Coro, composto dai contadini greci, Trigeo la libererà e la riporterà sulla terra. Dopo la parabasi, una serie di scene illustrano le gioie della vita campestre e pacifica e la dispoerazione dei guerrafondai. Le nozze fra Trigeo e Opora, dea dell’abbondanza liberata insieme ad Eirene chiudono la commedia.
L’aspirazione pacifista della commedia è probabilmente da collegarsi con la svolta che la morte di Cleone (e di Brasida) aveva impresso alla guerra: infatti in quell’anno è stipulata la Pace di Nicia (che poi si rivelerà una breve tregua)
L’uso della ‘macchina del volo’ nelle scene iniziali doveva avere un effetto spettacolare
Nella parte finale emergono i valori cui Aristofane resta legato per tutta la sua carriera: la vita dei campi non idealizzata, la felicità del lavoro e del soddisfacimento dei bisogni naturali.
Due vecchi Ateniesi, Pisetèro ed Euèlpide, disgustati da Atene e dal suo malcostume, chiedono a Upupa, un uccello che un tempo era stato un re (Tereo) di indicargli una città dove possano vivere in pace. Non trovandola, Pisetero pensa di fondarne una: Nefelococcugia (la città delle nuvole e dei cuculi). Gli Uccelli saranno i nuovi dèi e la nuova città dovrà cercare di sottrarre a Zeus il potere universale. Ottenuto l’aiuto degli uccelli del Coro, la città viene fondata e ne vengono scacciati vari intrusi. Gli dèi, privati della fiducia e dei sacrifici degli uomini, infine mandano un’ambasceria per arrivre ad una trattativa. Pisetero e gli Uccelli vengono a patti con gli dèi e ottengono la completa sovranità sul nuovo, felice regno. Il matrimonio di Pisetero e Basilia (la Sovranità, compagna di Zeus) chiude la commedia.
Torna il motivo del viaggio irreale e fantastico: un’esistenza beata e pacifica è possibile solo nel sogno e nell’utopia (il tema politico è presente nella contestazione di Atene, il cui sistema politico-giudiziario è sentito come opprimente.
Gli Uccelli e il loro mondo appartato sono un mondo ‘altro’, ma simboleggiano anche la poesia e la musica. Le parti liriche ripoducono l’atmosfera di un bosco con le sue voci. Gli anapesti della parabasi contengono una ‘Teogonia’ vista dalla prospettiva degli Uccelli
Il tema della metamorfosi in uccello è un topos che percorre tutto il teatro di Euripide ed è «sintomo di un disagio della realtà, che si traduce in spasimo di lontananza. Staccarsi dalla terra: dalla miserie di una frustrazione o di uno scoramento contingenti, ma anche da una condizione di natura onde è vietata all’uomo la felicità»
Spregiudicata e irriverente è la presentazione degli dèi olimpici
Notevoli dal punto di vista stilistico:
La mimesi dei versi degli uccelli, realizzata con effetti onomatopeici sempre diversi: Ποποποποποπο ποῦ μ' ὃς ἐκάλεσε; do-do-do-do- dov’è dunque colui che m’ha chiamato? (v. 310)
La buffa lingua del dio barbaro Triballo, anche lui in missione di pace con gli altri dèi ridotti alla fame
ΠΙ. Τί δαὶ σὺ φῄς;
ΤΡΙΒΑΛΛΟΣ Να Βαισατρευ (forse deformazione di ἀναβῶμεν οἱ τρεῖς)
PI Tu, che dici?
TRIBALLO Nabaistreu (andiamocene, noi tre)
Colpevole di misoginia, Euripide teme che le donne riunite per la festa delle Tesmofòrie, vogliano vendicarsi di lui; fa infiltrare quindi un suo Parente alla festa; l’uomo, depilato e travestito, prende parte alla vivace assemblea, durante la quale il poeta viene contestato in quanto ha rappresentato le donne come traditrici, ubriacone e fonte di rovina per gli uomini. Il Parente viene però smascherato e, per sfuggire alle donne, prende in ostaggio la figlia di una di esse (che si rivela essere in realtà un otre). Dopo la parabasi, in cui il Coro tesse l’elogio delle donne, Euripide sopraggiunge in aiuto diel Parente incarcerato: il diretto intervento del poeta – che dà luogo a una diffusa parodia dei suoi stessi drammi – riesce infine a risolvere la vicenda.
La commedia è incentrata sulla polemica letteraria contro Euripide e il suo mondo poetico, un tema che tornerà anche nelle Rane. Il tragediografo è visto come l’esponente di una cultura ‘nuova’, caratterizzata da retorica di stampo sofstico e da un modo di argomentare socratico, che si riflette nello sua drammaturgia e nel suo stile, lontani dal modello eschileo
Ad Atene, nel 411 a.C. la città è stremata dalla guerra che si protrae quasi ininterrottamente da 20 anni. Lisistrata ha un piano per far cessare la guerra: convoca donne provenienti da tutta la Grecia e le convince a porre in atto uno sciopero dell’amore contro gli uomini, colpevoli di non voler stipulare la pace. La reazione non si fa attendere: un semicoro di vecchi vuole dare fuoco all’acropoli rintuzzato dall’altro semicoro, di donne, armate di brocche d’acqua. Una serie di episodi mette alla prova Lisistrata e le donne contro gli avversari del progetto: un Commissario, donne decise a disertare, un marito, un araldo di Sparta. Si svolge una conciliazione e il coro si riunifica. Un grande pranzo, con cori e danze, segna la vittoria di Lisistrata
Il tema della guerra è declinato in modo diverso rispetto a Pace ed Acarnesi, con spirito di conciliazione e appellandosi a sentimenti panellenici (la guerra infatti ha coinvolto ormai tutto lo scacchiere panellenico)
Allusioni alla politica interna? Ad Atene si prepara il colpo di stato oligarchico, la metafora del potere alle donne potrebbe essere intesa come aspirazione al cambiamento radicale della classe politica
Il dio del teatro, Dioniso, sconfortato dalla attuale desolazione della scena tragica ateniese, decide di scendere nell’Ade per riportare in vita Euripide, morto da poco. Travestito da Eracle, insieme al servo Xantia, affronta l’avventuroso viaggio, scandito da buffi incidenti e incontri: un coro di gracidanti Rane, il traghettatore Caronte, vari personaggi ostili al finto Eracle, un altro coro, di iniziati ai misteri eleusini. Scambiatosi varie volte gli abiti con Xantia per sfuggire ai suoi ‘nemici’, Dioniso deve sottoporsi ad una prova di bastonatura, finalizzata a capire chi fra i due personaggi sia effettivamente il dio. Nella Parabasi, si esorta la città a mettere fine alle lotte politiche interne. Nell’Ade è frattanto scoppiata una contesa che oppone Euripide a Eschilo per il titolo di miglior tragediografo, nella quale Dioniso farà ora da giudice. Il confronto è distinto in due parti: la prima ha forma di agone, con le parti epirrematiche in forma di dialogo, e verte sui principi generali della poesia tragica: personaggi, stile, scopo della poesia. La seconda sezione ha per oggetto singoli elementi della poesia tragica: prologhi, monodie, canti corali. I versi dei due poeti vengono pesati su una bilancia. A lungo incerto, Dioniso decide infine basandosi sull’utilità politica dei due poeti e delle loro idee: risulta vincitore Eschilo, per il suo impegno civile e politico.
Diversamente che nelle altre commedie, nelle Rane la parte agonale è successiva a quella in cui prevalgono gli elementi episodici