Si tratta di un lento decadimento delle capacità cognitive con insorgenza è difficilmente identificabile con precisione. Nei casi più tipici (come la malattia di Alzheimer) si presenta all'inizio con chiare difficoltà di memoria, per poi aggiungersi col tempo altre criticità (per esempio, attenzione, linguaggio, capacità di gestione di attività complesse).
Solitamente, all'inizio si presenta con problemi nel rievocare fatti recenti. si possono verificare difficoltà sporadiche nel trovare le parole oppure un leggero disorientamento nel tempo o nello spazio. La persona potrebbe apparire anche depressa o apatica. Successivamente, possono evidenziarsi deficit di memoria più evidenti, problemi nel parlare, disorientamento più marcato, fino a chiare problematiche di comportamento, come irritabilità e modificazioni del ritmo sonno-veglia.
Quando si ipotizza un declino cognitivo è fondamentale un dettagliato inquadramento delle abilità cognitive da parte di uno specialista in neuropsicologia per giungere a una corretta diagnosi (per esempio per distinguere fra demenza di Alzheimer e depressione).
Se il sospetto trova riscontro tramite valutazione neuropsicologica (col supporto di approfondimenti di tipo medico), l’équipe multidisciplinare, solitamente composta da neurologo (o geriatra) e neuropsicologo, prenderà in carico il paziente per una gestione della patologia, sia farmacologica sia non-farmacologica, il tutto con l'obiettivo di contrastare il declino cognitivo (rallentandolo).
Dopo essere giunti alla diagnosi, è utile un intervento di supporto psicologico ai familiari per gestire le difficoltà cognitive e/o comportamentali del malato.
I cicli di stimolazione cognitiva risultano indicati per mantenere per più tempo possibile le abilità cognitive residue della persona che presenta decadimento cognitivo.
Nelle fasi più tardive della malattia i colloqui psicologici serviranno a trovare le più opportune strategie per la gestione dei disturbi comportamentali del paziente nel contesto domestico.