Molti di voi che leggono questo testo conoscono il funzionamento di un navigatore satellitare? È probabile che la risposta sia affermativa per la maggior parte, dato che dall'introduzione dei primi dispositivi di navigazione per auto ad oggi, molti hanno avuto l'opportunità di scoprire personalmente le funzionalità di questi strumenti, anche attraverso l'uso su smartphone (ad esempio, Google Maps).
Se ci trovassimo in un convegno e domandassimo chi ha mai usato un navigatore satellitare per orientarsi in una città, è probabile che tutti alzerebbero la mano. E se interrogassimo sulla frequenza di utilizzo di tali dispositivi, ancora una volta vedremmo numerose mani alzate, probabilmente la maggioranza dei presenti.
Tra gli esperti e non, è diffusa l'idea che l'uso del navigatore satellitare renda pigro il cervello. Ma è veramente così?
Dahmani e Bohbot[1] hanno cercato di rispondere a questa domanda con studi sperimentali, focalizzandosi in particolare sull'eventuale impatto negativo del navigatore satellitare sulle capacità di orientamento.
Prima di analizzare i risultati, è necessario un'introduzione.
Generalmente, quando ci orientiamo in un ambiente sconosciuto, ci affidiamo a due tipi di strategie[1]:
Strategia mnemonica spaziale: Implica l'apprendimento di punti di riferimento e delle loro posizioni relative, contribuendo alla formazione di una mappa mentale dell'area. Questa abilità è intimamente legata all'ippocampo, una regione cerebrale associata alla memoria episodica.
Strategia stimolo-risposta: Basata sull'apprendimento di sequenze specifiche di movimenti in risposta a un ambiente (esempio: "svolta a destra, poi prosegui dritto e infine gira a sinistra"). Questa capacità è collegata al nucleo caudato, che è parte del cervello responsabile dell'apprendimento procedurale (come andare in bicicletta). La seconda strategia porta a comportamenti più automatici e ci permette di navigare in ambienti familiari quasi automaticamente.
Passiamo ora allo studio di Dahmani e Bohbot.
Nella loro ricerca, hanno raccolto dati principalmente su:
Risposte a questionari sul numero di ore di utilizzo del navigatore satellitare, dipendenza percepita dal suo uso e senso dell'orientamento.
Test computerizzati per valutare le capacità di orientamento, l'apprendimento di percorsi e il tipo di strategia di orientamento impiegata. Questi test e questionari sono stati somministrati due volte, a distanza di tre anni, per monitorare i cambiamenti nel tempo.
I risultati hanno mostrato che:
Individui che usavano più frequentemente il navigatore satellitare tendevano a fare meno affidamento sulle strategie mnemoniche spaziali nei test di orientamento. Questa correlazione è stata confermata anche mettendo in relazione il declino nei punteggi nei test computerizzati (nei tre anni) con l'intensità di uso del navigatore. In altre parole, maggiore era l'utilizzo del navigatore in tre anni, più si riducevano le capacità di orientamento nei test. Con l'aumento dell'uso del navigatore, cresceva la dipendenza dalla strategia stimolo-risposta (a discapito della strategia mnemonica spaziale). Probabilmente perché la navigazione GPS è simile all'uso della strategia stimolo-risposta o, quantomeno, interagisce con gli stessi sistemi cerebrali. Maggiore era l'uso del navigatore, minore era la capacità di formare mappe cognitive e di individuare punti di riferimento per l'orientamento. Con l'incremento delle ore di utilizzo del navigatore, diminuiva la capacità di imparare nuovi percorsi. In sintesi, i risultati di questo studio suggeriscono che l'uso regolare del navigatore satellitare può limitare la nostra capacità di apprendere percorsi nuovi e di orientarci autonomamente.
BIBLIOGRAFIA