Il rapporto tra intelligenza e successo scolastico è da tempo oggetto di studi e analisi. Tradizionalmente, la valutazione del quoziente intellettivo (QI) è stata utilizzata per identificare eventuali disturbi specifici dell’apprendimento, escludendo deficit intellettivi, con test come la WISC-IV basati sul modello CHC che valutano sia le capacità cognitive ristrette che ampie. Tuttavia, esistono discrepanze significative nei punteggi ottenuti da soggetti con disturbi dell'apprendimento che rendono il QI meno significativo, spingendo gli psicologi a focalizzarsi sui cosiddetti fattori del secondo strato del modello CHC, ovvero abilità meno generali ma comunque ampie come l'intelligenza fluida e cristallizzata.
In questo contesto, Zaboski[1] e colleghi hanno esaminato una vasta gamma di ricerche pubblicate dal 1988 al 2015 per indagare la relazione tra il livello intellettivo misurato da scale multicomponenziali e il rendimento scolastico. Hanno scoperto che, sebbene le abilità più specifiche spieghino raramente più del 20% delle prestazioni scolastiche, il QI può arrivare a spiegare il 54% di esse, soprattutto in ambito matematico nelle prime fasi dell'istruzione.
Tra le abilità allargate, l’informazione generale (intelligenza cristallizzata) sembra essere la più predittiva per la lettura e la comprensione del testo. Al contrario, il ragionamento fluido ha dimostrato scarse correlazioni con gli apprendimenti scolastici, tranne che per le abilità aritmetiche di base e il problem-solving matematico in età più avanzata.
Questi risultati sollevano dubbi sull'affidabilità dei test monocomponenziali come le Matrici Progressive di Raven, incentrati esclusivamente sul ragionamento fluido, e suggeriscono prudenza nell’utilizzo dei punteggi delle abilità allargate per fare previsioni sull'andamento scolastico o sull'eventuale presenza di disturbi dell’apprendimento.
In conclusione, il QI complessivo fornito dai test multicomponenziali emerge come il dato più significativamente collegato alle prestazioni scolastiche, indicando un forte legame tra intelligenza generale e risultati accademici.
BIBLIOGRAFIA