I PROMESSI SPOSI (... e altri romanzi storici)

COME NACQUE IL ROMANZO

adattamento da Wikipedia

1821 - 1823 stesura del Fermo e Lucia (pubblicato solo nel 1915 da Giuseppe Lesca col titolo "Gli sposi promessi").

In questa prima edizione è presente, in nuce, la trama del romanzo. Tuttavia, il Fermo e Lucia non va considerato come laboratorio di scrittura utile a preparare il terreno al futuro romanzo, ma come opera autonoma, dotata di una struttura interna coesa e del tutto indipendente dalle successive elaborazioni dell'autore.

Anche se la tessitura dell'opera è meno elaborata di quella de I promessi sposi, nei quattro tomi del Fermo e Lucia si ravvisa un romanzo irrisolto a causa delle scelte linguistiche dell'autore che, ancora lontano dalle preoccupazioni che preludono alla terza ed ultima scrittura dell'opera, crea un tessuto verbale ricco, dove s'intrecciano e si alternano tracce di lingua letteraria, elementi dialettali, latinismi e prestiti di lingue straniere. Nella seconda Introduzione a Fermo e Lucia, l'autore definì la lingua usata

« un composto indigesto di frasi un po' lombarde, un po' toscane, un po' francesi, un po' anche latine; di frasi che non appartengono a nessuna di queste categorie, ma sono cavate per analogia e per estensione o dall'una o dall'altra di esse. »

Anche i personaggi appaiono meno edulcorati e forse più pittoreschi di quella che sarà la versione definitiva.

1827 seconda stesura dell'opera (la cosiddetta Ventisettana, che è la prima edizione a stampa) pubblicata con il titolo I promessi sposi, storia milanese del sec. XVII, scoperta e rifatta da Alessandro Manzoni; riscosse notevole successo. La struttura più equilibrata (quattro sezioni di estensione pressoché uguale), la decisa riduzione di quello che appariva un "romanzo nel romanzo", ovvero la storia della Monaca di Monza, la scelta di evitare il pittoresco e le tinte più fosche a favore di una rappresentazione più aderente al vero sono i caratteri di questo che è in realtà un romanzo diverso da Fermo e Lucia.

Manzoni non era, tuttavia, soddisfatto del risultato ottenuto, poiché il linguaggio dell'opera era ancora troppo legato alle sue origini lombarde. Nello stesso 1827 egli si recò, perciò, a Firenze, per risciacquare - come disse - i panni in Arno, e sottoporre il suo romanzo ad un'ulteriore e più accurata revisione linguistica, ispirata al dialetto fiorentino considerato lingua unificatrice. Ciononostante non sono pochi i lettori del romanzo a preferire la ventisettana per la ricchezza delle sue scelte lessicali, e per il retrogusto ancora schiettamente lombardo, che rendono questa versione decisamente più viva rispetto a quella successiva che viene, normalmente, stampata e di solito studiata a scuola.

Tra il 1840 e il 1842, Manzoni pubblicò quindi la terza ed ultima edizione de I promessi sposi, la cosiddetta Quarantana, cui oggi si fa normalmente riferimento. Fondamentale, all'interno dell'economia dell'opera, il ruolo che assumono le illustrazioni del piemontese Francesco Gonin, cui l'autore stesso si rivolge per arricchire il testo di un apparato iconografico. Il rapporto fra Manzoni e Gonin è di grande intesa, lo scrittore guida la mano del pittore nella composizione di questi quadretti. La forza espressiva delle litografie del Gonin è impressionante, al lettore si rivela un mondo vastissimo di volti e fisionomie, sempre varissime; personaggi che passano dal solenne al grottesco, dall'ascetico al torbido, in una composizione che non trascura mai quella certa, accattivante, ironia che ogni lettore del romanzo ben conosce. Su quest'ultimo punto si consideri, ad esempio, la vignetta che chiude l'introduzione, dove è di scena lo stesso scrittore, in camicione da notte e pantofole, mentre sfoglia davanti ad un rassicurante camino un librone, che potrebbe essere tanto il resoconto secentesco della vicenda, quanto il romanzo che chi legge ha sotto gli occhi in quel momento. La più recente critica manzoniana, si pensi solamente a Ezio Raimondi o a Salvatore Silvano Nigro, ha lungamente sottolineato il valore esegetico di questo apparato di immagini, vero e proprio paratesto alla narrazione delle vicende matrimoniali dei due protagonisti. Le moderne edizioni, che non si rifanno ai criteri della stampa anastatica, privano i lettori di uno strumento essenziale alla comprensione del testo. Oggi sfugge anche ai più colti fruitori dell'opera di Manzoni che uno dei nodi principali de I promessi sposi consiste proprio nel rapporto che intercorre fra lettera e immagine.

Secondo un tipico cliché della narrativa europea fra Settecento e Ottocento, il narratore prende le mosse da un manoscritto anonimo del XVII secolo, che racconta la storia di Renzo e Lucia. Nulla sappiamo dell'autore di questo manoscritto, salvo che ha conosciuto da vicino i protagonisti della vicenda, e non si esclude che lo stesso Renzo possa aver reso edotto questo curioso secentista lombardo della sua storia. Il tòpos della trascrizione della vicenda narrata da un testo o trascritta dalla voce diretta di uno dei protagonisti permette all'autore di giocare sull'ambiguità stessa che sta alla base del moderno romanzo realistico-borghese, ovvero il suo essere un componimento di fantasia che, spesso, non disdegna di proporsi ai suoi lettori come documento storico reale ed affidabile.

Conclude il testo la Storia della colonna infame, in cui Manzoni ricostruisce il clima di intolleranza e ferocia in cui si svolgevano gli assurdi processi contro gli untori, al tempo della peste raccontata del romanzo. Non è un'appendice ma il vero finale del romanzo, come dimostra l'impaginazione stessa, stesa dallo stesso Manzoni.

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Il testo completo da Wikisource

L'analisi di Civiltà cattolica.it

Da wikipedia

L'impressionante lavoro sul testo e sull'autore fatto dagli alunni del Liceo Berchet di Milano.

Un lavoro di analisi testuale generale (ma con particolare attenzione ai Promessi Sposi) della Hoepli.

Tutto il romanzo riassunto capitolo per capitolo e diviso in sequenze.

Una parodia dei Promessi Sposi in dieci minuti degli Oblivion.

Un'altra parodia teatrale in stile napoletano.

Spiegato in tre minuti da Fiorello.

FILMATI

CAPITOLO 1"Questo matrimonio non s'ha da fare"

INCONTRO COI BRAVI (sceneggiato Rai regia di RICCARDO BACCHELLI e SANDRO BOLCHI, molto fedele al testo, resta la versione migliore).

INCONTRO COI BRAVI (altro sceneggiato Rai del 1989 molto meno fedele al testo. Don Abbondio è interpretato da Alberto Sordi, la colonna sonora è di Ennio Morricone).

CAPITOLO 4 Il duello

Dal duello al: "triello" de "Il buono, il brutto e il cattivo".

CAPITOLO 6 "Verrà un giorno..."

LO SCONTRO TRA PADRE CRISTOFORO E DON RODRIGO

LO SCONTRO IN VERSIONE MUSICAL-OPERISTICA dal Duomo di Milano.

CAPITOLO 8

"ADDIO AI MONTI" sceneggiato RAI.

CAPITOLO 9-10 LA MONACA DI MONZA

"Lo ripetè e fu monaca per sempre"

Discutibile ma toccante versione musicale "Butta quella bambola"

CAPITOLO 12

RENZO A MILANO

CAPITOLO 13

FERRER PROMETTE "Pane e giustizia" in nome del "Rey nuestro señor" e Renzo dice "il suo debol parere".

CAPITOLO 14

RENZO ALL'OSTERIA CON AMBROGIO FUSELLA "Se il mondo andasse come dovrebbe andare".

CAPITOLO 15 RENZO ARRESTATO

"Lorenzo Tramaglino, animo, levatevi e venite con noi".

CAPITOLO 20

Il Nibbio rapisce Lucia.

CAPITOLO 21

Salvo Randone interpreta la conversione dell'innominato.

CAPITOLO 23

L'innominato dal cardinal Federigo Borromeo. Inserisco la parodia di Massimo Lopez che fu censurata dalla Rai.

CAPITOLO 31-32

Digressione sulla peste del 1630. La grande storia entra nel romanzo.

Parodia: l'arrivo della peste annunciato al TG1.

CAPITOLO 33

Don Rodrigo colpito dalla peste.

STORIA DELLE COLONNE INFAMI

UNO SPETTACOLO TEATRALE ISPIRATO ALLA STORIA

Beppe Grillo parla di un'altra colonna infame.

ALLEGATI

alcune fotocopie distribuite alla classe sono scaricabili come allegati da questa pagina.